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Il salotto di TSD: l’intervista a G.L. Barone e la Mantova dei Gonzaga

“Cospirazione Gonzaga” e “Maledizione Gonzaga”, entrambi editi da Newton Compton Editori, ci portano alla corte di Mantova nel XVI secolo. Perché hai scelto di raccontare di questa dinastia?

I Gonzaga sono stati una delle nobili famiglie italiane più longeva, essendo stati al potere dal Trecento fino al Settecento. Quando le altre signorie cadevano sotto le conquiste di Spagna, Francia e poi Austria, i Gonzaga riuscivano sempre a mantenersi al potere, con equilibrismi e cambi di alleanze degni della migliore realpolitik. Se c’è una famiglia che più di tutte incarna lo spirito di noi italiani, sono proprio i Gonzaga. La scelta di fine Cinquecento, è legata poi al duca Vincenzo, giovane, ricco, intemperante, insomma un personaggio che sembra fatto apposta per un romanzo. Un personaggio che per come ci è stato raccontato mi stava simpatico…

La città di Mantova, probabilmente sottovalutata come meta turistica, ha invece un patrimonio artistico di tutto rispetto: che cosa potresti consigliare a chi è curioso di conoscerla meglio?

Mantova è una città splendida, ed è facile innamorarsi quando per la prima volta la si vede emergere oltre il ponte di San Giorgio, con le sue cupole e le sue torri che svettano sui tetti e sul Mincio. È un’immagine che chi va a Mantova per la prima volta non dimentica più, anche se poi, ciò che trova nella città è ancora più spettacolare. Non si può fare un elenco di ciò che c’è da vedere, ma se si ha una giornata, vale la pena visitare il palazzo Ducale con il castello di San Giorgio, per passare poi alla splendida Basilica di sant’Andrea. Procedendo a piedi per il centro storico ci sono tanti scorci, archi, torri, edifici, ma se volgiamo fare solo un nome dobbiamo raggiungere Palazzo Te: qui gli affreschi cinquecenteschi di Giulio Romano sono qualcosa di incredibile. Almeno una volta nella vita si deve vedere la Camera dei Giganti, che a mio parere non ha nulla da invidiare ad affreschi anche più noti e alla quale spero di aver riservato un giusto tributo nel romanzo.

Che cosa fu il Rinascimento per la nostra penisola? Come lo descriverebbe G.L. Barone?

Domanda troppo difficile da poter essere liquidata in dieci righe. Senza il Rinascimento l’Italia non sarebbe mai diventata l’Italia che conosciamo e che il mondo ci invidia. È un periodo affascinante, ricco di spunti e che, soprattutto se paragonato alle epoche successive, ci fa capire cosa l’umanità sarebbe in grado di fare. Se dovessi descriverlo con una sola parola userei la parola Ottimismo. Nella storia i periodi di rinascita da epoche buie sono stati molti e forse, senza voler essere blasfemo, anche recentemente, diciamo dagli anni Cinquanta del secolo scorso, fino a verso l’inizio degli anni Novanta abbiamo visto un nuovo rinascimento. Chissà che prima o dopo non ne arrivi un’altro, visto che al momento attraversiamo un’epoca abbastanza oscura.

Bianca Donati è una delle protagoniste di fantasia di questa serie sui Gonzaga: a chi ti sei ispirato per delineare questo personaggio così forte e incisivo?

Bianca Donati è ispirata a un personaggio realmente esistito, e del quale sappiamo molto poco. La storia è abbastanza nota, e vedeva il duca Vincenzo costretto a dover dimostrare la sua virilità di fronte ai parenti della futura sposa, visto che il precedente matrimonio era finito con voci sul fatto che non potesse avere figli. Ebbene, a un certo punto, i Medici assunsero una vergine con la quale Vincenzo avrebbe dovuto dimostrare la sua virilità. Cosa non facile, visto che l’atto si sarebbe dovuto consumare di fronte a testimoni e notai. Insomma, la vergine era una giovane popolana che si chiamava Giulia Albizzi. Di lei non si sa molto, ma con lei (al terzo tentativo) Vincenzo riuscì nell’intento di dimostrare la sua turgidità. Da qui nasce la mia idea di dare una seconda vita alla ragazza, proprio alle dipendenze del riconoscente duca di Mantova. Da qui Giulia dismette le vesti da concubina e sotto falso nome (Bianca Donati appunto) decide di servire la corona in altri modi.

Per G.L. Barone quali sono gli ingredienti essenziali per scrivere un buon thriller storico?

Qui caschi facile, perché lo schema si ripete sempre uguale e sempre diverso: serve un delitto, un mistero che giustifica il delitto e qualcuno che, pian piano, indagando sul mistero, scopre chi è l’autore del delitto. E poi serve un contorno, un periodo storico, una città, opere d’arte… ma per questo basta una signoria Italiana. Ne abbiamo molte, quindi gli spinti non mancano di certo.

Hai qualche scrittore di riferimento a cui ti ispiri per i tuoi romanzi?

Ne ho molti, e a dire la verità cambiano spesso. Potrei farti un po’ di nomi a caso, e vedrai che accanto al sacro si aggiunge spesso anche il profano. Manzoni e James Rollins, Dostoevskij e Dan Brown, Colitto, Camilleri, Le Carré. Da ognuno cerco di “rubare” sempre qualcosa…

La serie sui Gonzaga avrà un seguito per completare la trilogia?

La serie è pensata per offrire storie indipendenti, tutte con gli stessi personaggi, quindi non deve necessariamente essere una trilogia. Vanno bene 3 libri, ma anche 2 o 5. Magari ci saranno altre storie, se avrò la giusta ispirazione che possa coinvolgere adeguatamente Gallerani, De Tatti e la Donati… come sai però porto avanti molti progetti tutti insieme, e al momento mi sto dedicando ad altro, qualcosa di ispirato a un altro autore di cui non ti ho fatto il nome sopra (Louis Stevenson) e alla ricerca di tesori 🙂

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