Viaggio nella storia

27 gennaio il Giorno della Memoria – gli ultimi sopravvissuti alla Shoah

Articolo a cura di Luigia Amico

Tra il 1933 e il 1945 milioni di persone si trovarono nella condizione di dover lottare per la propria sopravvivenza a causa delle politiche razziali che rapidamente presero piede nel e ben oltre il confine della penisola italiana. Circa 400 mila persone riuscirono a sopravvivere all’inferno di cui circa 150/170 mila ebrei; ad oggi, purtroppo, il numero dei sopravvissuti ex deportati è drasticamente ridotto e si stima che entro la fine del 2030, a causa di ragioni anagrafiche, non avremo più nessuna testimonianza diretta dell’orrore perpetrato ai danni delle vittime dell’olocausto.

Da qui l’importanza della testimonianza, farsi memoria diretta affinché nulla sia dimenticato. Spostandoci su un fronte più specifico, ovvero i sopravvissuti italiani, secondo l’analisi dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, gli ex deportati sono ormai una decina, a loro si aggiungono i sopravvissuti non ebrei per raggiungere appena venti persone circa. Un numero, per ovvie ragioni, destinato a scendere… Di seguito una breve biografia di alcuni sopravvissuti.

SAMUEL/SAMI MODIANO

“Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo.”

Sopravvissuto ala campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e attivo testimone della Shoah, Sami Modiano nasce nel 1930 nell’isola di Rodi, all’epoca provincia italiana. Nel 1938, alla promulgazione delle leggi razziali, fu espulso dalla terza elementare, questo fu per lui, e per chi come lui, il punto di non ritorno. La vita prosegue relativamente in tranquillità fino al 23 luglio 1944 quando i tedeschi prelevarono con l’inganno tutti gli abitanti ebrei e li caricarono senza alcuna pietà nella stiva di un vecchio mercantile.

Il viaggio, in condizioni disumane, da Rodi a Birkenau, durò all’incirca un mese; all’arrivo al campo di sterminio vi fu la prima selezione ad opera di Josef Mengele e Sami fu destinato alle camere a gas; tuttavia, suo padre riuscì a portarlo nelle file dei superstiti. Nei mesi successivi, a seguito della morte della sorella, Samuel perse anche il padre che si consegnò volontariamente in infermeria sopraffatto dal dolore del lutto. Sami in diverse occasioni riuscì a scampare a morte certa, selezionato per il crematorio e in attesa di entrare nelle camere a gas fu salvato perché le SS avevano bisogno di aiuto per uno scarico di patate.


Dei 776 bambini di età inferiore ai 14 anni, Sami è tra i soli 25 sopravvissuti e il ritorno alla vita sarà tutt’altro che facile. Nel 2005 affronta il primo viaggio di ritorno ad Auschwitz, da allora Samuel Modiano si farà carico di una opera molto importante e sicuramente difficile, diverrà un “araldo della memoria” affinché le nuove generazioni siano a conoscenza dell’orrore cui milioni di persone furono sottoposte.

ANDRA E TATIANA BUCCI

“Se chiudo gli occhi, rivedo la baracca dei bambini, io, mia sorella e Sergio che giriamo intorno tenendoci per mano. Andiamo in giro soli, abbiamo freddo, addosso abbiamo dei cappottoni e le scarpe senza calze che ci sfuggono dai piedi”

Andra e Tatiana Bucci sono due sorelle italiane di origini ebraiche autrici di memorie sulla loro deportazione ad Auschwitz. Al loro arrivo al campo furono scambiate per gemelle e divennero cavie per gli esperimenti scientifici del dottor Josef Mengele, la loro testimonianza è ritenuta molto importante per avere ben chiaro il macabro funzionamento del campo di Auschwitz.

Le sorelle Bucci nascono a Fiume nella seconda metà degli anni 30 e nel settembre del 1943, all’età di quattro e sei anni, vennero arrestate e deportate ad Auschwitz. All’arrivo al campo le bambine, scambiate appunto per gemelle perché praticamente identiche, furono separate dalla madre e, insieme al cuginetto Sergio de Simone, furono trasferite nel Kinderblock, la baracca dei bambini destinati ai terribili esperimenti di Mengele. Le due sorelle dimenticarono presto la loro lingua e iniziarono a parlare il tedesco suscitando negli adulti tenerezza e pietà; di vitale importanza fu la figura della blockova, la sorvegliante della baracca dei bambini, che prese a cuore il destino delle sorelle.

Verranno degli uomini, raduneranno tutti voi bambini e vi diranno: chi vuole vedere la mamma e tornare con lei, faccia un passo avanti. Voi dovete rimanere ferme al vostro posto, non rispondere assolutamente nulla”, fu così che la blockova riuscì a salvare le bambine dagli esperimenti del mefistofelico Mengele e a strapparle da morte certa. Dopo la liberazione furono trasferite a Praga e di seguito in Inghilterra circondate da quell’amore che fu rubato alla loro infanzia, nel 1946 riuscirono finalmente a riabbracciare la madre. Ad oggi le sorelle Bucci sono tra i più importanti testimoni dello sterminio; attive tra interviste e viaggi della memoria, ritengono sia fondamentale informare i giovani attraverso la voce dei sopravvissuti.

GOTI BAUER

“Il sopravvissuto rimane un’anima ferita, che non vorrebbe essere colpita ulteriormente dall’indifferenza o dalla noia”

Agata/Goti Herskovits Bauer, nasce in Cecoslovacchia ma, con la famiglia, si trasferisce presto a Fiume. Con l’annessione al Terzo Reich nel settembre del 1943 la situazione a Fiume precipita e il 2 maggio 1944 Goti viene arrestata mentre, accompagnata dalla famiglia, tenta di attraversare il confine svizzero, saranno proprio le persone che avevano cercato di aiutarli a tradirli e consegnarli nelle mani dei tedeschi. Caricati sul vagone del treno partiranno dal binario 21 della Stazione centrale di Milano verso il campo di Auschwitz. Sarà l’unica della famiglia a sopravvivere, i genitori saranno condotti immediatamente alle camere a gas e il fratello troverà la morte a Buchenwald.

La piccola Goti sarà trasferita al campo di concentramento di Theresienstadt dove rimarrà fino alla liberazione. Negli anni 90 l’interesse sulla Shoah e sui sopravvissuti si riaccende e arriverà anche per lei il momento di riportare a galla dolorosi ricordi, diventerà instancabile testimone della sua terribile esperienza partecipando a numerosi incontri e manifestazioni accompagnata dalla speranza di essere riuscita a trasmettere abbastanza di quanto successo.

GILBERTO SALMONI

“A Buchenwald sentivi di essere vicino a uomini di alto livello, non con riferimento al ruolo che avevano avuto, ma per come si comportavano: erano persone come te, il ruolo di prima era cancellato e sentivi una vicinanza che ti dava una forte carica. Lo vedo adesso. Allora non lo percepivo. Sentivo che eravamo legati allo stesso destino, che avevamo lo stesso nemico e cercavamo di fare il possibile per aiutarci.

Gilberto Raffaele Salmoni, è nato a Genova nel 1928 e tuttora vive nella città ligure. A causa delle leggi razziali emanate nel 1938, Gilberto fu espulso dalla scuola pubblica e il padre perse il lavoro. Nell’autunno del 1943 la famiglia Salomoni fu costretta a nascondersi ma questo non servì ad evitare la deportazione: vennero arrestati la notte del 17 aprile 1944 mentre cercavano di raggiungere il confine svizzero.

Gilberto e il fratello Renato furono destinati al campo di Buchenwald, il resto della famiglia troverà la morte ad Auschwitz. Arrivati al campo Gilberto e il fratello vennero fatti spogliare, condotti alle docce e assegnati al blocco 43 per la quarantena. Dopo mesi di duro lavoro e impegnati soprattutto a sopravvivere, il campo nel 1945 fu liberato e gli internati finalmente liberati. Il viaggio di ritorno a casa non fu semplice, come per tutti; al rientro a Genova Gilberto si interessa alla vita politica ma le delusioni della realtà del dopo guerra saranno scottanti.

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