Personaggi Storici Viaggio nella storia

TS e Dintorni filosofici: il pensiero di Protagora

«SOCRATE: Mostri proprio di aver detto un discorso non da poco sulla conoscenza: è ciò che disse anche Protagora. Ma egli disse le stesse cose in altro modo. Disse infatti che «l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono, in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono». Le hai lette queste cose? », Platone, Teeteto.

Articolo a cura di Armando Comi

Immaginiamo l’Atene del 400 a.C.

Prima che Platone e Aristotele fondassero le proprie scuole, la filosofia si faceva in piazza. Ed è in una piazza che dobbiamo immaginare l’autore di cui parleremo oggi: Protagora.

Si tratta di uno dei maggiori esponenti della scuola filosofica dei sofisti, filosofi che non abbracciavano un solo punto di vista, ma erano disposti a modificare le proprie convinzioni a seconda delle circostanze.

Si tratta di una prospettiva che ha a lungo lasciato perplessi gli amanti delle verità assolute e del sapere unico, per primi i progenitori di ogni filosofia, ovvero Socrate e Platone, che fecero della lotta ai sofisti uno dei cardini del loro pensiero. Perché? Perché ogni filosofia che abbraccia una prospettiva assolutistica rigetta come falsa una prospettiva relativistica. In altri termini: o si sostiene l’idea che la verità sia una, La Verità, oppure di contro si accetta che le verità siano molte e che si possa cambiare la propria opinione cambiando prospettiva senza temere di essere incoerenti.

Ai primi appartiene Platone, ai secondi appartiene invece Protagora.

Cosa sosteneva Protagora?

Sosteneva che l’uomo fosse la misura della realtà, di ogni realtà, sia naturale che sociale. L’uomo misura, ovvero giudica. Le cose non hanno un valore in sé, ma sono gli uomini a darne un valore. L’uomo attribuisce alla cose del mondo importanza a partire dalla propria condizione. La ricchezza è importante in sé? L’ecologia è importante in sé? La pace è importante in sé? Protagora direbbe di no, sono importanti solo perché ci sono utili.

Il valore di un oggetto non sta nell’oggetto stesso, ma sono i nostri sensi, la nostra cultura a dare un criterio di giudizio alle cose. Che sia un’opera d’arte o un governo, cambia poco.

Allora ecco la più celebre delle frasi di Protagora e tra le più celebri della filosofia antica:

“l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono, in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono”

Ma se l’uomo è misura di tutte le cose, cos’è l’uomo per Protagora?

Ecco le tre risposte possibili:

  1. L’uomo è un singolo individuo, per cui ogni individuo giudica a modo suo, secondo i propri parametri. Ognuno vive nella propria realtà e giudica secondo il proprio filtro. Se ad esempio ho paura della notte, per me la notte sarà un incubo, se invece la notte mi piace per me sarà dolcissima. Aggiungiamo poi che ognuno ha il proprio corpo, ad esempio alto o basso, grasso o magro. Questo fa si che un’attività comune come correre, per alcuni possa essere semplicissima, per altri difficile se non impossibile. Ognuno misura secondo i propri gusti e secondo il proprio corpo.
  2. Umanità: per uomo possiamo intendere tutti gli esseri viventi dotati di cose analoghe come sensi e ragione. E siccome in quanto esseri umani siamo simili, allora alcune cose sono uguali  per tutti: l’everest è alto per tutti, il mar glaciale artico è freddo per tutti, il sonno profondo serve a tutti gli uomini. Ma è evidente che queste frasi sarebbero insensate se pensassimo all’altezza per l’aquila, al mare freddo per i pinguini o al sonno profondo per gli squali.  L’uomo insomma è capace di elaborare valori comuni solo perché siamo tutti simili e dunque pensiamo che alcuni dati del reale siano oggettivi, quando invece rappresentano solo un punto di vista.
  3. L’uomo inteso come cultura: ogni uomo è dentro una cultura, ci nasce e ci cresce. Dentro questa cultura l’essere umano matura le proprie esperienze e si crea un criterio di normalità dentro il quale inserisce alcune cose mentre ne rigetta altre. Infatti una cultura che viene in contatto con un’altra potrebbe trovarla inadeguata. Vi erano culture che mangiavano i propri morti, altre che non consentono alle donne di essere libere, altre dove gli uomini potevano truccarsi, altre ancora dove si mangiano insetti, ecc.

Aree geografiche o distanze storiche portano con sè un sistema di valori. Questo porta a sostenere che non esiste una verità , ma solo le verità. Questo si chiama relativismo culturale.

Quale è allora la Verità con la V maiuscola?

Nessuna. 

E come scelgo un valore?

Protagora risponderebbe: quando un bene è utile a tutti e non solo a una singola persona. Ciò che infatti è utile solo a una persona, potrebbe creare malcontento e diventare svantaggioso. Il male è l’egoismo, non solo un male per gli altri, ma un male che prima o poi si ritorcerà contro l’egoista stesso.

Frammento attribuito a Protagora o di scuola protagorea:

«Presso i Macedoni si ritiene bello che le fanciulle prima di sposarsi amino e si congiungano con un uomo, e dopo le nozze, brutto; presso i Greci, è brutta l’una e l’altra cosa. Gli Sciti ritengono bello che uno, dopo aver ammazzato un uomo e averne scuoiata la testa, ne porti in giro la chioma posta dinanzi al cavallo, e dopo averne indorato il cranio, con esso beva e faccia libagioni agli dei; invece, presso i Greci neppure si vorrebbe entrare nella casa di uno che avesse compiuto tali cose. I Massageti squartano i genitori e se li mangiano, perché pensano che l’esser sepolti nei propri figli sia la più bella sepoltura; invece se qualcuno lo facesse in Grecia, cacciato in bando morirebbe con infamia, come autore di cose turpi e terribili. I Persiani reputano bello che anche gli uomini si adornino come donne, e si congiungano con la figlia, con la madre, con la sorella; per i Greci son cose turpi e contro legge. Presso i Lidi, che le fanciulle si sposino dopo essersi prostituite per denaro, sembra bello, presso i Greci, nessuno le vorrebbe sposare. Anche gli Egizi non s’accordan con noi su ciò che è bello; qui è ritenuto bello che sian le donne a tessere e filar la lana; lì invece gli uomini, e che le donne facciano quel che qui fanno gli uomini. Impastare l’argilla con le mani, e la farina coi piedi, lì è bello, ma per noi è tutto il contrario» Frammento attribuito a Protagora o di scuola protagorea.

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