Narrativa recensioni

L’amante di Chopin – Rita Charbonnier

Recensione a cura di Laura Pitzalis

“L’amante di Chopin” di Rita Charbonnier è un libro splendido che racconta, romanzando ben poco, il rapporto tra Fryderyk Chopin e George Sand al secolo Amantine Aurore Lucile Dupin, una storia d’amore distruttiva, folle, insensata, innaturale e “maledetta”.

 “Maledetta” perché fra due persone diversissime, lui riservato, dai modi eleganti e aristocratici, molto affascinante, un genio musicale dal carattere non semplice, malinconico, malato, fragilissimo. Lei una donna pazzesca, focosa, battagliera, che prese parte attiva alla rivoluzione del 1848, che portava i pantaloni ma solo per poter accedere a circoli che erano preclusi alle donne, che si poneva in modo decisamente anticonformista nella società parigina del tempo fumando il sigaretto in pubblico, che scriveva guadagnandosi da vivere con i suoi numerosi romanzi, separata con due figli, Solange e Maurice,(che avranno grande spazio nel romanzo della Charbonnier), forte, determinata, aperta ad ogni tipo di relazione sentimentale, anche femminile. E per questo chiacchierata sia all’epoca che oggi. Da noi è poco conosciuta difficile trovare le sue opere, e pensare che ha scritto tantissimo e di tutto e in quel periodo surclassò addirittura Victor Hugo anche se quest’ultimo si legge, si studia e lei un po’ meno.

“Lei non è stata solo ‘l’amante di Chopin’. Prima, durante e dopo Chopin è stata mille altre cose … lei era un grandissimo personaggio di per sé. Non è esistita solo in relazione all’influenza che ha avuto su Chopin, ha avuto un ruolo autonomo di grande forza. Ed è questo che di lei, ancora oggi, dà fastidio”

Una donna “fastidiosa” come tutte le donne che vivono la loro libertà, che ha fatto delle cose che di solito le donne all’epoca sua non facevano. È difficile non empatizzare con lei, non sostenerla nelle sue battaglie contro la morale collettiva, contro l’immagine che la donna dell’800 aveva che, purtroppo, per alcuni versi, non è tanto diversa da quella che si ha oggi. Una protofemminista, potremo dire anche se criticata dalle stesse femministe perché contraria al voto alle donne. Ma aveva ragione:

Lei non crede alla partecipazione delle donne alla vita politica né alla battaglia per il diritto di voto: non ancora. Finché la donna dipenderà moralmente e materialmente dall’uomo, non potrà avere un’indipendenza politica. Bisogna occuparsi dei diritti civili, prima che dei diritti civici”

Ricordiamo che in quel periodo era in vigore il Codice Napoleonico che stabiliva che le donne nel momento in cui si sposavano perdevano ogni diritto: se avevano dei beni diventavano proprietà del marito e potevano studiare, viaggiare, lavorare solo se il marito dava loro il permesso. Erano, quindi, in una condizione di totale sudditanza. Chiaro che in queste condizioni una donna non può avere l’autonomia di pensiero e faranno anche in politica quello che verrà detto loro di fare dai mariti.

Questo suo essere le ha procurato molti detrattori che spesso la identificano come la donna che ha rovinato il povero Chopin, per aver avuto un’influenza negativa su di lui, per averlo trascinato sulle isole Baleari durante l’inverno più rigido, compromettendone ulteriormente la salute polmonare. In sintesi, senza l’influenza di quella donna eccentrica, la vita di Chopin avrebbe preso una piega diversa, prolungandosi nel tempo e regalandoci ulteriori capolavori.

E invece non fu così e Rita Charbonnier in questo romanzo ha voluto riabilitarla descrivendola in una prospettiva molto diversa, facendoci viaggiare all’interno della musica, dei sentimenti ma soprattutto di una umanità straordinaria. Nel corso del loro amore, durato dieci anni, hanno generato romanzi, giornali rivoluzionari, musiche indimenticabili.

C’è un filo profondo che la lega a quel genio polacco del pianoforte, un uomo fragile di cui ha capito tutto standogli al fianco nel periodo più florido ma anche tormentato della sua vita, consigliandolo, dandogli sicurezza e curandolo. Questo filo è la passione per la sua musica, George è assolutamente travolta dall’arte di Chopin:

L’artista sembra vagare tra i tasti alla ricerca di qualcosa, forse di una sonorità particolare, di una nota, o una combinazione di note, che abbia per lui un significato specifico; e a lei sembra di percepire una successione di colori, un arancione che galoppa, un indaco che ribolle, un grigio che decanta, e poi, il blu. È un azzurro chiaro e scintillante, che corrisponde a una leggera dissonanza; una nota ribattuta, insistita, che un purista potrebbe persino criticare, ma è proprio la sua eccentricità a renderla ammaliante.”

La “Nota Blu”, particolare nota musicale che solo la Sand sentiva nell’improvvisazioni che Chopin eseguiva nei concerti salottieri, una nota dissonante alla quale attribuiva il colore blu e che potrebbe riportarci alla “Blu Note” della musica Jazz e del Blues.

Nella realtà, e questi sono dati documentati, Chopin, durante i nove anni in cui è stato con lei, ha composto la maggior parte di quelle che la critica tutt’ora considera le sue opere migliori, durante le estati trascorse insieme a Nohant, dove George aveva una villa ereditata dalla nonna, componendo opere assolutamente sublimi e poi a Maiorca, dove lui si ammalò gravemente per il troppo freddo: nelle gelide stanze di un antico monastero, da un pianoforte sgangherato nascono una buona parte dei “Preludi, op.28“, capolavori incredibili, opera d’arte pura.

Le pagine che raccontano la composizione dei Preludi sono momenti di forte impatto letterario ed emozionale in cui si riesce a comprendere quanto quell’amore fosse per Chopin un tutt’unico con la propria esistenza.

La musica non ha mai perso il potere di instaurare con lei un dialogo intimo, esclusivo. Suonando, lui non guarda la tastiera, guarda lei. Vaga tra mille soluzioni, sperimenta, poi si mette alla ricerca di qualcosa di ancora di diverso, qualcosa che ha in mente e a cui intende dare la forma perfetta; si china, si curva sui tasti, un attimo di sospensione, ed ecco che arriva la nota blu. La nota che si sposa in modo irripetibile con l’energia di quel momento; la nota che solo Aurore sa riconoscere e nella quale dimentica ogni cosa.”

“Delicato”, ecco la parola che può racchiudere l’essenza di questo romanzo, perché Rita Charbonnier ha raccontato questa relazione così particolare con grande delicatezza non soffermandosi su fatti, anche un po’ morbosi, che sono stati asseriti non solo al loro tempo ma anche dai biografi successivi e da altre opere di finzione. Ad esempio, una presunta relazione tra la figlia della Sand, Solange, e Chopin …

Un romanzo storico che si svolge, però, su due piani temporali, paralleli. Alla storia di George e Fryderyk, si alterna, nei capitoli, un racconto di fantasia che si apre nella contemporaneità con una compagnia teatrale che a Genova sta per mettere in scena proprio un’opera dal titolo “L’amante di Chopin”. Questa storia, dove l’ironia la fa da padrone, l’ho apprezzata tantissimo perché si sorride, si respira creando degli intermezzi “leggeri” e brillanti alla storia principale che invece è di grande precisione e rigore storico.

Qui la protagonista è una giovane attrice, Aurora, che nella rappresentazione teatrale interpreta George Sand. Durante lo svolgimento delle prove si trova spesso a contrastare un burbero regista poco incline a riconoscere l’importanza della Sand, rappresentando così il modo di pensare retrogrado e, diciamo, un po’ maschilista di chi considera le persone incisive, autonome e indipendenti come figure sostanzialmente insopportabili.

“Mi spieghi perché hai deciso di occuparti di questa donna? Cosa volevi raccontare?” “Ho deciso di occuparmene fino a un certo punto, visto che il lavoro mi è stato commissionato, ma è ovvio, no? La grande donna dietro il grande uomo, la donna nell’ombra e compagnia cantante”.

Un cenno, infine, alla copertina del libro che mi ha colpito moltissimo per l’immagine molto bella: Fryderyk Chopin e George Sand, lui vestito da donna, lei da uomo, disegnati come le figurine di carta che si usavano quando io ero piccola, figurine di bambole sulle quali si applicavano i vestiti con delle linguette. Anche qui i loro vestiti hanno le linguette a simboleggiare il gioco di scambio d’abiti che la dice lunga sull’indole di questi due personaggi eccezionali, soprattutto della Sand.

Per chi volesse ascoltare, mentre legge “L’ amante di Chopin”, i brani musicali presenti nel romanzo, questo è il sito della Charbonnier dove potete trovare l’elenco delle composizioni e i numeri di pagina del libro in cui sono citate:


pro

L’ennesima prova che quando si racconta la storia attraverso la letteratura, la si riesce a rendere più “visibile”, più viva.

Nel romanzo c’è moltissima arte, si racconta questa società straordinaria fatta di poeti, di scrittori, di pittori e musicisti. Rita Charbonnier ha ricostruito nel suo romanzo gli incontri, le discussioni e i loro discorsi riuscendo a costruire una sinergia fra le diverse arti.

contro

Nulla, proprio nulla.

SINOSSI

Femmineo lui, mascolina lei. Lui scrive note, lei parole. Sono entrambi nordici: il loro incontro avviene a Parigi, poi nel cuore del Mediterraneo, tra Provenza e Maiorca. Di cosa è fatta la scintilla che scocca quando due geni – lei è già una leggenda, lui inizia a stupire pubblico e critica – si incontrano e si innamorano? Quali sono le ‘conseguenze dell’amore’, quali le onde creative, quali le tempeste emotive, le gelosie che si scatenano, se a innamorarsi sono una scrittrice controcorrente, basta il nome – George Sand – e un pianista e compositore senza paragoni come Fryderyk Chopin? Questo romanzo entra nelle pieghe di due grandi vite, e insieme a loro racconta parte dei mondi che hanno creato.

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.