Narrativa recensioni

Comandante – Edoardo De Angelis, Sandro Veronesi

Recensione a cura di Serena Colombo

Alzi la mano chi conosce la storia, e l’uomo, Salvatore Todaro.
Alzi la mano chi conosce le vicende che videro protagonista il Comandante Todaro e il sommergibile Cappellini.

Personalmente, la mia mano sarebbe rimasta abbassata se non avessi letto questo libro e, prima ancora, sentito parlare di lui in virtù del film “Comandante” appunto, da poco nelle sale cinematografiche in Italia.

Il romanzo, molto breve, in verità, ha per co-autore il regista stesso del film eppure non è nato prima, bensì, come dice lo stesso De Angelis nella interessantissima Prefazione, le due cose sono nate quasi in parallelo.

Il libro è un romanzo che si potrebbe definire corale: nei suoi capitoli assistiamo all’avvicendarsi di diversi personaggi (reali) che, in piena seconda guerra mondiale imbarcati sul sommergibile Cappellini rispondono agli ordini del Comandante Todaro nella missione denominata Agguato.

La guerra nei sommergibili non è la stessa guerra di terra

Cosa vuol dire far la guerra nei sommergibili, per chi l’avesse dimenticato: pericoli dappertutto, sotto, sopra, in mare, in cielo, dentro, fuori, congegni che si guastano, ossigeno che manca. Morte. […] siamo in guerra ma la guerra non c’è, non c’è il nemico, non c’è nulla. Solo acqua grigia e cielo nero, o viceversa.

Così come la vita a bordo di un sommergibile non è la vita a bordo di una comune nave

Di giorno navighiamo in immersione e il tanfo dell’essere umano è dentro il nostro respiro. Non ci sono docce a bordo e il bagno è unico perché il secondo è rotto. L’acqua potabile scarseggia, gli gnocchi sono un sogno lontano.

Ma ciò che rese Todaro un eroe fu il salvataggio di marinai “nemici” che diventano naufraghi.
Durante la missione, infatti, mentre sembra che tutto proceda nella noia più monotona delle acque scure, il Cappellini avvista un mercantile battente bandiera belga (in teoria, quindi, neutrale) ma che procede a luci spente e che, improvvisamente, lo attacca. Il Comandante dà l’ordine di colpire e il piroscafo Kabalo affonda. A bordo c’erano 21 marinai che si trasformano in 21 profughi.

E qui inizia l’avvenimento storico che fece di Todaro un eroe: il Comandante dà l’ordine di recuperare i profughi, salvarli, issarli a bordo del Cappellini, anche se non c’è posto, non c’è nemmeno aria a sufficienza per tutti, anche se questo significa mettersi il nemico in casa. L’azione è concitata, le perdite anche nell’equipaggio italiano sono gravi e dolorose per Todaro, l’organizzazione degli spazi serrata e precisa, anche se assai rischiosa, la sommossa è tangibile, difficile da arginare, così come il tentativo di tradimento da parte dei profughi salvati. Eppure vince l’umanità.

Siamo in guerra, sì, e io lo so benissimo: però non siamo solo in guerra. Siamo in mare. E siamo uomini. E anche il mare ha le sue leggi, anche l’essere uomini le ha, guerra o non guerra.

L’ordine è dato: invertire persino la rotta, e portare i profughi in salvo nelle isole Azzorre. Un ordine che va contro le direttive stesse non consentivano di prendere a bordo dei sommergibili i marinai delle navi silurate.

E quando persino il comandante del Kabalo gli chiederà perché li abbia salvati, poiché lui non lo avrebbe fatto, Todaro risponde con una frase che racchiude emblematicamente l’essenza e la “lezione” del libro.
“Perché siamo italiani”, così risponde Todaro a quella domanda.
Ecco, siamo italiani, abbiamo secoli di Storia sulle nostre spalle, come abbiamo guerre sanguinose e ingiuste, ma siamo esseri umani e di questo non dovremmo mai dimenticarcene.

E c’è una frase che, più di tutte, forse disegna e pennella il comandante Todaro rendendolo un eroe vero:

C’è un eroismo barbaro e ce n’è un altro davanti al quale l’anima si mette a piangere: il soldato che vince non è mai così grande come quando si inchina davanti al soldato vinto.

Lui si inchinò (non si piegò) davanti ai vinti, e per questo da vittorioso quale era divenne un eroe.

Un libro da leggere, a cui dedicare le due ore di lettura che richiede, ma soprattutto un libro sul quale riflettere. Oggi più di ieri.


PRO
L’aver alzato l’attenzione su quello che, giustamente viene definito un eroe dimenticato

CONTRO
Interi capitoli, seppur brevi, sono scritti in diversi dialetti, le parlate dei personaggi. Cosa di per sé lodevole che accentua il realismo della narrazione, ma a tratti assai difficile da leggere e a volte comprendere.

Citazione preferita (e quanto mai attuale):

le macchine saranno migliori dell’uomo, e penseranno, anche, e ragioneranno: proprio così, il futuro ci darà macchine intelligenti, che saranno in grado di consigliarci e di curare le nostre paure, e questo futuro non è lontano, è lì, oltre questo vascello in fiamme, dietro l’orizzonte nero, appena oltre il tempo che impiegheremo per smettere di ammazzarci e trovare il modo di convivere in pace.

Link cartaceo: Comandante
Link ebook: Comandante

Trama
“Si dicono tante cose di lui, che era a bordo del Malaspina quando ha affondato la British Fame, che è un mago, un fachiro, un ipnotizzatore, che non dorme mai”: questo sanno del loro Comandante gli uomini che all’alba del 28 settembre 1940 si imbarcano sul sommergibile Cappellini per andare alla guerra. Sanno anche che il Comandante potrebbe rimanere a terra, al riparo, perché un incidente lo ha condannato a vivere in un busto d’acciaio che gli toglie il fiato. E invece lui, Salvatore Todaro, è lì, pronto a guidarli al di là delle mine che rendono Gibilterra una trappola, a combattere per l’Italia nell’oceano aperto, e “quando lui è sicuro, ti senti sicuro”. Marcon, aiutante di bordo, il volto sfigurato dall’acetilene e quell’accento venexian che piace tanto al Comandante. Schiassi, il marconista, che con l’idrofono ausculta le profondità. Stumpo, il motorista-corallaro, capace di riconoscere i polpi femmina. Stiepovich, il tenente di Trieste che ha portato con sé il violino. Giggino, il cambusiere, che ancora non sa quanto scaldano il cuore le patatine fritte… Sono le loro voci a raccontare la sorda monotonia delle ore in immersione e il momento cruciale in cui, lungo la linea immobile dell’orizzonte, si profila la sagoma di un mercantile a luci spente. Bisogna affondarlo, sfidare la morte propria e quella dei nemici: è allora che il Comandante prende una decisione fatale, capace di rischiarare la notte. Perché i corpi che galleggiano nel mare nero per lui non sono nemici, sono naufraghi. Raccontando e restituendo al nostro legittimo orgoglio uno degli episodi meno conosciuti e più luminosi dell’ultima guerra, Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi denunciano la barbarie di ogni conflitto e celebrano la grandezza dei valori dell’umanità quando ci sono donne e uomini pronti ad affermarli nonostante tutto.


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