Narrativa recensioni

Recensione de “Il mistero del codice Fibonacci” – Marco Ciccarelli e Bruno Di Marco

Recensione a cura di Roberto Orsi

“Fibonacci. Un nome strano, mai sentito. Forse non proprio un nome, in realtà. Giuliano aveva detto che non si capiva cosa intendesse il maestro Paolo di Buoninsegna quando, nel frontespizio, faceva riferimento all’autore con quel Fibonacci. Poteva essere il nome come la località di provenienza”.

Leonardo Pisano, detto il Fibonacci, fu un matematico italiano nato a Pisa nel XII secolo. Considerato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, Leonardo si potrebbe definire come il padre della matematica moderna. Fu lui a introdurre nella nostra cultura l’utilizzo dei numeri “indiani”, così come li definiva. Si tratta proprio dei numeri arabi che utilizziamo ancora oggi. Nel 1202 Fibonacci scrisse e pubblicò il trattato “Liber abaci”: un’opera in quindici capitoli la cui maggior rivoluzione del tempo consiste nell’introduzione delle cifre da 1 a 9 e l’inserimento del segno 0 che fino a quel momento non era stato ancora utilizzato.

Proprio in questo trattato vengono poste le basi della numerazione posizionale: le stesse cifre assumono valore diverso a seconda della posizione in cui sono inserite all’interno del numero. Ecco quindi introdotto il concetto di unità, decine, centinaia, migliaia e così via.

E su questo trattato, oltre che sulla figura di Fibonacci stesso, ruotano le vicende del nuovo thriller storico di Marcello Ciccarelli e Bruno Di Marco, targato Newton Compton Editori.

Leonardo Pisano detto il Fibonacci

Il vecchio converso Ventura, nel 1274, dopo una vita da girovago, trascorre gli ultimi anni della sua esistenza nell’Abbazia di Fossanova con il compito di trasmettere la propria conoscenza di costruttore e architetto ai più giovani. L’Abbazia è sinonimo di ordine e sobrietà che evocano il mistero divino. È il luogo che cela il segreto dell’architettura cistercense, l’ordine ad quadratum, il quadrato regola la pianta dell’edificio secondo gli insegnamenti di Bernardo di Chiaravalle.

Un ospite di riguardo è giunto, sul finire del suo cammino, in Abbazia: si tratta del filosofo Tommaso d’Aquino. Ventura, incaricato dall’abate di assistere Tommaso al capezzale, coglie l’occasione per raccontargli una storia avvenuta settant’anni prima, nel 1204, quando venne incaricato di accompagnare un monaco, di nome Giuliano, a Pisa alla ricerca proprio del Liber Abaci di Fibonacci.

Inizia quindi un viaggio avventuroso sulle tracce del matematico rivoluzionario da Pisa alla Sardegna, fino a Costantinopoli passando per l’odierna Tunisia, la città di Palermo allora Balermus, e le isole greche. Nella città di Pisa i due si imbattono nel maestro Paolo di Buoninsegna il quale, pochi anni prima, era riuscito a incontrare Fibonacci e a copiare alcune pagine del trattato Liber Abaci. La copia, però, non è completa e il monaco Giuliano è intenzionato a ritrovare l’originale, ovunque esso sia nascosto.

“La filosofia è la forma suprema di esercizio della ragione, e quindi è riservata a pochi. La religione, invece, parla un linguaggio comprensibile a tutti.”

Le pagine del romanzo sono intrise di azione e dialoghi, con l’inserimento in modo curato e mai noioso di passaggi legati agli studi del tempo. Leonardo Pisano, detto il Fibonacci, fu un rivoluzionario incredibile: basti pensare che siamo in pieno medioevo e il conflitto tra fede e ragione è ancora molto acceso. Sono gli anni delle Crociate, gli anni dello scontro tra Impero e papato: Federico II al tempo del racconto ha appena 10 anni ma già da qualche anno ha ricevuto la corona del Regno di Sicilia dalla madre Costanza d’Altavilla che lo ha posto sotto la tutela di Papa Innocenzo III.

Un periodo di grande fermento commerciale e culturale. I commerci di città come quelle di Pisa, Genova e Venezia, con il nord Africa e il medio oriente, pongono il Mar Mediterraneo al centro della scena. Lo scambio di materiali si affianca alla promiscuità delle culture e delle conoscenze. Lo stesso Federico II passerà alla storia per il rapporto di “vicinanza” che ebbe con il popolo islamico.

Il mare è l’anima del commercio e il Liber Abaci è capace di sparigliare le carte in tavola e stravolgere le consuetudini negli affari tra i mercanti. Ventura e Giuliano sulla loro strada trovano più di un personaggio disposto a tutto per evitare che certi insegnamenti vengano alla luce e siano diffusi tra il popolo.

La conoscenza dettata dal ragionamento matematico minaccia quelle che sono le basi della teologia. Ragione e fede, un incontro-scontro che per ancora diversi anni a venire segnerà le sorti di molti individui e che, ancora oggi, non ha trovato una pace e un accordo definitivo.

“Ratio e fides si completano e offrono all’uomo le risposte che cerca. La filosofia è il preambolum fidei, una sorta di introduzione, un aiuto alla fede. E la teologia è il completamento della filosofia, la migliora”.

Le parole di Tommaso d’Aquino riassumono perfettamente questo concetto. Non c’è fede senza ragione e viceversa. I due concetti non sono necessariamente contrapposti ma possono trovare un nesso causale come punto di incontro.

Il personaggio del protagonista, Ventura, appassiona per la sua parabola descrittiva: un giovane di grandi prospettive, dagli alti valori morali, con un passato misterioso, un evento tragico che lo porta a rifugiarsi tra le mura dell’Abbazia di Fossanova dove reinventare la propria vita, alle prese con un’avventura dai contorni sfumati quanto pericolosi. Settant’anni dopo lo ritroviamo saggio e maturo, pur con quel pizzico di melanconia nel ricordare l’avventura che lo vide protagonista, in una sorta di confessione a Tommaso D’Aquino quasi a volerne cercare il conforto e la comprensione.

Il monaco Giuliano è un personaggio tenace, volitivo, disposto a qualunque cosa per ritrovare Fibonacci e il suo trattato. Anche lui nasconde un segreto che non può assolutamente rivelare pena, probabilmente, il fallimento della missione.

Un romanzo di intrattenimento che non disdegna tanti passaggi di approfondimento storico: dalla architettura ecclesiastica agli insegnamenti filosofici, dalle argomentazioni matematiche e contabili dei commerci d’oltremare, agli assalti in battaglia nell’ambito delle crociate, dalla vita cistercense ai viaggi per mare con le loro difficoltà nella vita di bordo.

Un thriller storico nei numeri e per i numeri, dove la Storia viene raccontata nel modo giusto con quella dose di intrattenimento e leggerezza che certi romanzi vogliono donare al lettore.

Trama

Anno 1274. Il vecchio Ventura è al capezzale di Tommaso d’Aquino. Per distogliersi dalle sue sofferenze, il moribondo gli chiede di narrargli una storia. Anno 1204. Ventura, giovane converso, riceve l’incarico di scortare il monaco Giuliano dall’abbazia di Fossanova a Pisa. I motivi del viaggio saranno svelati solo una volta giunti a destinazione: il monaco è alla ricerca del misterioso Liber Abaci , un codice in grado di rivelare i più reconditi segreti della matematica. Una volta giunti in città, i due religiosi si mettono sulle tracce del libro, ma la loro missione si rivela da subito più ardua del previsto. Non solo pare che quasi nessuno sia a conoscenza dell’esistenza del codice, ma i pochi che ne hanno sentito parlare sembrano fare di tutto per non rivelare dove si trovi. La ricerca condurrà Giuliano e Ventura in un lungo viaggio per mare e per terra sulle tracce del libro misterioso e del suo autore, il geniale matematico Leonardo Fibonacci. Ma alle loro spalle, qualcuno segue i loro passi. Qualcuno disposto anche a uccidere pur di non vedere rivelati i segreti di quel codice…

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