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Le rubriche del lunedì: i personaggi della Storia – Cristina Trivulzio di Belgiojoso

Articolo a cura di Maria Marques

Chi fu Cristina Trivulzio di Belgiojoso? Difficile cucirle addosso una definizione. Fu sicuramente una patriota, una giornalista, una scrittrice ma anche una riformatrice. Questo articolo, che non ha la pretesa di essere esaustivo, ripercorre i momenti salienti della sua esistenza che fu davvero sorprendente, per una donna del suo rango.

i primi anni di vita

Cristina nacque a Milano il 28 giugno 1808 e tutti i suoi molti nomi di battesimo, Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Clotilde Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura, indicano che appartenesse alla aristocrazia lombarda. Rimase orfana ben presto del padre e la madre si risposò con Alessandro Visconti D’Aragona da cui ebbe altri figli. Cristina fu molto legata sia al patrigno sia ai fratelli e sorelle.

Precettori e istitutrici si occuparono della sua educazione, in particolare Ernesta Legnani Bisi con cui strinse una grande amicizia e da cui sarà introdotta, anni dopo, nel mondo della cospirazione carbonara. Nel 1822 Cristina rifiutò il matrimonio combinato con un cugino decidendo invece di sposare il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, noto libertino. Con una dote strabiliante per l’epoca, 400mila lire austriache, Cristina ed Emilio si sposarono il 24 settembre del 1824.

il matrimonio

Matrimonio felice? Decisamente no. Cristina soffriva di epilessia e contrasse la sifilide contagiata dal marito. Quando quest’ultimo le propose di vivere insieme con la sua amante, Cristina si ribellò e nel 1828 i due aristocratici si separarono, sconvolgendo la buona società milanese. A un divorzio vero e proprio i due ex coniugi non arrivarono mai, ma rimasero in buoni rapporti.

La scelta coraggiosa e anticonformista, attirò su Cristina innumerevoli pettegolezzi ma anche l’interesse della polizia austriaca. La Lombardia dal 1815 faceva parte dell’impero austriaco (il nonno di Cristina fu Gran Ciambellano dell’imperatore d’Austria) e poiché Cristina dalla fine degli anni degli anni 20 si avvicinò ai movimenti rivoluzionari, giocoforza anche il capo della polizia austriaca, Torresani, iniziò a interessarsi a lei.

Cristina Trivulzio di Belgiojoso

gli spostamenti in europa

Dopo la separazione Cristina lasciò Milano e iniziò a viaggiare per l’Italia: Genova, Roma, Napoli, Firenze, per poi dirigersi verso Ginevra dove le sue frequentazioni misero in allarme la polizia austriaca che, se fino a quel momento si erano dimostrati abbastanza defilati nel non perseguirla direttamente, dopo il soggiorno a Lugano in cui lei dimostrò apertamente simpatia nei confronti del partito repubblicano che lì aveva vinto le elezioni, cambiarono registro. A Cristina fu ingiunto di rientrare a Milano.

Lei per tutta risposta riparò a Genova, dove le spie di Torresani non la perdevano di vista e di lì poi fuggì nel sud della Francia. Tutti i suoi averi furono posti sotto sequestro dal governo austriaco e Cristina si ritrovò sola e con pochissimi mezzi. Eppure, nonostante il periodo difficile, stringerà amicizia con lo storico Augustin Thierry cui rimarrà legata per tutta la vita e che le farà conoscere le idee di Saint Simon. La sua meta definitiva sarà Parigi e lì, la principessa di Belgiojoso, per sopravvivere si troverà costretta a dare lezioni di musica e di disegno, a cucire pizzi e coccarde e a cucinarsi i pasti da sola. In questo periodo, il redattore del Constitutionnel, Alexandre Bouchon, propose a Cristina di collaborare con loro scrivendo articoli sulla questione italiana, traducendo dall’inglese e disegnando bozzetti dei parlamentari francesi. Cristina ovviamente accettò e si firmò con lo pseudonimo di “La princesse ruinée” ovvero la principessa rovinata.

Nel frattempo l’ambasciatore austriaco a Parigi intervenne in suo favore con il primo ministro Metternich. Fra le sue lezioni e i fondi inviateli dalla madre, Cristina cambiò abitazione e aprì il suo salotto, riunendo intellettuali, artisti, italiani in esilio e borghesi. Tra il 1831 e il 1835 le sue difficoltà finanziarie poco a poco scemarono, riottenne il passaporto e infine il dissequestro dei beni.

La statua di Cristina Trivulzio di Belgiojoso a Milano

l’impegno politico

La fama del suo salotto crebbe e fu frequentato, tra gli altri, da Vincenzo Bellini, Balzac, Heinrich Heine, Franz Liszt, Alfred de Musset. Un lungo rapporto epistolare la legò al generale Lafayette e numerosi pettegolezzi ebbero come oggetto intorno a questa donna alta, sottile, dal colorito eburneo e dalla chioma corvina.

Molti la corteggiavano e molti la ammirarono, ma lei si dimostrò dedita solo alla causa italiana cercando di influenzare chi deteneva il potere, scrivendo articoli e trasformandosi in editore quando le rifiutavano di pubblicare i suoi scritti perché troppo pericolosi. Cercò anche di aiutare economicamente tutti quelli che a lei si rivolgevano, specialmente gli esuli italiani e cercò di intercedere per i patrioti detenuti allo Spielberg, in modo particolare per Federico Confalonieri. Apprezzata da tutti per questa sua abnegazione?  Assolutamente no, alcuni esuli non apprezzarono la sua attività, tra questi Mazzini di cui Cristina non approvava la politica e cui rifiutò di sovvenzionare una spedizione.

Infine la sua vita cambiò improvvisamente: Cristina lasciò il suo salotto, condusse una vita ritirata, finché, il 23 dicembre 1838 nacque sua figlia Maria, la cui paternità dovrebbe, secondo studi recenti, attribuirsi a François Mignet, storico francese. Cristina invece si attivò perché Emilio di Belgioiso, legittimasse sua figlia, cosa che questi fece, dietro compenso.

Nel 1839 Cristina lasciò la Francia per l’Inghilterra, dove si riunì con i suoi fratelli e andò anche a trovare il futuro Napoleone III in esilio, chiedendo di adoperarsi per la causa italiana. Cristina infine lasciò la capitale francese e fece ritorno in Italia dove trovò un’atmosfera di silenziosa rassegnazione, ormai i moti carbonari erano solo un ricordo.

Cristina allora si trasferì nella sua residenza di Locate dove iniziò una nuova attività. Questa volta profuse le sue energie a favore dei contadini e dei loro figli, creando asili, scuole elementari per ragazzi e ragazze, ma anche scuole professionali, laboratori artigiani. Giunse ad adibire una sala della sua villa a ricovero per le madri e i loro piccoli, offrì pasti a prezzi modici, medicine ai malati e doti alle donne prossime alle nozze. Inoltre organizzò delle associazioni di lavoratori, anticipando il sindacalismo. La sua attività all’inizio guardata con molto scetticismo, finì per poi essere molto apprezzata dalla popolazione locale, ma Cristina non riuscì a convincere altri proprietari a seguire il modello da lei proposto.

Nonostante il suo impegno sociale, la sua attività politica non si fermò, continuò a prodigarsi per l’unificazione d’Italia cercando di convincere tutti a sostenere Carlo Alberto di Savoia, anche se il suo modello ideale di governo non era la monarchia, ma una repubblica sullo stampo di quella francese.

Gli ultimi anni di vita

Nel 1847 riprese a viaggiare, incontrando Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli e Carlo Alberto.

Allo scoppio dei moti rivoluzionari a Milano del 1848, Cristina si trovava a Napoli, ma non si tirò indietro. Partì subito per la sua città natale, portando con sé e pagando il viaggio a circa 200 persone che la vollero seguire. Con il rientro degli austriaci a Milano, per Cristina si aprì una unica via: l’esilio verso la Francia, sperando di riuscire a convincere i francesi a un intervento militare a favore dei patrioti italiani senza ottenere esiti positivi.

Nel 1849 Cristina fu a Roma impegnata nella difesa della Repubblica romana, durata dal 9 febbraio al 4 luglio, organizzando gli ospedali e l’assistenza ai feriti, insieme ad altre nobildonne, borghesi e prostitute. La repubblica romana, caduta proprio per mano dei francesi,costrinse Cristina a rivedere la sua fiducia in Napoleone III; lasciò l’Italia dirigendosi dapprima a Malta,poi in Grecia e infine in Asia Minore, vicino ad Ankara, nella valle di Ciaq Maq Oglù, dove organizzò un’azienda agricola e, per mantenersi, scrisse articoli sulle sue peripezie orientali, finché  nel 1855, grazie ad un’amnistia, ottenne dalle autorità austriache il permesso di tornare a Locate.

Quando nel 1861 finalmente si realizzò l’unità d’Italia, Cristina abbandonò la politica e visse ritirata e dimenticata fino alla morte che la colse nel 1871.

una frase per ricordarla

“Vogliano le donne felici e onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!”

alcuni libri su di lei

Donna bellissima e indomabile. Figlia del marchese Trivulzio, tra gli uomini più ricchi di Lombardia, a sedici anni sfida la famiglia rifiutandosi di sposare il marito scelto per lei e convola a nozze con il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, bello e maledetto, carbonaro e playboy nella Milano degli anni Venti dell’Ottocento. Passano pochi anni e decide di abbandonarlo perché non accetta di essere tradita, dando ovviamente scandalo. La Milano austriaca le sta ormai stretta. Comincia la sua carriera di esule e di finanziatrice di disperate spedizioni patriottiche. A Parigi, dopo aver vissuto qualche anno nell’indigenza perché l’Austria ha sequestrato i suoi beni (la aiuta l’eroe delle due rivoluzioni, il marchese di Lafayette che si innamora di lei), inaugura un salotto frequentato da scrittori, artisti e politici.
Molti cadono ai suoi piedi, da Alfred De Musset a Franz Liszt, da Heinrich Heine a Honoré de Balzac, ma lei non va oltre il flirt. L’unica persona a cui si lega è lo storico François Mignet, che con i suoi articoli aveva fatto cadere Carlo X e salire al trono Luigi Filippo, il re borghese. Diventa il punto di riferimento, anche economico, di molti esuli, fonda giornali, collabora alla prestigiosa Revue des deux Monde, è tra le poche persone che si occupano dell’uomo in disgrazia, esule e prigioniero, che diventerà Napoleone III e che poi la deluderà. Si attira le invidie di altre salottiere e di patrioti italiani che vorrebbero si limitasse a scucire quattrini e a non occuparsi di politica. Torna in Italia e riorganizza i suoi possedimenti aprendo scuole per i figli dei contadini. Tutta la nobiltà insorge. Alessandro Manzoni la condanna: «Ma se li facciamo studiare chi coltiverà le nostre terre?». In vista del Quarantotto si traferisce a Napoli e raggiunge Milano subito dopo le Cinque giornate con un contingente di volontari napoletani. Organizza gli ospedali da campo durante la Repubblica Romana. Delusa dalla Francia che tradisce le aspirazioni italiane, si trasferisce in Anatolia, dove organizza una fattoria con criteri socialisti. Fa un viaggio, a cavallo, fino a Gerusalemme. Una notte attentano alla sua vita e rischia di morire. Quando finalmente l’Italia diventa una nazione, lotta perché migliorino le condizioni di vita dei più poveri e anche in questo caso si fa molti nemici.
Così la donna che per tutta la vita ebbe il coraggio di battersi sempre per le sue convinzioni, morta esattamente 150 anni fa, si attirò una serie di fantasiose biografie. Vista con gli occhi di oggi, e alla luce delle moltissime lettere ritrovate, si conferma essere quella che forse un solo uomo dell’Ottocento, Carlo Cattaneo, vide: «La prima donna d’Italia».

Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1808-1871), una donna straordinaria. Di lei è stato scritto tutto e il contrario di tutto. Per questo, il ritratto sereno ed equilibrato che affiora dalle pagine eleganti di Henry Remsen Whitehouse, ricoperte dalla patina sottile di oltre un secolo, ­risulta più affascinante che mai. Famosissima in vita, non solo in Italia, celebrata dopo morta per decenni, grazie al suo apporto alla causa dell’Unità d’Italia, è da tempo quasi sconosciuta (a Milano è oggi ricordata con una via suburbana!). Eppure la sua ricchezza (era discendente di una delle famiglie storiche dell’aristocrazia milanese), la sua bellezza, il suo coraggio (fu editrice di giornali rivoluzionari e molte sue opere sono incentrate sugli anni della Prima guerra d’indipendenza) e l’anticonformismo che molto spesso la caratterizzarono furono a lungo sulla bocca di tutti, ben fuori dai confini milanesi. “Foemina sexu, ingenio vir” (donna per il sesso, uomo per le capacità), fu detto di lei per descrivere la sua figura di attivista e intellettuale in un mondo dominato da maschi: ma Cristina Trivulzio fu una donna vera, fino in fondo, e quell’aforisma non le rende giustizia. Traduzione dall’originale inglese di Ada Grossi

Cristina Trivulzio, principessa di Belgioioso: una personalità dal forte temperamento e dalla delicata passione. Una patriota, una scrittrice e soprattutto una donna. Una donna che osserva il mondo, che indaga e che ama. Questa curata e appassionata opera dell’autore Mino Rossi raccoglie il Diario d’Oriente, il testamento di Cristina e le lettere a François Mignet: tutti scritti inediti che, attraverso un apparato di note dell’autore, dipingono con certosina penna l’incredibile personalità di questa grande donna. Il Diario d’Oriente narra il viaggio intrapreso nell’ottobre del 1850 all’interno dell’Anatolia. Con la figlia Maria e la governante Mrs Parker, la donna muove verso il podere da lei acquistato. Come la stessa afferma in una lettera diretta all’ingegner Federico Torre: «Il sito da me comperato è situato in Asia, a 6 ore di distanza dalla città di Saffram Bos, che è abitata per metà da cristiani, ed a 16 ore all’incirca da Balca, porto del Mar Nero, a circa 20 ore da Costantinopoli». La bellezza di questo scritto inedito è tutta racchiusa nello stupore che Cristina imprime nelle sue note, dinanzi a scenari e popoli così distanti ed esotici.

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