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Blog Tour “Sofonisba” di Chiara Montani – intervista alla protagonista

Il Blog Tour del libro “Sofonisba” di Chiara Montani prosegue oggi dopo la bella recensione pubblicata da “La Lettrice itinerante” (che trovate qui, se ve la siete persa). TSD è lieto di presentarvi la protagonista di questo libro: Sofonisba Anguissola, di origine Cremonese, forse la prima donna pittrice a raggiungere una fama internazionale, soprattutto nell’ambito della ritrattistica.

Attraverso questa “Intervista Impossibile”, conosceremo meglio la vita di questa donna incredibile che ha saputo ribaltare i pregiudizi e le convinzioni della società in cui viveva, ritagliandosi un posto nella storia, in un’arte, quella della pittura, che fino a quel momento era a completo appannaggio degli uomini.

Grazie Sofonisba per aver accettato di parlarci di te in questa intervista. Partiamo dalle origini, cosa ci puoi raccontare della tua infanzia?

Sono nata a Cremona da Amilcare Anguissola e Bianca Ponzoni nel 1532. Prima di sette figli, tutti artisti in qualche modo: Elena, Lucia, Europa e Anna Maria hanno seguito le mie orme e anche loro hanno intrapreso la carriera di pittrici, anche se Elena ad un certo punto della sua vita ha deciso di entrare in convento come suora domenicana; Minerva invece insegnante di latino e scrittrice, mentre Asdrubale, il piccolo di casa, è diventato un bravo musicista.

Se sono diventata la donna che conoscete lo devo agli insegnamenti di Bernardino Campi che mi ha introdotto nel mondo della pittura. A quel tempo per una donna certi campi artistici erano preclusi. E pur essendo entrata nelle grazie di Bernardino, non gli fu possibile trasmettermi tutta una serie di conoscenze relative a prospettiva, geometria e anatomia. Niente di tutto questo, queste materie erano tabù insormontabili. Solo ritratti e copie d’autore. Ecco cosa mi era concesso apprendere da lui. Ebbene, nonostante queste limitazioni, non potete immaginare quanto fossi felice di potere essere ammessa in questo mondo.

Sul tavolo erano sparsi alla rinfusa vari tipi di pennelli, spatole, contenitori di ogni dimensione, strane sacche colorate, mortai, pestelli, tavolozze, un paio di busti in gesso, pezzi di carboncino neri e rossastri e parecchi rotoli di carta. Cavalletti piccoli e grandi, ognuno con la propria tela, erano piazzati in vari punti dello studio, sempre accanto a una fonte di luce.

Quale magia avevo davanti agli occhi? Che meravigliose sensazioni esplodevano in me, al pensiero che un giorno avrei potuto anche io replicare certe opere. Il mio impegno era incondizionato. Elena seguiva con me le lezioni e con lei ho condiviso tantissimo della nostra infanzia. Era il mio rifugio, la calma su cui contare quando qualcosa mi rendeva irrequieta. Elena, come le altre sorelle e mio padre, è stato un punto di riferimento per me. Non lo fu invece mia madre, con cui il rapporto è sempre stato teso e distaccato. Una donna che non mostrava i propri sentimenti con leggerezza, altera e autoritaria, con pochi gesti d’affetto nei nostri confronti, tanto che finimmo per legarci di più alla fantesca Maria che ci aveva allevate.

Hai vissuto in molte città in Italia e in Europa e non è sempre stato facile. Raccontaci della tua vita.

A 27 anni, grazie al Duca d’Alba e al Duca di Sessa, mi sono trasferita alla corte di Filippo II di Spagna, quale dama di corte della regina Isabella di Valois, diventando la ritrattista ufficiale di famiglia.

Ben presto, un grande affetto mi legò alla regina Isabella, al punto da diventare qualcosa di più di una ritrattista o di una dama di corte. Il legame si fece sempre più forte e fu per me un periodo meraviglioso, quello vissuto a Madrid. Il Re e la Regina mi trattarono come una di famiglia, colpiti non solo dalle doti artistiche che riversavo nei miei ritratti di famiglia, ma anche per quelle umane che mi avvicinarono così tanto a loro da volermi affidare le cure delle due figlie di Isabella, dopo la sua prematura scomparsa.

Nel 1573 sposai Fabrizio Moncada, nobile siciliano, con cui mi trasferii a Palermo. Fu un’unione non semplice, la nostra. La sua famiglia non mi accettava completamente e nonostante Fabrizio fosse davvero gentile con me, qualcosa non mi tornava. Il sospetto che ci fosse qualche calcolo di troppo nella nostra unione, si insinuava in me non permettendomi di lasciarmi andare completamente. Il Moncada fu comunque un compagno di vita, pur per breve tempo, che mi regalò anche momenti spensierati e di gioia alla scoperta di un’isola e di una città come Palermo, piena di tesori architettonici e artistici. La nostra unione non durò molto, vicende famigliari spiacevoli si abbatterono su di noi e condizionarono la nostra vita e soprattutto l’umore di Fabrizio che perse il sonno e la tranquillità dietro una vendetta che non avrebbe portato da nessuna parte. Ma qui, vi lascio la curiosità da soddisfare leggendo il libro di Chiara Montani, che vi racconta molto bene quanto avvenne.

Sei stata una delle prime pittrici donne a raggiungere una fama internazionale. Come ci sei riuscita?

Mi fa piacere che tu lo dica e che l’opinione pubblica oggi lo pensi. La pittura ha fatto tutto, io ho seguito e coltivato quel dono che madre natura mi ha fatto, seguendo gli insegnamenti del maestro Bernardino Campi.

Nonostante non abbia avuto accesso ad alcune materie scientifiche, come ho già detto in precedenza, sono riuscita da autodidatta a sviluppare una mia forma artistica. Ricordo una chiacchierata fatta con un dottore sulla connessione tra arte e medicina:

La pittura è permeata di pensiero scientifico. E non solo per quanto riguarda l’anatomia. Basta pensare alle sofisticate geometrie che si nascondono dietro la complessità delle opere, alla prospettiva, alla mimesi della natura, alle leggi della composizione, alla chimica dei pigmenti e alle regole che governano la loro miscelazione. La distinzione tra i nostri mondi è davvero solo apparente.

Purtroppo però in quel periodo, una donna pittrice non era la normalità. Non era un fatto accettato e inviso all’opinione pubblica. Pensate cosa vuol dire non poter esprimere liberamente la propria passione, che pur riusciva a smuovere le coscienze e i sentimenti di chi la ammirasse. Mi sentivo a volte un leone in gabbia, che non può sfogare i propri istinti perchè recluso in una vita che non è la sua.

Rimaneva il fatto che il mio rango e la mia condizione di donna mi impedivano di vedere riconosciuto il mio status di pittrice, confinandomi in una posizione ibrida, mai chiaramente definita. Questo significava che i miei lavori, che non era opportuno portassero la mia firma, potevano essere ricompensati solo con regali e favori.

Che sensazioni dà dipingere? Cosa provi nel realizzare un ritratto?

Le immagini sono un racconto scritto in un linguaggio che ci appartiene.

Ecco ciò che posso risponderti. Una semplice immagine raffigurata in quadro, racconta una storia. In uno semplice sguardo è possibile raffigurare lo stato d’animo della persona ritratta. Lasciar intendere a chi lo sta guardando, i pensieri, le angosce, la felicità, il timore che pervade il soggetto.

Osservare. Analizzare. Non limitarsi a copiare qualcosa che si sta guardando, ma cercare di carpirne l’anima da trasporre su una tela.

Se percepivo qualche stonatura nel disegno, nella posa, nei colori, nella composizione, oppure sentivo di non riuscire a cogliere l’essenza del soggetto di fronte a me, provavo un profondo disagio. Mi era allora impossibile staccarmi dall’opera e continuavo ossessivamente a lavorarci, con un accanimento che spesso finiva per compromettere la spontaneità dell’insieme.

Presto però scoprii che il segreto stava nel saper attendere.

E a quel punto, senza quasi accorgermene, arrivava la pennellata giusta. L’immagine raggiungeva l’essenza dello spirito del soggetto raffigurato, garantendo immortalità a quell’espressione che nei secoli sarà ammirata da migliaia o forse milioni di persone.

Grazie mille Sofonisba per essere stata con noi. In questi giorni parleremo ancora tanto delle tue opere, già a partire da domani con il blog “L’arte raccontata nei libri” che analizzerà diversi dei tuoi ritratti citati nel libro di Chiara Montani.

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