Narrativa recensioni

Recensione de “L’imprevedibile ruota del destino” – Andrea Bolognesi

Recensione a cura di Costanza Marzucchi

L’imprevedibile ruota del destino di Andrea Bolognesi è il libro che desidero presentarvi oggi in questa recensione. Si tratta di una lettura pubblicata quest’anno nella collana Crime della Giraldi Editore, una casa editrice che si è distinta per un catalogo ricco e interessante ed una particolare attenzione alla tecnologia, come si evince dal romanzo che ho letto.

La copertina ha una struttura semplice. Il titolo è collocato sul margine inferiore, mentre su quello superiore è presente un’immagine proveniente da un’opera di Luigi Petracchi, artista del XX secolo. La CrimeGiraldi è dedicata al giallo con al centro crimini violenti. Prevalgono toni scuri con il giallo come unica nota di colore. L’immagine scelta ha uno stile classico, nella plasticità delle figure rappresentate e, allo stesso tempo, una vena inquieta nella posa e nelle espressioni dei personaggi raffigurati. L’immagine è suggestiva e originale ma non lascia presagire nulla sul contenuto della storia, che rimane celato fino a quando il lettore non sfoglia la prima pagina.

La scelta dell’illustrazione non consente al lettore d’intuire il tema della storia né, tantomeno, il periodo storico nel quale la storia è ambientata. In altre parole, non vi è una relazione stretta tra l’illustrazione ed il contenuto, cosa che potrebbe non attrarre l’attenzione di un lettore potenziale.

Johann Joachim Winckelmann,

Il cuore del romanzo è il caso del delitto di Johann Joachim Winckelmann, l’ispiratore del movimento neoclassico che abbiamo avuto modo di conoscere durante gli studi di scuola superiore.

Andrea Bolognesi ripercorre i passi salienti della vicenda con una ricostruzione storica rigorosa, grazie alla consultazione della documentazione giudiziaria prodotta e custodita negli Archivi, una fonte che l’autore non manca di citare all’interno del romanzo.

I tre personaggi principali, ovvero Francesco Arcangeli, Giovanni e il bargello incaricato di condurre le indagini, sono ben delineati. Il primo, Francesco Arcangeli, ha uno spazio di particolare rilievo, con una caratterizzazione definita sul piano dell’aspetto fisico che psicologico. A questa figura, Andrea Bolognesi dedica ampi segmenti di stampo introspettivo, finalizzati a ricostruire il flusso dei suoi pensieri.

“Come poteva stare tranquillo dopo aver riposto le sue speranze su di un uomo che faceva di tutto per tenere nascosta la sua identità, che raccontava cose inverosimili e che, da certi discorsi, talvolta sembrava non esserci proprio tutto di testa? E per cosa? Solo per una promessa.”

Il secondo, Giovanni, si svela a poco a poco, grazie alla sua interazione con Arcangeli. È un personaggio misterioso, sfuggente e ambiguo, attorno al quale ruotano una serie di domande che neppure la scoperta della sua identità riesce a soddisfare. La sua apparenza solletica la brama di successo e il desiderio disperato di denaro di Arcangeli, portandolo ad una situazione imprevista. Non ha niente in comune con Francesco Arcangeli, eppure le promesse di ricchezza che trasmette a quest’ultimo, finiscono con il creare una relazione dagli esiti nefasti per entrambi.

Trieste, Piazza dell’Unità d’Italia – Palazzo Vanoli

“Purtroppo nemmeno tu puoi capirmi. Nessuno può capirmi, lo spirito antico e l’idea della bellezza ideale a cui tendere sono morti per sempre. Eppure ti dico che l’unica via che abbiamo per diventare grandi, e se possibile insuperabili, è l’imitazione degli antichi”

Il bargello di Trieste, Giovanni Zanardi, un uomo prossimo ad abbandonare la carica per sopraggiunti limiti d’età, è il terzo personaggio di questo romanzo. Si tratta di una figura che ha, nell’economia del romanzo, lo scopo di analizzare il caso, di eviscerare e risolvere le incongruenze e le zone d’ombra, dandogli una spiegazione razionale e trasparente ad un crimine semplice e incomprensibile. Riuscirà nell’intento quando la fama della vittima e gli interessi delle autorità premono invece verso una rapida e sbrigativa chiusura del caso?

“Non capiva perché quello spettro continuasse a tormentarlo. Quella morte non era certo stata colpa sua: lui aveva fatto solo ciò ci si aspettava che si facesse per salvare il buon nome della piazza di Trieste che, in quel momento di forte sviluppo commerciale sul quale erano state investite tante speranze e soprattutto ingentissime somme di denaro, non si poteva permettere che l’autore di un fallimento che aveva fatto tanto rumore, dopo essere già scappato una volta fosse lasciato a piede libero con il pericolo lo facesse di nuovo.”

Lo sviluppo delle indagini del bargello è trattato dall’autore con una prosa dinamica e avvincente, dominata da ampie sequenze di dialoghi e riflessioni che si alternano alle citazioni degli atti processuali e alla narrazione della cronaca del fatto. Sono sequenze contrassegnate da un ritmo narrativo molto veloce, che contrasta in modo significativo con la lentezza della prima parte del romanzo, che ha come unico scopo quello di esprimere la crescente esasperazione del personaggio di Arcangeli, vero motore della storia. Si tratta di un ritmo che non lascia spazio a riflessioni superflue ma solo ad un’analisi quasi meccanicistica dei fatti evidenti, speculare alla modalità, a tratti sbrigativa, della giustizia triestina descritta in questo romanzo.

A questa gestione, si oppone Zanardi, deciso a dare una giusta conclusione al caso ed una spiegazione completa ed esauriente di tutta la vicenda, indipendentemente dalle conseguenze e dalle scomode verità che hanno forse contribuito al crimine.

Il risultato è una trama che, pur essendo espressa con uno stile lineare, sa essere avvincente e per nulla scontata, che va a toccare le corde più profonde della psicologia umana. Chi si avvicinerà a questo romanzo sicuramente non faticherà a riconoscere la presenza di alcune analogie con i grandi misteri italiani, come il caso Pasolini.

Personalmente, non leggo molto questo tipo di romanzi, ma devo riconoscere che L’imprevedibile ruota del destino è una lettura avvincente e piena di sorprese, grazie all’abilità con la quale l’autore riesce a narrare i fatti, calibrando con abilità gli elementi storici e narrativi. Proprio per queste ragioni, credo che il libro sia adatto a soddisfare le esigenze degli amanti del giallo e del romanzo storico.

I primi ameranno le peripezie giudiziarie e narrative, vedendo da vicino le motivazioni dei personaggi coinvolti; i secondi, invece, saranno trascinati nelle atmosfere dell’epoca, trasmesse dall’analisi psicologica delle figure e dalle fonti usate come base della narrazione.

In conclusione è un libro per nulla scontato, con una buona trama ed una solida base storica, elementi che ho apprezzato pienamente e che terrà il lettore incollato fino all’ultima pagina.


PRO

  • Lo stile agile e lineare della narrazione, con la presenza di citazioni della documentazione giudiziaria del tempo
  • La caratterizzazione dei personaggi
  • La trama avvincente e per nulla scontata.

CONTRO

La scelta dell’immagine sulla copertina che ho trovato poco lineare con la trama e i temi scelti, anche se molto suggestiva.

Trama

Cosa ci facevano Johann Joachim Winckelmann, una delle persone più colte ed eleganti del suo tempo, fondatore dell’Archeologia moderna e della teoria del “bello ideale”, e Francesco Arcangeli, un misero cuoco pistoiese disoccupato, tracagnotto, butterato dal vaiolo e già condannato per furto, in quella camera d’albergo a Trieste il giorno 8 giugno dell’anno 1768? A questa domanda il bargello Giovanni Zanardi, che sta indagando sulla morte del Winckelmann, cerca una risposta. Man mano, però, che le indagini procedono, a questa domanda se ne aggiungono altre assai più avvincenti che fanno emergere intrighi internazionali che si intrecciano in modo inaspettato con la loro vicenda personale e che coinvolgono la curia di Roma, la corte imperiale di Vienna e i Gesuiti impegnati a lottare per la loro sopravvivenza. Il destino è capace di paradossi imprevedibili: come far convergere storie che non avrebbero mai dovuto incontrarsi e servirsi del falso per far emergere il vero.

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