Narrativa recensioni

Un caffè con Robespierre di Adriana Assini

Trama
Parigi 1793. Va in scena uno scorcio di Rivoluzione, carico di glorie e di spine. Nella città sulla Senna sventola il tricolore della Repubblica, i Caffè brulicano di gente e di idee, e le piazze, teatro di balli e di feste popolari, si trasformano a volte in luoghi di supplizio, dove è Madame la ghigliottina a farla da padrona. E in autunno, mentre cadono le prime foglie, cade anche la testa di Marie-Antoinette, la regina straniera mai amata dai francesi. Un tempo al servizio della fastosa corte di Versailles, l’irrequieta Manon, rinomata modista, e suo marito Bertrand, cuoco raffinato, vengono travolti dal nuovo corso della Storia, ritrovandosi sempre più estranei l’una all’altro: lui, ancorato al passato, fedele ai riti e ai dettami dell’Ancien Régime; lei, soggiogata dal fascino del credo giacobino, attratta da quel mondo più libero predicato da Maximilien de Robespierre, capo carismatico del governo rivoluzionario, che abita a due passi dalla sua casa. Costretto a difficili prove, speranze e colpi di scena, l’amore tra Manon e Bertrand corre sul filo di una corda, rischiando di finire nella polvere.


Recensione a cura di Maria Marques

Un titolo originale che mi ha incuriosito: “Un caffè con Robespierre”. Chi vorrebbe sorseggiare un caffè con Robespierre, personaggio che si avvicina poco a due chiacchiere, meno che mai in leggerezza?
Della Rivoluzione francese non conosco molto eccetto gli avvenimenti principali ed ero pronta a calarmi in mezzo a sanculotti ,girondini ,ghigliottine in movimento, incuranti di quali teste illustri cadessero nelle ceste.
L’autrice, Adriana Assini, racconta un particolare momento di questo periodo, ma lo fa scegliendo una strada inconsueta, facendo immergere il lettore nella vita di una coppia, Manon e Bertrand, che hanno vissuto alla reggia di Versailles, lavorando lei come modista e lui come cuoco, vivendo indirettamente il fascino e l’eleganza di quell’ambiente. Complici gli avvenimenti ,in quel momento vivono a Parigi in un appartamento a poca distanza da quello dove risiede Robespierre.

L’autrice delinea due personaggi accompagnandoli ,pagina dopo pagina, in un percorso in salita ; Manon entusiasta, femminista ante litteram,” …ma come si fa a battersi per l’uguaglianza tra i ceti e non per quella tra i sessi?” aperta al cambiamento, alle idee di Rousseau e Voltaire e seguace di Robespierre. Il marito al contrario,conservatore, osserva e commenta un po’ ironicamente gli amici rivoluzionari della moglie e giungerà ad affermare di non comprenderla più, specialmente da quando ha deciso di darsi al teatro.

Una coppia alla ricerca di una nuova stabilità, stabilità sia nella vita reale perché il periodo in cui vivono è quello del regime del terrore, delle delazioni, dove bastava una segnalazione per essere rinchiusi alla Conciergerie ma anche emotiva, dopo i tradimenti, quello fisico di Manon che finirà tragicamente e quello altrettanto tragico di Bertrand, innamorato ,ovviamente platonicamente, della sua regina “straniera”, di cui andrà ad assistere all’esecuzione in memoria di un sentimento che non è mai andato oltre i suoi pensieri e, sarà proprio lui, il personaggio che cambierà maggiormente

Nulla rimane ad entrambi, solo i ricordi ed i cocci di una vita da ricomporre. L’unico modo per sopravvivere alla presenza l’uno dell’altra è la fuga, la lontananza che porterà Bertrand nel regno di Napoli, alla ricerca di nuovi aristocratici palati da soddisfare, con una consapevolezza che si farà strada nel suo animo, mutuata attraverso gli occhi di quella rivoluzione che non ha compreso sino in fondo, ma i cui ideali e pensieri inconsapevolmente fanno ormai parte del suo modo di pensare.
In mezzo a persone sconosciute, in una Napoli dalle mille contraddizioni dove “l’essenza dello stare al mondo dei sudditi del Regno risiedeva in quel perpetuo omaggio all’ozio e alla lentezza, tra sapienza popolare e aristocratico disincanto” ,imparando a convivere con una natura che fa tremare la terra, Bertrand riflette sulla caducità umana e sul rapporto con la moglie. A Parigi, Manon non solo riflette sulla instabilità e caducità umana ma la vive direttamente :il popolo che aveva scelto Robespierre per contrastare la corruzione, adesso era stanco delle leggi del terrore e “sbalordiva e inquietava la velocità con cui era scemato l’interesse per una società più giusta”.

In uno scambio di lettere e di viaggi tra Napoli e Parigi e viceversa, si delinea la fine del regime del terrore e l’impossibilità ,per una Manon che assiste incredula ed impotente agli avvenimenti, di sorseggiare un caffè con l’illustre vicino, ma nasce la speranza di riannodare un rapporto con il marito, rapporto che in realtà non è mai venuto meno.
L’autrice è riuscita a creare il giusto equilibrio per inserire una storia normale in un contesto storico delineandolo accuratamente. E’ quasi con noncuranza che innumerevoli informazioni, curiosità, fatti storici si intersecano con la vita dei protagonisti, dal “divo” dell’epoca, Talma, sino ai soprannomi delle correnti politiche, gli Indulgenti gli Arrabbiati, ai Club femminili, alle prime paladine del volo in mongolfiera e, quello che mi ha colpito di più, il commercio di ricordi macabri dei condannati a morte.

Ma, è nelle chiacchiere di Bertrand con il suo amico Don Liborio, in una Napoli calda e soleggiata, che si comprende la portata della rivoluzione: ”Don Liborio era perplesso: riteneva una sfacciataggine che le femmine si occupassero di politica, tantomeno se assumevano posizioni contrarie a quelle del consorte. Ma, soprattutto, che diamine era la democrazia?” Ed è proprio il conservatore Bertrand a spiegare all’amico che la “nuova era parlava di diritti a un popolo che finora non aveva conosciuto che doveri” .Sarà il conservatore Bertrand che rinuncerà ad illustrare la differenza esistente tra suddito e cittadino, differenza incomprensibile e forse inaccettabile per il suo amico, ma si concentrerà su quello che può essere di immediata comprensione: il suffragio universale, l’istruzione per tutti, le cure gratuite per i poveri. La risposta di Don Liborio fa sorridere nella sua ingenuità ”State pazziando, monsù”.
Un libro scritto con uno stile elegante, in cui l’autrice si addentra nell’animo dei personaggi dosando sapientemente introspezione psicologica e descrizioni, senza appesantire la trama che scorre veloce,stile che si trasforma in romantico ed arcaico nelle epistole fra i coniugi. Un libro che è sì la storia di un amore, ma anche la descrizione di un epoca di transizione verso quello che sarà poi il mondo che conosciamo.

Ma di cosa avrebbe parlato Manon con Robespierre se avessero sorseggiato il caffè in qualche locale, forse lungo le sponde della Senna? Con Robespierre,Manon “condivideva l’amore incondizionato per la Francia,la stima profonda per Rousseau,il culto della giustizia e dell’uguaglianza”. Forse avrebbero parlato anche del mare che entrambi non avevano mai visto e della curiosità “di non sapere come risuonasse la voce degli oceani, e la voglia poetica e strisciante di farsi sedurre dal misterioso richiamo delle onde”. Mare che alla fine Manon vedrà, ma non Robespierre.
Sorridendo,penso ad una citazione famosa di Rousseau: “Costituisce una previdenza quanto mai necessaria quella di essere consapevoli che non si può prevedere tutto” meno che mai… un caffè con un rivoluzionario.

Copertina flessibile: 192 pagine

Editore: Scrittura & Scritture (7 marzo 2016)

Collana: Voci

Lingua: Italiano

ISBN-10: 8889682876

ISBN-13: 978-8889682876

Link d’acquisto: Un caffè con Robespierre

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