Recensione a cura di Ivana Tomasetti
La storia raccontata nel romanzo è la vicenda di Cecilia, una ragazza romana, che per motivi politici è data in sposa a un etrusco, Vel Mastarna (famiglia di Servio Tullio) di Veio. La narrazione risulta esile, con non troppi avvenimenti, ma si snoda con un discreto ritmo, facendoci conoscere le varie divinità dei riti etruschi con dovizia di particolari se pure talvolta a carattere didascalico; presenta uno sviluppo logico abbastanza coerente con qualche colpo di scena che la ravviva.
Interessante l’elenco dei personaggi messi all’inizio del libro e le chiarificazioni dell’autrice in fondo al romanzo, che ci fanno comprendere come molti personaggi siano realmente esistiti; anche le date, inserite a inizio di ogni capitolo, servono a orientare il lettore.
Conosciamo la protagonista, il giorno delle sue nozze sotto il velo che la ricopre, che dà il titolo al libro.
“Il mondo le appariva tutto arancione. Spostò la testa di lato e concentrò lo sguardo attraverso la trama sottile del velo, ne sentì il peso, ne udì il fruscìo. Arancione. L’odore vegetale della tintura era ancora debole…”
Cecilia ha le caratteristiche di una bambina: facile al pianto, si mangia le unghie, è in bilico tra la tradizione romana di cui fa parte e le usanze etrusche in cui viene catapultata. Le sue indecisioni talvolta sono poco condivisibili, non sappiamo quali siano i suoi veri obiettivi: tornare a Roma? Farsi amare dal nuovo popolo? Non si rende conto che i suoi l’hanno sacrificata come pegno di pace.
“Cecilia si mordicchiò l’unghia del pollice, cercando di non sorridere. «Perché a Mastarna non piace Artile?»”
Nel ricordo, la sua vita precedente risulta idealizzata e poco veritiera. Dapprima rifiuta le nuove esperienze nella civiltà etrusca, poi ne resta impigliata e affascinata, vivendo esperienze al limite.
“Artile le offrì di nuovo la coppa. «Bevilo e alleggerirà il dolore. Ti farà arrivare al piacere più velocemente dello zeri. È il Latte di Fufluns, il latte divino.» In precedenza, lo zeri l’aveva sottratta all’ansia. Era ancora difficile dimenticare il potere dell’elisir o ignorarne l’attrattiva.”
La morte della suocera le fa comprendere come il rapporto in una coppia etrusca sia molto diverso da quello che vige nella società romana, lo vede sul sarcofago che unisce i due coniugi nella scultura del coperchio. Pian piano comprende che l’uomo che ha sposato si rivela migliore dei tanti romani di cui lei ha nostalgia, come fosse attaccata a un sogno; vive una trasformazione con molti tentennamenti, ritrosie, ripensamenti, che spesso i fatti non giustificano, come se la mente ragionasse in un modo e il corpo la spingesse verso un altro.
“A Cecilia non sfuggì quanto fosse ironico che il vizio del gioco si trasformasse in qualcosa di buono, che Mastarna le aveva insegnato un peccato utile.”
L’accettazione della imperfezione degli uomini diventa una ricerca inconsapevole. Nel suo animo i cattivi sono gli Etruschi, i buoni i Romani, eppure ora fa parte del nuovo popolo che la rispetta. Una ricerca di autenticità che non si risolve, che lascia in sospeso il lettore e che all’inizio non coinvolge perché non vediamo troppe differenze tra Romani e Etruschi, ci stupiamo che Cecilia si scandalizzi della promiscuità sessuale che era praticata anche a Roma. Nel procedere con la lettura si comprende meglio l’animo della ragazza, anche se si scandalizza per i trascorsi del marito, anche se le sembra di sentire ancora la presenza della prima moglie tra loro. Scene di sacrificio agli dei la sconvolgono, eppure si lascia coinvolgere dall’aruspice.
Il marito è il personaggio più coerente a se stesso, il carattere burbero ci fa capire che non è insensibile al fascino della ragazza romana. Marco, il cugino, costituisce una sorta di fratello a cui confidare le proprie incertezze prima nel matrimonio, Druso è il ragazzo che sembra avere una propensione per lei. Il suo ricordo la accompagnerà durante i primi mesi a Veio e si riparerà in esso quando si sentirà sola. Aurelia che le fa da madre incarna la matrona severa e senza affetto. Si accorgerà che il mondo romano e i suoi amici non corrispondono a ciò che di loro ricorda ed è qui che vediamo la sua maturazione di donna.
A Veio stringerà amicizia con Tarchon, il figlio adottivo di Mastarna, amante di Artile, che svolgerà il ruolo di aiutante, parlerà con un’etera, con la quale condividerà l’ostracismo delle altre nobildonne etrusche. Riempirà la sua vita con il culto verso gli dei, che le dettano il modo di comportarsi. Forse il mondo in cui si immerge, che noi riteniamo fallace, giustifica poco le sue scelte agli occhi del lettore che cerca un guizzo di modernità nel suo carattere, non riuscendo a trovarlo.
Qualche personaggio cercherà di plagiarla, altri la appoggeranno, molti dapprima si mostreranno onesti e sinceri, poi si riveleranno nemici.
L’ambiente è la casa etrusca, i banchetti a cui Cecilia assiste, le pareti di canne dietro le quali le coppie si uniscono sotto gli occhi di tutti al termine del simposio, la stanza dove dorme col marito. Conosciamo i particolari delle divinazioni degli aruspici, il loro mondo fantastico, i giochi sessuali tra i due sessi e quelli tra uomini e ragazzi. Queste abitudini scandalizzano Cecilia, ma noi sappiamo che erano normali anche tra i Romani. Dentro il pensiero di Cecilia viene enfatizzata la differenza tra le due culture, mentre lei stessa scivola sempre più nel coinvolgimento.
Un libro leggero, ma solo in superficie, narrato in terza persona dal punto di vista di Cecilia: si legge facilmente, anche se la scrittura non è sempre scorrevole.
Elementi di novità potrebbero essere il dibattito interiore di una donna costretta a sposarsi per volere della famiglia con un uomo già anziano di una popolazione nemica e anche il fatto che la realtà si rivela diversa da come la protagonista l’ha immaginata: una specie di sindrome di Stoccolma ante litteram. Se non sperimentiamo altre realtà, non possiamo metterle a confronto. Qui si confrontano civiltà simili nella loro differenziazione. Potremo dire che le tradizioni etrusche emergono come vere e proprie protagoniste del romanzo, morti e vivi che si intrecciano a determinare la vita. L’animo di Cecilia si capovolge dalle primitive intenzioni.
Il romanzo invita a riflettere sul fatto che i pregiudizi influenzano i pensieri e la nostra concezione del bene e del male; ci parla dell’incertezza e della paura di diventare grandi e del volere rimanere eterni bambini per non assumersi responsabilità.
PRO
Uno spaccato di vita della civiltà etrusca a confronto con quella romana, la descrizione di personaggi con varie sfaccettature insospettabili, qualche colpo di scena, originalità dell’argomento.
CONTRO
Forse una maggiore scorrevolezza avrebbe potuto rendere il romanzo maggiormente fruibile.
Trama
Nel 406 a.C., per suggellare una flebile tregua, Cecilia, una giovane donna romana, viene data in sposa a Vel Mastarna, un nobile etrusco della città di Veio. Costretta ad abbandonare la propria patria, la ragazza è determinata a restare fedele alle tradizioni romane senza cedere agli eccessi considerati fin troppo licenziosi degli etruschi. Tuttavia, nonostante le resistenze iniziali, viene inevitabilmente rapita dal fascino di quella cultura: una cultura che, al contrario di quella di origine, permette alle donne di essere indipendenti e libere.
Attratta da Veio, ma spaventata di perdere i propri legami con Roma, Cecilia decide di ricorrere ad alcune pratiche magiche per non dare alla luce dei figli e per procrastinare l’integrazione con il mondo etrusco. Con il passare del tempo, quello che era un senso di affetto nei confronti del marito, più vecchio di lei, diventa suo malgrado amore. Ora il suo animo è combattuto tra Roma, il luogo dove è nata, e Veio, la città che l’ha accolta come una regina. Mentre le nubi del conflitto incombono, scopre che il destino non è così facile da controllare e deve scegliere da che parte stare.
Il velo nuziale è il primo libro di una trilogia sull’antica Roma dedicata al conflitto tra la Repubblica Romana e la città di Veio. I libri successivi della serie sono I dadi dorati e Il patto di Giunone.