Mese Storico Viaggio nella storia

Storia dei mezzi di comunicazione: i quotidiani

Articolo a cura di Roberto Orsi

Nuovo mese storico su TSD, nuovo argomento; i mezzi di comunicazione.
Oggi siamo abituati a comunicare in maniera veloce e immediata, raggiungiamo e siamo raggiunti anche in vacanza da notizie, tramite telefonate e videochiamate restiamo in contatto con i nostri affetti ed amici, scorriamo le notizie sul tablet o sullo smartphone. Ma come funzionava in altri tempi?
Iniziamo il nostro viaggio storico con i quotidiani, che ancora resistono nel nostro secolo, ma vediamo quando sono nati e come sono cambiati.

La circolazione delle notizie è sempre esistita, possiamo dire dalla notte dei tempi, ma se escludiamo Gli acta diurna (“decisioni del giorno”) – affissi nel Foro romano e in altri luoghi pubblici a partire dal 59 avanti Cristo – e i Giornali vocali del Medio Evo – quando pochissimi sapevano leggere e le informazioni fluivano attraverso i banditori, incaricati di gridare agli angoli delle strade il testo di particolari ordinamenti – dobbiamo aspettare l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg (1450) per avere i primi notiziari: bollettini commerciali e ufficiali.
Inizialmente avevano la forma di libri di notizie, poi si trasformarono in fogli numerati messi a disposizione del pubblico. Pubblicazioni di piccolo formato, composti di due o quattro pagine, e senza una vera e propria periodicità – una o due volte al mese o quando c’era la necessità di far arrivare alla gente una notizia particolarmente importante.
Erano chiamati gazzette, da un avviso pubblicato nella Repubblica di Venezia messo in vendita al prezzo di una moneta d’argento detta appunto gazeta. Vi erano riportate soprattutto le notizie riguardanti le corti e le informazioni di carattere locale.
Erano tuttavia sottoposte a un rigido controllo attraverso la censura preventiva, la stessa che era già applicata ai libri.

Il primo quotidiano vero e proprio, impostato alla maniera moderna, più simile a come lo conosciamo noi oggi, nacque a Lipsia il primo luglio 1650. Pubblicato da Timotheus Ritzsch, si chiamava Leipziger Zeitung e il sottotitolo Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo.

 Mentre il quotidiano più antico d’Italia è la Gazzetta di Mantova: il primo numero risale al 1664 (ma il primato gli è conteso da La Gazzetta di Parma che uscì per la prima volta nel Settecento e che parla della rivale mantovana come di un semplice “aviso”).

Da allora, il giornalismo ebbe un impulso sempre più forte, grazie anche a migliori vie di comunicazione, un sistema postale e tecniche tipografiche più evolute.
A fornire un modello per tutta l’Europa, ci pensò, nel 1702, il quotidiano The Daily Courant – che ebbe una pubblicazione continua per ben 35 anni – il cui motto era “credibilità e imparzialità” delle notizie pubblicate.

Parallelamente nacquero periodici divulgativi, una via di mezzo tra letteratura e giornalismo, con l’obiettivo non solo di informare ma anche di educare i lettori.
Un esempio su tutti il settimanale The Review, diretto da Daniel De Foe, l’autore di Robinson Crusoe, e l’Examiner di Jonathan Swift (il papà de I viaggi di Gulliver).

Ma il successo maggiore fu raggiunto da The Spectator, prima settimanale e poi quotidiano, che arrivò a stampare 80.000 copie; aveva una formula assai particolare che fu poi imitata anche all’estero: ogni numero simulava una conversazione fra personaggi sempre fissi (un commerciante, un militare, un aristocratico, una donna e uno spettatore) che si incontravano in un circolo o in un caffè e approfondivano un argomento specifico. Questo consentiva di approfondire e sviluppare tutti gli aspetti di un problema in modo mai pedante né accademico.
In Italia tale modello fu ripreso da Gaspare Gozzi a Venezia con La Gazzetta veneta (1760) e si registro un’altra “tecnica” interessante specchio dell’Illuminismo francese istituita da il foglio lombardo Il Caffè pubblicato dal 1764 al 1766 a opera dei fratelli Verri e di Cesare Beccaria, che riportava “cose disparatissime, con ogni stile, che non annoi”.

Marzo 1909: Hyman Alpert, 12 anni, vende giornali da tre anni a New Haven, Connecticut

Fino a ora, però, i giornali erano venduti solo tramite abbonamento ed esclusivamente a uomini politici e di affari. Per avere una maggiore democratizzazione della diffusione delle notizie, ci volle l’Ottocento, con la sua evoluzione e scolarizzazione della società.
Grazie alla diminuzione del costo della carta e al sostegno della pubblicità, i quotidiani iniziarono a essere stampati in un maggior numero di copie e distribuiti a un prezzo più basso, nelle strade dagli strilloni o nelle edicole, e diventando accessibili a tutti.
Cambiò radicalmente anche il contenuto: le notizie erano rivolte a tutte le classi sociali. e contemplavano tutti gli aspetti della vita quotidiana, cronaca cittadina, cronaca nera (delitti, furti, rapine) e quella mondana.
Una vera rivoluzione nel mondo della stampa avvenne proprio negli Stati Uniti con la nascita della penny press, giornali venduti al prezzo di un penny. Con la penny press venne anche a formarsi il mestiere di giornalista: la figura del reporter a caccia di notizie si delineò proprio in quella fase.

Anche in Europa nel corso dell’Ottocento nacquero i principali quotidiani tuttora esistenti: in Francia Le Figaro (1826), in Inghilterra il Daily Telegraph (1855), in Germania la Frankfurter Zeitung (1856). In Italia: il Corriere della sera (1876) a Milano, La Stampa (prima Gazzetta piemontese) nata nel 1895 a Torino, Il Messaggero (1878) a Roma, Il Mattino (1892) a Napoli, Il Resto del carlino (1885) a Bologna, Il Gazzettino (1887) a Venezia.
Si noti come la stampa italiana sia piuttosto tardiva rispetto a quella europea: infatti è tutta successiva all’unità d’Italia e questo a cusa degli ostacoli a lungo posti dalla censura.

Anche le scoperte scientifiche avvenute nel corso dell’Ottocento diedero uno sviluppo sempre maggiore al giornalismo: pensiamo alla fotografia – che consentì di corredare le notizie non più con disegni, ma anche foto; al telegrafo e al telefono – grazie ai quali la trasmissione delle notizie da veicolare era più radida; la rotativa, la linotype e la fotocomposizione che accelerarono il processo di stampa dei giornali che divennero così più complesso e articolati.

Così come sempre a quel periodo risale la fondazione delle prime agenzie di stampa per la distribuzione delle notizie: Havas nel 1835, seguita dalla Associated Press negli Stati Uniti (1848), dalla Wolff in Germania (1849) e dalla Reuter in Inghilterra (1851)
In Italia, invece, fu istituita per volere di Cavour nel 1853: si trattava dell’agenzia Stefani, che dopo il 1945 assunse il nome di ANSA (Agenzia nazionale stampa associata).

Nel corso del Novecento, poi, tornò a farsi sentire il peso della censura, ma anche la “manipolazione” dei fini stessi dei quotidiani. Durante il corso della guerra mondiale tutti i paesi coinvolti nel conflitto utilizzarono i giornali a fini patriottici e propagandastici; fu imposta la censura preventiva con la motivazione che le notizie avrebbero potuto essere strumentalizzate dal nemico. Fu proprio allora che il senatore americano Hiram W. Johnson affermò: “Quando scoppia la guerra la prima vittima è la verità”.

E su questo, il dibattito è ancora oggi quanto mai vivo e sentito.

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