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Il salottino di TSD: l’intervista a Monia Montechiarini e i processi contro le streghe

Il salottino di TSD è oggi lieto di ritrovare un’autrice che abbiamo già avuto modo di conoscere in altre occasioni.

Monia Montechiarini, giurista, europrogettista e scrittrice. Esperta di diritto, da più di vent’anni si occupa di ricerche documentali per ricostruire i processi contro le streghe. Si impegna per ridare voce al passato, collaborando con enti in tutta Europa nella stesura di progetti comunitari per il recupero e la divulgazione della memoria storica fino al Novecento. Oltre a organizzare incontri formativi ufficiali, anche col patrocinio del MIBACT e della UE, partecipa come relatrice a importanti rassegne come il “Festival del Medioevo”.

La sua attività si concentra in particolare sui bandi che sostengono la ricerca storica e la divulgazione, il patrimonio culturale e la giustizia, attraverso seminari e laboratori sugli strumenti normativi, a beneficio di enti locali, università e centri di ricerca, cittadinanza attiva e operatori culturali. Al suo attivo ha tantissime pubblicazioni dedicate al mondo della cosiddetta caccia alle streghe tra le quali: Streghe, eretici e benandanti del Friuli Venezia Giulia. Processi, rituali e tradizioni di una terra magica (Bolsena 2021), Streghe, avvelenatrici e cortigiane di Roma. Il quaderno, le pozioni e gli archibugi (Bolsena 2022). Per le Edizioni Penne e Papiri: Stregoneria: crimine femminile. Il caso di Donna Prudentia, la Lamia di Blera, e altre streghe, Tuscania 2018.

Monia Montechiarini autrice, come ti descriveresti?

Appassionata, professionale, determinata e convinta.

Sono questi gli aggettivi che più mi rappresentano, sia come autrice che nella vita privata.

Ricordo ancora quando incontrai per la prima volta Donna Prudentia, la strega Lamia, e il manoscritto risalente all’anno 1588 esaminato per la tesi in Giurisprudenza sul modus operandi delle magistrature a partire dal Medioevo, divenuto poi la base per il primo saggio storico presentato anche al Festival del Medioevo di Gubbio, la rassegna di divulgazione storica tra le più autorevoli d’Europa.

Il mio motto è “faccio solo quello in cui credo”, ed è proprio ridando voce al passato, a chi non ha goduto delle minime garanzie processuali, come quella prima accusata, che mi sento pienamente realizzata. La cura dei dettagli, la curiosità “vivace” hanno sempre fatto parte della mia vita, ben prima della laurea a Siena, attitudini che la mia famiglia, fortunatamente, ha sempre sostenuto e incentivato. Ho potuto metterle in pratica mentre svolgevo la mia professione, nelle difese d’ufficio e nella creazione di progetti tesi alla prevenzione dei reati sui minori e contro la violenza sulle donne e di genere, grazie alla collaborazione con tante istituzioni.

Sicuramente l’amore per il diritto e per la storia hanno sempre animato la mia vita, per questo ho proseguito con vari Master in Europa, a partire da quello con il CNR e la Società Italiana per le Organizzazioni Internazionali, fino a quello presso l’Università spagnola, dove si sono fuse tra loro, prendendo forma nella mia attuale professione come autrice, ricercatrice e divulgatrice storica. Da oltre 25 anni posso impiegare gli insegnamenti appresi nel mondo giuridico (conoscenza delle leggi, interpretazione di esse e della ratio legis, costruzione delle scene del crimine e disamina dei documenti in varie lingue) collaborando con la rete di enti del mio studio (Università di Cipro, comuni della Lettonia, istituti di ricerca in Scozia, istituzioni culturali in Spagna ecc.) concretizzando così i miei ideali, in primis quello della giustizia e del riconoscimento dei diritti umani.

 L’esame dei processi contro le streghe e la riscoperta dei “personaggi minori” nascosti ancora negli archivi e che i libri di storia non raccontano, in realtà li pone al centro della storia di fatto, dando una identità reale a contadine, imprenditrici, attiviste ecc. e a molte altre figure che, citando un manoscritto del XV secolo, “portavano disordine nella comunità”.

Da “tecnica” mi arrabbio quando identifico superficialità nell’affrontare alcuni argomenti o strumentalizzazione, quindi prima di compiere una affermazione, mi documento personalmente al fine di argomentarla con i fatti, piuttosto che con i soliti “per sentito dire” come avviene spesso per le descrizioni di sabba e indagini sui veri motivi nascosti dietro alle accuse.

Da molti anni ormai ti occupi di ricerche per ricostruire i processi di stregoneria. Quando e come è nato il bisogno di ridar voce alle vittime ingiustamente accusate?

Fin da piccola ero schierata in prima linea, potremmo dire fila in questo caso, a difendere i più deboli, e in merito voglio condividere per la prima volta due aneddoti utili per capire la mia vocazione: avevo una migliore amica e con lei condividevo il primo banco a scuola. Era una bambina decisamente timida, contrariamente alla sottoscritta, una Monia di 6 anni già determinata e senza la minima traccia di reticenza nel far valere le proprie ragioni e rimostranze. In quella occasione (era il primo giorno di frequenza della prima classe elementare vicino Roma) un’altra studentessa decise di gettare la cartella della mia “amichetta” fuori dalla finestra, perché voleva sedere al mio fianco al suo posto.

La reazione fu immediata: io non esitai a recuperare l’oggetto del contendere così da porre fine alle lacrime della mia compagna, saltando fuori scavalcando il muretto (la scuola era al primo piano, per fortuna) e presentando le mie argomentazioni sul motivo di questo gesto alla maestra che si palesò improvvisamente cogliendomi in “flagranza” mentre rientravo in aula. Il risultato? Io e la mia amica potemmo trascorrere due anni sedute vicine, fino al mio trasferimento nella bellissima cittadina medievale di Tuscania, ma a casa portai non un trofeo, bensì una nota scritta a grandi lettere nel mio primo quaderno con la bella copertina a fiori. Mia madre ancora lo conserva, così come il ricordo della volta in cui dovette portarmi fuori dal cinema in Friuli durante la proiezione di Bambi: avevo iniziato a gridare contro i cacciatori responsabili dell’uccisione della sua di mamma. Non potevo accettare quel fatto e rimanere zitta seduta comodamente su una poltroncina!

Ecco, questa sono io. Non potevo che occuparmi della difesa delle streghe, non trovate?

I tuoi scritti sono caratterizzati da meticoloso lavoro di archivio, sappiamo che recuperi personalmente il materiale spostandoti in lungo e in largo in tutta Europa. Quanto è difficile reperire e consultare gli atti processuali o comunque testimonianze scritte e quali emozioni ti provoca?

 Recuperare gli atti personalmente è fondamentale per me, probabilmente frutto della mia deviazione professionale cresciuta nel mondo del diritto penale che mi porta a indagare tra le carte processuali, cercando dietro alle parole dei verbali e dei testimoni soprattutto d’accusa, di verificare la verità più plausibile delle vicende. Ricostruire le scene del crimine, recuperare ove possibile gli “oggetti di reato” custoditi spesso in modo ineccepibile all’interno di Musei o Archivi mi consente di accertare la corrispondenza tra le affermazioni (registrate nei processi) e i dati oggettivi. Questo non sarebbe stato possibile se non avessi lavorato nella progettazione europea per la storia, il turismo e i diritti umani, devo ammetterlo: solo così ho avuto la capacità e l’opportunità di creare la rete di partner tra Enti culturali in tutta l’Europa, con cui collaboro e che si sono resi sempre ben lieti della divulgazione della loro storia oltreconfine. Tra essi (il mio cuore torna sempre in Scozia), il prezioso Historic Environment Scotland (che gestisce molti archivi oltre ai castelli ecc.).

Va detto anche che spostarsi per condurre le ricerche richiede un certo impegno economico, oltre che professionale; la difficoltà spesso è rappresentata dalla traduzione degli atti e dalla interpretazione di alcune grafie con cui sono scritte, a mano, le informazioni: le parti dei verbali in gaelico scozzese, le denunce e le benedizioni in lingue diverse da quelle parlate attualmente si uniscono alle formule giuridiche in latino o tradotte nell’inglese formale ufficialmente in uso durante il Settecento. Relativamente più semplice lavorare sui casi italiani, sotto questo ultimo aspetto.

Sono tanti i dettagli che ricostruisci, senza tralasciare nulla, dalle scene del crimine alle celebrazioni dei sabba fino agli amuleti ed ai rimedi. Cosa puoi dirci in merito?

In ogni mio saggio destino una grande parte alla descrizione storica degli amuleti e degli oggetti che le streghe accusate impiegavano a corredo delle loro magie. Ognuna di essa infatti poteva disporre di una serie di oggetti personali particolarmente potenti tesi ad azionare la magia stessa, o deputati alla guarigione dei malati.  Ne ho ricostruiti molti avvalendomi della professionalità di orafi e artigiani davvero capaci e che mostro durante le lezioni e la didattica con i gruppi storici: alcuni sono davvero molto belli, ricavati da pietre preziose sormontate da lavorazioni a tema floreale altrettanto ricche; questi ultimi venivano impiegati presso le famiglie nobili e benestanti. Altri invece sono più semplici, costituiti da feticci o intrecciati in sacchetti di stoffa all’interno dei quali la brava guaritrice custodiva erbe destinate a scacciare il male manifestatosi nelle sue tante forme (dai malefici al malocchio, alle malattie come l’epilessia, la sterilità, la gotta, scrofolosi ecc.). Un panorama davvero ricco che affascina sempre adulti e giovani studenti.

Un’altra peculiarità del tuo lavoro di ricercatrice e scrittrice è dar luce e porre sotto i riflettori letterari anche storie poco conosciute. Cosa puoi dirci a riguardo?

Per ricostruire gli identikit delle streghe e andare oltre quelli che sono i “sentito dire” e superare i luoghi comuni, occorre esaminare minuziosamente i racconti dei sabba e le descrizioni nascoste tra le righe. In questa ottica assumono rilievo dunque non solo le storie di streghe che per vivere lavoravano come guaritrici, levatrici ecc. ma anche le vicende di persone dedite ad attività inusuali e meno note: imprenditrici, produttrici di whisky, tintoresse e molte altre divenute “concorrenti scomode”.

Grazie alle parole di questi personaggi minori della storia, invece possiamo costruire un passato vivo e vitale, in cui i fatti assumono una reale importanza per capire i veri interessi nascosti dietro al fenomeno della stregoneria e delle accuse. Cito ad esempio il caso delle “concubine di Satana” dedite alla produzione di burro o alla creazione di tessuti impermeabili avvalendosi di canti e benedizioni i quali non rappresentavano di certo le invocazioni demoniache, come furono descritte nei processi: si trattava invece di momenti importanti fondamentali per la lavorazione stessa. In questi casi, quello che si voleva colpire era un ceto sociale emergente che si stava trasformando in una lobby costituita da donne abili in certi settori. Se pensiamo che col burro venivano pagati i soldati in alcune zone d’Europa e che questo bene veniva esportato in grandi quantità, diventa facile capire l’importante valore economico – sociale assunto da coloro che lo lavoravano: madre e figlia, nonna e nipote vennero accusate di lanciare maledizioni e, quindi, processate strumentalizzando l’accusa.

Tra le varie donne / vittime incontrate durante le tue ricerche c’è qualcuna in particolare che hai sentito di più, emozionalmente parlando?

Sono tante le donne conosciute in questi lunghi anni di ricerche, e ognuna di loro mi ha colpito per qualche aspetto, sia essa un’abilità messa  a disposizione del prossimo, oppure la drammaticità del caso. Isobell, Lauritia, ma anche Anna sono ciascuna uniche, ma dopo Donna Prudentia, la prima strega Lamia su cui ho lavorato e di cui abbiamo parlato, la mia attenzione e in qualche modo la voglia di riscattarle, si è concentrata su due di esse: Maria e Bessie.

La prima ormai era anziana, nota per essere strega da 30 anni viveva in Friuli Venezia Giulia: si chiamava Maria e possedeva le caratteristiche di quelle creature magiche note come “Benandanti”. Era certa di trovarsi dalla parte del bene, dichiarano di “non aver fatto maleficio perché con lei i benandanti sono tutti contrari alle strighe”. Con “certi remedi ha guarito diverse persone stregate” e li vede il “giobba”, giovedì, affermano i testimoni. La sua convinzione di agire per il “Bene” mi emoziona sempre, ma quello che ho evidenziato nel libro in cui descrivo il suo caso, è che si trattasse di una “Herbera”, ossia erborista e curatrice la quale disponeva di tutte le capacità per estrarre rimedi dalle erbe e dalle piante: decotti, sacchetti e molto altro venivano offerti ai suoi clienti. Purtroppo per questo venne accusata di eresia e stregoneria, oltre che di omicidio, nel XVII secolo. Così come Bessie, una giovane donna scozzese che “incontrava le fate”, descrivendone minuziosamente le vesti e i “buoni risultati” che raggiungeva grazie alle loro informazioni.

Anch’essa conduceva una vita difficile, madre in un contesto climatico e economico difficile, dove persino la mucca era malata, così come il marito e la prole. Solo dopo quei raduni all’interno dei cerchi di pietra dove fu condotta da una misteriosa figura al cospetto della “Regina delle fate”, poté apprendere come guarire le persone, attività che la rese guaritrice agli occhi dei tanti bisognosi che accorrevano per richiedere i suoi rimedi;  purtroppo, tutti questi elementi trasformarono Bessie  in strega e adepta del diavolo agli occhi dei giudici inglesi e degli stessi concittadini che avevano usufruito dei suoi servigi. La tenerezza delle deposizioni raccolte nei verbali è davvero struggente.

C’è sicuramente tanto da imparare dalle “tue donne” a livello umano, lezioni di cui far tesoro.

Sicuramente quello che mi piace sottolineare è la presenza di un sistema di “mutuo soccorso” che spesso stava alla base delle relazioni tra donne. Come nel caso della strega accusata di eresia dal marito dopo che, lo stesso, l’aveva picchiata ripetutamente: una rete di persone intervenne per salvarla dalle terribili violenze. Mi piace anche ricordare che, in un clima di sospetto nutrito da catene interminabili di reciproche accuse, ci fossero stati degli uomini schierati in difesa delle streghe. Proprio così, rimasi incredula nel leggere le lettere di chierici scritte al tribunale per sollecitarlo ad intervenire smascherando le dure denunce sporte da un personaggio noto nel paese. Si mossero cercando di proteggere le povere accusate.

Allo stesso modo possiamo imparare dalle persone che vollero aiutare Domina Julia, accusata di stregoneria e prostituzione nel XVI secolo, di cui scrivo ampiamente nel libro “Streghe, Herbere e Madonne del Veneto”, i quali portavano del pane e altri beni alla giovane durante i giorni della sua reclusione in carcere.  Avevano ben compreso che dietro alle parole di un suo ex amante, si celava del rancore nato nel momento in cui Julia aveva deciso di sposare un altro uomo. Credo che lavorare su questi casi sia fondamentale per capire l’origine del grave fenomeno della violenza di genere, cercando di sensibilizzare il pubblico di giovani e meno giovani, sottolineando il ruolo che ciascuno ha nella prevenzione di questi gravissimi reati: la collaborazione di uomini e donne è fondamentale e sono certa che sia possibile.

Il medioevo è ancora oggi etichettato come “epoca buia”, da studiosa professionale e competente, quale è il tuo pensiero circa questo cliché.

Sono felice di questa domanda perché ritengo davvero assurdo che ancora oggi quando nel gergo comune si fa riferimento a qualcosa di deplorevole o antiquato si affermi: “è medievale”. Sbagliato, e non sono io ad affermarlo ma studiosi ben più importanti della sottoscritta con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi, come la compianta professoressa Chiara Frugoni e molti altri storici.

Diversamente da quanto si pensa è anche errato collocare le terribili persecuzioni delle streghe nel Medioevo: l’accanimento e le terribili caccie arrivano più tardi con la Controriforma.  Risalgono invece al Medioevo le opere e le gesta di personaggi femminili come Christine del Pizan e Ildegarda di Bingen, come medichesse, abili scrittrici, e ancora potenti condottiere come Matilde di Canossa contessa di Toscana e vice Regina di Italia. Donne dotate di spiccata personalità e coraggio, che furono capaci di superare le barriere del destino con determinazione: figure che sicuramente, ancora oggi, possono essere d’ispirazione per ciascuno di noi verso la piena realizzazione personale.

Risalgono a questa epoca anche i progressi e i relativi oggetti di cui godiamo ancora, in ogni settore: gli occhiali, le bussole, i bottoni ecc. Per coloro che volessero approfondire il tema, consiglio di leggere i lavori di Régine Pernoud (1909-1998), storica medievista francese che fu all’avanguardia nella rivalutazione dei “secoli bui” del Medioevo.

Quali sono i tuoi progetti nell’immediato e anche con un occhio rivolto al futuro?

Proseguo nella realizzazione di Rassegne e progetti editoriali con diverse case editrici, insieme alle conferenze nei luoghi più suggestivi d’Italia e non solo.

I corsi su “Storia della Magia attraverso lo studio delle Fonti” e “Parola di Strega” sono ormai alla settima edizione e godono di patrocini molto importanti. Nella forma on line e in presenza stanno avendo un grande successo. Sono incontri tesi a studiare seriamente l’origine della stregoneria, con un’indagine storico giuridica sui verbali di processi realmente avvenuti, ricostruendo le origini del fenomeno, quando la magia rappresentava una disciplina reale, studiata al pari della matematica, impiegata da medici e non solo. Le evidenze probatorie e l’esame di manoscritti spesso molto belli dal punto di vista anche estetico, ci conducono fino al momento in cui la conoscenza popolare e tutto ciò che era sconosciuto si trasformò in qualcosa di “fuori legge”. Con riferimento alle creature del folclore riportate nelle testimonianze come Aganis, Perchten, Selkie, e molte altre, fino alla disamina del celebre e difficile manuale “Malleus Maleficarum”, che sancì la pericolosità delle donne in possesso di certe abilità. L’ottica che predomina è quella del confronto tra casi d’Europa e Italia in un costante confronto e un esame finale.

Due nuovi libri in scrittura, uno in stampa, e nuovi appuntamenti durante la primavera, il primo per la manifestazione “Castelli Aperti” in Friuli Venezia Giulia e molti già posti in calendario fino a ottobre.

Ringrazio per questa occasione e per aver potuto incontrare nuovamente i lettori di TSD che ringrazio per la costante attenzione e, in primis, Roberto di questa bella chiacchierata.

Per approfondire vi invito a visitare il sito web www.moniamontechiarini.it

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