Congiure: tempo di trame e sospetti
Dalla storia antica a quella moderna le congiure e i complotti hanno avuto un ruolo importante; chi detiene il potere o chi lo vuole conquistare è disposto a tutto, spesso uomini e donne nel nome di una lotta alla tirannia nascondono interessi personali. Intrighi di corte, cospirazioni e omicidi, hanno segnato la nostra storia con sordide trame, spesso terminate in cruenti fatti di sangue.
I grandi personaggi della storia sono stati coinvolti in congiure e, con al loro fianco figure minori spesso diaboliche, hanno tramato per ottenere il potere. Alcuni di questi complotti andarono a segno, mentre altri fallirono grazie al “solito” traditore pronto a vendersi alla vittima di turno, tradendo la stessa congiura per emergere: la triste ossessione dell’uomo per la conquista del potere, sempre e a qualunque costo.
Uno dei periodi in cui le congiure e gli intrighi hanno un ruolo importante nella politica dei vari stati italiani è il XV secolo. Nel periodo che va dal 1385 al 1600 vengono scoperte più di 140 congiure destinate all’eliminazione di principi o di chi detiene il potere. La maggior parte delle quali terminano con uccisioni e le vittime sono per lo più i congiurati stessi.
Per esempio, Cosimo I nei suoi 28 anni di potere sul ducato di Toscana scoprì otto congiure contro di lui, quattro delle quali si rivelarono false; contro Lorenzo il Magnifico furono orditi due complotti, il primo nel 1478 (la famosa congiura dei Pazzi) e l’altro nel 1481; il signore di Bologna Giovanni Bentivoglio nel 1488 subì la congiura dei Malvezzi; Benedetto Accolti attentò alla vita di papa Pio IV nel 1564.
Le congiure furono atti sia religiosi che politici, spesso i congiurati manifestavano un grande fervore religioso. La chiesa venne spesso scelta come luogo del crimine, i delitti si svolsero prevalentemente in occasione di grandi feste religiose. I congiurati fecero sovente ricorso a ecclesiastici che in più occasioni diventarono la parte più estrema della congiura.
Pericolo a corte
Alfonso d’Este duca di Ferrara fu minacciato da non meno di sei cospirazioni. Devoto alla chiesa ma schierato quasi sempre con i francesi era in forte contrasto con il papato. Si racconta che papa Leone X avrebbe cercato di corrompere uno dei servitori del duca perché lo assassinasse.
Molti principi italiani vivendo nell’inquietudine moltiplicarono le misure di sicurezza e si circondarono di guardie del corpo per difesa della loro persona. Ludovico Sforza signore di Milano, per esempio, assoldò una guardia del corpo personale con più di 200 uomini. In quel tempo era facile reclutare spadaccini o soldati pronti ad uccidere per meno di 50 scudi. I principi del Rinascimento ricorreranno spesso a questi sicari per assassinare nemici o come forze attive nelle congiure.
Psicosi e veleni
Una minaccia presente in quel tempo era la paura del veleno (famose le sperimentazioni dei Granduchi di Toscana o di Caterina Sforza conosciuta per le sue ricerche sui veleni), ma la possibilità di reperirlo era molto scarsa, le sostanze tossiche erano spesso instabili e frequentemente inefficaci.
Fra tante “ricette mortali“ vi sono: la cantarella di Giambattista della Porta, l’acquetta di Perugia forse importata in Italia dagli Angiò e molto in “voga” negli ambienti ecclesiastici di Roma, i prelibati piatti a base di funghi velenosi offerti da Lucrezia Borgia ai suoi ospiti, la terribile acqua Tofana messa punto da Giulia Tofana che le diede il nome.
La cantarella è un filtro che rese famosa la famiglia Borgia di Roma. È una porzione velenosa ottenuta facendo evaporare urina in un contenitore di rame e mescolando i sali così ottenuti con arsenico: il tutto ha una elevatissimo grado di tossicità.
Molte furono le vittime di questo miscuglio mortale, uno per tutti papa Clemente XIV, morto nel 1774 vittima, si dice, dei Gesuiti di cui aveva soppresso la Compagnia.
Le congiure molto spesso non erano rese pubbliche non solo dalle autorità politiche ma anche dai cronisti del tempo, principalmente per non ammettere che il sovrano era contestato.
Complotti inesistenti
Sono molte le false congiure che, nel tempo, vengono inventate da chi deteneva il potere per vari interessi personali o politici. Per esempio, nel 1580 venne scoperta una congiura contro il duca di Ferrara da parte del duca di Firenze dopo una confessione di Camillo Dardeseda che stava per essere giustiziato. Il reo confesso rivelerà successivamente di essersi inventato tutto allo scopo di salvarsi la vita.
L’unione fa la forza
Le Congiure erano spesso ordite e condivise da più cospiratori ed alleati. Ad esempio nel 1478 la famiglia dei Pazzi, nella loro congiura contro Lorenzo dei Medici furono appoggiati dal re di Napoli, dal duca di Urbino e da papa Sisto IV.
Le congiure contro il casato dei Medici del 1522 e nel 1559 furono sostenute dal re di Francia.
Il Doge Marino Faliero
Una famosa congiura fu ordita da Marino Faliero, unico Doge della repubblica di Venezia che fu accusato di aver complottato contro l’egemonia del patriziato di Venezia. Aveva quasi 80 anni e aveva ricoperto la carica di doge solo per pochi mesi ma nonostante questo, il doge Marino Faliero fu sicuramente il più famoso amministratore di Venezia.
In realtà sembra strano che un personaggio come Faliero dal grande prestigio personale e familiare, ricchissimo e avanti con gli anni, si sia trovato in una situazione del genere. La motivazione ufficiale viene data dalle ingiurie rivolte da un giovane e arrogante gentiluomo (il futuro doge Michele Steno) e da alcuni rampolli di famiglie aristocratiche veneziane alla Dogaressa nominata Lodovica o Eloisaa, sua bellissima e giovane moglie, durante un ballo a Palazzo Ducale. Gli autori di questo oltraggio vennero allontanati e puniti con pene leggerissime.
Il Doge Faliero si sentì oltraggiato nell’onore, e non sentendosi tutelato dal tribunale dei Quaranta, ordì una congiura che avrebbe dovuto farlo diventare signore e padrone della città, con il non indifferente vantaggio di assicurare alla sua famiglia il dominio su Venezia. Questo è un movente assai più plausibile: il potere per sé e per i propri discendenti, nella fattispecie il nipote Fantino.
Approfittando del malcontento che Venezia stava vivendo in quel periodo, ordì la congiura che prevedeva di sbarazzarsi dell’incapace aristocrazia veneziana: i congiurati avrebbero ucciso in Piazza San Marco, la notte del 15 aprile, tutti i membri dell’aristocrazia al rintocco della campana fatta suonare dal doge. Ma un certo Beltrame, ricco pellicciaio, si confidò con un nobilomo, tale Nicolò Lioni, e un certo Marco Nigro riferì la trama al suo patrono Jacopo Contarini per salvarlo dall’omicidio. I due avvisati corsero dal Consiglio dei Dieci per informare della congiura. Dopo una notte di alacre lavoro per smascherare i congiurati, si scoprì il coinvolgimento del Doge Faliero. Finì male per molti congiurati, impiccati alle colonne rosse della loggia di Palazzo Ducale già il 16 aprile 1335. Il Doge venne invece decapitato sullo scalone di Palazzo Ducale, proprio là dove aveva giurato fedeltà alla Repubblica.
Galeazzo Maria Sforza
Una congiura per combattere la tirannia fu quella ordita da alcuni membri dell’aristocrazia milanese con lo scopo di stroncare il dominio del duca Galeazzo Maria Sforza e l’egemonia degli stessi Sforza, probabilmente con la complicità del re di Francia. Gli esecutori materiali tra i congiurati, Giovan Andrea Lampugnano, Girolamo Olgiati, Carlo Visconti erano motivati da un odio personale verso il duca. Il duca infatti era persona arrogante e presuntuosa, un giorno rapì alcune nobildonne di casa Visconti e degli Olgiati e, dopo averne abusato, le fece prostituire.
Galeazzo altresì privò di alcune rendite il nobile Andrea Lampugnani, provocando la reazione della sua nobile famiglia. Il 26 dicembre 1476 i tre congiurati, seguiti da undici sgherri, nella Basilica di Santo Stefano Maggiore pugnalarono a morte il duca Galeazzo.
I tre dopo l’assassinio, approfittando della confusione creatasi in chiesa si diedero alla fuga, ma il Lampugnani venne colpito a morte da una guardia del Duca, mentre un suo domestico, anche lui un congiurato, venne catturato e, torturato, raccontò tutto.
Sia il Visconti che l’Olgiati vennero catturati, torturati e uccisi. Anche gli altri congiurati catturati in chiesa vennero condotti al Castello dove saranno squartati, impiccati sulle merlate e lasciati esposti come monito al popolo. Del corpo di Galeazzo Sforza non si seppe più nulla, probabilmente fu sepolto di nascosto in un luogo imprecisato.