Narrativa recensioni

Il cantiere delle anime – Chiara Santoro

Recensione a cura di Roberto Orsi

“Ogni giorno vacilli, ogni giorno devi rinnovare il tuo voto. Ogni gloria si ottiene al prezzo di una vita. La tua vita. Perché scegliere vuol dire uccidere una parte di te. E nessuno si inganni, quella mai si rassegnerà alla sepoltura, ogni giorno rialzerà la testa, rivendicherà il delitto, batterà i pugni alla porta.”

Ci sono storie che vengono raccontate meno di altre. Ci sono storie che vengono dimenticate più di altre. Ci sono storie che hanno comunque lasciato un segno.

Quella raccontata da Chiara Santoro ne “Il cantiere delle anime”, edito da Castelvecchi, appartiene a queste categorie. Almeno personalmente non ne avevo mai sentito parlare.

Il romanzo si ispira alla vera storia dell’abbazia di Port-Royal des Champs, nella valle di Chevreuse a sud-ovest di Parigi. L’abbazia ebbe una storia molto particolare: divenne, infatti, famosa per una comunità religiosa di chiaro stampo giansenista nel corso del XVII secolo. Un orientamento inviso alla Chiesa Cattolica che portò l’abbazia alle luci della ribalta eretica.

Port-Royal des Champs

A Port-Royal vennero istituite scuole che in poco tempo divennero famose grazie alla qualità degli insegnamenti che venivano impartiti. Il fior fiore della cultura e della filosofia francese (e non solo) veniva attirato da questa abbazia e dal fermento culturale che vi ruotava attorno. La deriva giansenista portò ben presto la scuola e l’abbazia a essere accusate di eresia. Nell’ambito della controversia giansenista in seno alla Chiesa Cattolica, Port-Royal venne soppressa con bolla papale e successivamente abbattuta su ordine del re Luigi XIV, nel 1710.

Il romanzo di Chiara Santoro affronta la parabola di questa abbazia nel periodo in cui fu badessa Angélique Arnauld. La piccola Angélique fu destinata alla vita monastica fin dalla più tenera età. Il padre, Antoine Arnauld, benefattore dell’abbazia e membro facoltoso della nobiltà parigina, a stretto contatto con re Enrico IV, ottenne la possibilità di inserire Angélique come coadiutrice della badessa già dal 159,9 quando la piccola aveva appena otto anni. Solo tre anni dopo, a undici anni di età, Angélique venne nominata badessa di Port-Royal.

Angélique Arnauld

“Lo studiolo di Angélique fu decorato con un fregio dai forti richiami alle insegne non della patria, non di Dio, ma dell’intelletto e della cultura, recante figure di libri e architetture, e poi, tra liuti, lire da braccio, trombe, ghironde e buttafuoco”.

Da sempre attratta dalla cultura, dalla letteratura, dallo studio e l’insegnamento, la nuova badessa dopo pochi anni attuò un processo di completa riforma e revisione della condotta all’interno di Port-Royal.

Si introdusse la clausura forzata e si impose il silenzio come regola principale tra le sorelle. La preghiera e il completo distacco dal mondo esterno avrebbero consentito alle donne di raggiungere una nuova dimensione più vicina a Dio. In una società patriarcale, dove l’uomo aveva pieni poteri sulla donna e sul destino di vita di una figlia, tutte le monache del convento si trovavano al suo interno proprio perché costrette dalla famiglia.

Angélique, che aveva subìto la stessa sorte, volle porre rimedio a questa condizione. L’istituzione delle scuole e degli insegnamenti per le novizie e i giovani del luogo, avrebbe potuto portare la conoscenza, la capacità di giudizio, di cernita e discernimento necessari per ottenere quella autonomia decisionale e l’emancipazione che, in realtà, avrebbero dovuto aspettare ancora molto tempo prima di essere realmente conquistate.

L’analisi razionale delle Sacre Scritture e degli insegnamenti del Cristo, la rilettura della fede attraverso l’utilizzo dell’intelletto e non per un dogma fatto, finito e confezionato da prendere così come è, fu uno dei capisaldi della scuola di Port-Royal.

Un atteggiamento, questo, pericoloso che la Chiesa non può tollerare: la conoscenza porta indipendenza, mentre l’ignoranza porta sudditanza e maggior controllo sulle persone. Un assunto che nei secoli si è dimostrato veritiero e ancora oggi, per certi aspetti, valido.

“Nel silenzio ti capita di incontrare il nemico più invincibile, cioè te stesso. Costruiamo un’immagine di noi che è il riflesso dello sguardo degli altri, la alleviamo con amore, le diamo un nome. Preferiamo il rumore, il rumore ci distoglie da noi stessi perché è l’unica battaglia che rischiamo di perdere sul serio.”

Angélique cresce inizialmente con un atteggiamento anticonformista, una ribelle. Comportamenti fuori dalle righe. “Nessuna dedizione all’edificio sacro né all’anima: Angélique non era disposta a farsi tempio di Dio”. È questa la ragazza che troviamo nelle prime pagine. Una ribellione interiore a un destino già scritto.

Un’illuminazione la porterà a cambiare completamente la sua visione della clausura e del mondo. A non rassegnarsi più a qualcosa di deciso, ma a far di tutto per lanciare un segnale potente. Un voler farsi sentire nella società, far capire che queste donne ci sono e sono in grado di elevarsi, di non sottostare più al giogo maschile che la società impone.

Toccante il discorso della badessa alle consorelle, la sera in cui annuncia la svolta legata alla clausura nei confronti del mondo esterno. Passaggi filosofici di grande levatura fanno da contorno a un racconto delicato ma allo stesso tempo deciso. Per quelle donne iniziano i lavori di ricostruzione della propria anima, brandello dopo brandello: ritrovare prima sé stesse per poter arrivare a conoscere gli altri.

I dialoghi che Chiara Santoro riporta nel suo romanzo toccano corde molto sensibili dell’animo; raccontano di noi, di quella evoluzione che nel tempo l’essere umano ha affrontato. Il libero arbitrio come caposaldo di una esistenza. Ragione e sentimento: cercare Dio attraverso il pensiero critico, andare oltre, al di là di quanto prescritto.

“Solo l’innocenza può essere così spaventosa, perché è nuda. Nessuna ipocrisia, nessuna esegesi. Perciò ci insegnano ad averne paura, a condannarla. Perché è il nostro istinto e come una lupa lotta contro chi ci offende, ci vende, ci fa sentire in colpa, vuol farci restare nel cono d’ombra di un uomo, dentro o fuori da un convento, comunque ciecamente obbedienti, insicure, incolte.”

Il rigore diventa il mezzo attraverso il quale conquistare autonomia rispetto alla legge degli uomini. Il Regolamento stilato all’interno dell’abbazia, che si ripercuote su quello delle scuole di Port-Royal, è composto da regole ferree. Disciplina e rispetto delle regole, studio e arricchimento delle coscienze.

Il romanzo, attraverso la storia di Angélique e di quelle donne “ribelli” affronta temi ancora attuali come l’equità, la completezza interiore e l’abominio della discriminazione. Un romanzo dal linguaggio non sempre semplice, con diversi passaggi che vanno riletti per poter essere assaporati e compresi completamente.

Un racconto che lascia il segno, che pone spunti di riflessione determinanti per la vita in società, per comprenderne quei meccanismi che nel corso dei secoli si sono modificati, integrati e sconvolti.

Ci sono storie che devono essere raccontate. Ci sono storie che non possono essere dimenticate. Ci sono storie che ritornano e non ci lasciano più.

Editore ‏ : ‎ Castelvecchi (8 luglio 2022)
Lingua ‏ : ‎ Italiano
Copertina flessibile ‏ : ‎ 132 pagine
ISBN-10 ‏ : ‎ 8832908263
ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8832908268
Link d’acquisto cartaceo: Il cantiere delle anime

Trama

Angélique Arnauld, badessa bambina di Port-Royal des Champs, incendia il Seicento cattolico pretendendo di sapere, desiderare, scegliere. Disobbedirà al padre e al re. Al dio utile al potere. Giudicata eretica e rivoluzionaria, onorerà il silenzio del chiostro studiando, scrivendo, pensando con le sue compagne. Crederà solo con la ragione. Liberamente ispirato alla figura di Angélique Arnauld e alla sua straordinaria vicenda di donna, prima che di religiosa, il romanzo intreccia storia e riflessione filosofica sulla conoscenza, il desiderio, l’autonomia, l’uguaglianza. Parole blasfeme a quel tempo per una donna, che animarono la questione femminile nell’Europa della controriforma disturbando il potere e i suoi privilegi, fin quando la comunità verrà dispersa e il monastero raso al suolo. Un’esperienza personale e collettiva di cui sopravvive il senso profondamente umano di ricerca di sé e desiderio dell’altro.

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