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Mese Storico – Le donne di potere: l’imperatrice Cixi

Nata sotto il nome di Yulan, è a tutti nota come Imperatrice Madre Cixi. È stata una delle donne più potenti dell’impero cinese; ma la Storia di lei ci ha consegnato il ritratto di una donna ignorante, ambiziosa, una usurpatrice, una dittatrice sanguinaria, xenofoba e contraria a ogni riforma e ammodernamento del Paese; a lei sono ascritte le numerose sciagure che subì la Cina nel secondo Ottocento, nonché la responsabilità del crollo del Sistema Imperiale.

Solo di recente, grazie all’apertura della Cina a partire dagli anni ’90, si sono potuti studiare nuovi documenti che la riguardano e così, pur restando una figura assai controversa, da molti sinologi è stata rivalutata e con lei la storia degli ultimi anni della dinastia Ching.  

Nata in seno a una  famiglia appartenente alla piccola nobiltà Mancese, e quindi “straniera”, non visse in condizione particolarmente lussuose, e nel 1850, sedicenne, fu tra le decine di candidate all’harem del nuovo imperatore, il giovane, e purtroppo per la Cina, incapace, Xianfeng (che regnerà fino al 1861).

Yulan venne scelta e accolta a palazzo come concubina di quinto livello, decisamente basso, mentre, come Imperatrice venne scelta la principessa Zhen: Zhen e la futura Cixi sarebbero diventate non solo amiche ma anche alleate. Infatti insieme si ritrovano alla regia dopo e all’ideazione prima di un sordido colpo di Stato quando l’imperatore Xianfeng – indolente, poco interessato all’arte di governo e dedito all’alcool e all’oppio – si spense lasciando un Paese devastatao dalla seconda guerra dell’oppio e dalla ribellione contadina dei Taiping.

In attesa che il successore designato Tongzhi, figlio del defunto imperatore e della concubina Yulan, raggiungesse la maggiore età, il potere fu così gestito da un consiglio di reggenza composto dai nobili tradizionalisti

Ed è in questo momento che entrano in scena l’imperatrice Zhen e Yulan-Cixi che rivelò tutta la sua forte personalità, il suo grande acume politico, mettendo in campo ambizione e carisma.

Fu infatti la prima a rendersi conto che il protrarsi della politica di odio incondizionato nei confronti dell’Occidente, che aveva causato la guerra e che era fortemente sostenuto dai nobili tradizionalisti, avrebbe portato alla distruzione dell’impero.

Così, estromise i reggenti, ma poiché ufficialmente non aveva alcun potere, si fece dare dal consiglio i due sigilli reali che spettavano al piccolo imperatore, con i quali validare i decreti emanati dallo stesso consiglio, essendo il bambino troppo piccolo per redigere gli atti di proprio pugno con inchiostro rosso, come voleva la tradizione cinese.

Successivamente, con il benestare e l’appoggio di Zhen, davanti ai consiglieri reggenti e in presenza di Tongzhi, chiesero di partecipare al governo del Paese: i reggenti rifiutarono in malo modo e con le loro grida spaventarono il bambino che scoppiò a piangere: ed ecco il colpo di stato! L’aver turbato e fatto piangere l’imperatore era un atto sacrilego punito con la morte. E così fu! Tolti di mezzo i reggenti, il governo passò tutto nelle mani delle due donne, anche se fu Cixi quella che, di fatto, prese il potere, e lo tenne, a fasi alterne, dal 1861 al 1908.

Più di cinquant’anni di governo imperiale durante i quali Cixi influì in maniera decisiva sulle sorti della Cina, eludendo moltissimi vincoli che il rigido protocollo di corte poneva alle donne: presenziava alle udienze ufficiali celata dietro un paravento, per rimanere invisibile ai ministri, non si introdusse mai negli spazi della Città Proibita riservati all’imperatore e si circondò di uomini fidatissimi che praticamente dovevano solo scrupolosamente applicare e attuare le sue decisioni. Fu per queste cose che il merito dei suoi successi fu sempre attribuito ad altri, e lei si guadagnò la fama di cospiratrice astuta e sanguinaria.

Nonostante il suo operato fosse costantemente criticato, Cixi riuscì a ottenere numerose “vittorie” per il Paese: ne risanò il bilancio, creò un potente esercito e aprì la Cina all’Occidente, cosa che le fece ottenere il loro intervento attivo nella ribellione dei Taiping – che giunse al termine creando un clima di pace nel Paese.

Fu inoltre accorta nel farsi da parte ogni qual volta un erede al trono era pronto a prendere il potere. Così fu nel 1872 quando Tongzhi raggiunse la maggiore età e, con essa, la celebrazione della sua cerimonia nuziale che, di fatto sancì la fine della prima reggenza Cixi che, seppur a malincuore, si ritirò a vita privata. Ma durò poco. Dopo appena tre anni, nel 1875, il giovane imperatore – che non aveva ancora generato nessun erede – si ammalò di vaiolo (qualcun altro dice di sifilide) e Cixi ne approfittò per introdursi al capezzale del figlio e indurlo (costringerlo?) a chiederle di assumere lei la reggenza fino a quando non sarebbe guarito. Al posto della guaragione, tuttavia, giunse la morte a portarsi via il giovane imperatore e subito Cixi sottolineò che, per volere dell’imperatore stesso, la reggenza spettava a lei così come suo era il compito di nominare il nuovo Figlio del Cielo. Il nome sarebbe stato rivelato solo una volta ricevuta la fedeltà dei consiglieri.

Potevano mai, i principi, schierarsi contro il volere del defunto imperatore? Fu così che ebbe inizio la seconda reggenza di Cixi (e per questo, anche, molti attribuirono la morte di Tongzhi a una macchinazione ordita da Cixi per tornare al potere).

Come reggente, per prima cosa Cixi nominò futuro imperatore il piccolo Guangxu (di appena tre anni), figlio di sua sorella e del principe Chun, che poi adotterà. Poi si dedicò nella sua opera di modernizzazione della Cina, che portò a massicci investimenti nell’estrazione del carbone, l’introduzione nel Paese dell’energia elettrica, l’installazione dei primi telegrafi. Ma nonostante la campagna di pace e di apertura all’Occidente, dovette anche promuovere una guerra contro la Francia per frenarne le mire espansionistiche lungo la frontiera con il Vietnam, in favore del quale la Cina schierò la sua nuova marina militare, troppo debole ancora, e il suo esercito che pur ottenendo qualche vittoria dovette comunque capitolare. Per timore che due grandi potenze come la Russia e il Giappone si schierassero a favore della Francia, si scelse la via della pace ratificando il Trattato di Tientsin con il quale la Cina riconosceva la conquista del Vietnam da parte del nemico.

Intanto anche la maggiore età del sovrano si avvicinava e Cixi, nel 1889, lasciò nelle mani di Kuang Hsu il governo di un paese non ancora sviluppato, ma avviato verso un cambiamento.
Tuttavia il rapporto tra l’imperatrice madre Cixi e il nuovo imperatore fu tutt’altro che idilliaco e la colpa era interamente della sovrana che ebbe sempre atteggiamenti duri e poco amorevoli. Addirittura, pretese che il sovrano si rivolgesse a lei con il titolo di “Grande Padre”, segno di quanto l’imperatrice avrebbe voluto essere un uomo, per poter legittimare il proprio potere.
L’imperatore arrivò dunque a escludere completamente l’imperatrice madre dalla vita politica.

La tensione tra Cixi e Guangxu favorì l’ascesa del filosofo e uomo politico Kang Youwei, le cui proposte riformiste gli valsero la stima di Cixi e – tramite lei – l’introduzione a corte. Ma questi nel 1898 manovrò per ottenere il comando del governo, e progettò con l’aiuto del Giappone l’assassinio di Cixi, che però fallì con conseguente allontanamento del filoso dall Cina e l’arresto nel suo palazzo di Guangxu colpevole di essere al corrente del complotto ai suoi danni.

Nonostante ciò, la donna insabbiò la vicenda affinchè il prestigio della dinastia non ne venisse compromessa. a la cosa le si ritorse contro: agli occhi dell’opinione pubblica, Guangxu e Kang apparvero come nobili riformatori osteggiati dal suo oscurantismo.

Invece oggi possiamo dire che Cixi fu una donna e una imperatrice illuminata, che scosse la Cina dal suo immobilismo, che attuò l’istituzione di dogane e ambasciate, nonché di scuole e università di livello e la riforma del sistema legale abolendo la pratica della fasciatura dei piedi delle bambine. Il tutto mentre dovette far fronte, nel suo ultimo periodo, alle rivolte dei Boxer e alle minacce dell’occidente.

Esterno del mausoleo di Cixi

Morì il 15 novembre 1908, prima di poter completare l’opera riformista e di ammodernamento del Paese; il giorno precedente aveva avvelenato Guangxu, temendo che costui – alla di lei scomparsa – avrebbe reso il Paese una facile preda per il Giappone.

Come ultimo atto esemplare della sua malizia, dispose che la reggenza non passasse più a una donna e designò come suo erede il piccolo Puyi, passato alla storia come l’ultimo imperatore cinese.

Per approfondire…

Titolo: L’imperatrice Cixi
Editore: ‎TEA (23 febbraio 2017)
Copertina flessibile: ‎ 527 pagine
ISBN-10: ‎ 8850245270
ISBN-13: ‎ 978-8850245277
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Pechino, marzo 1852: durante la selezione delle consorti imperiali, lo sguardo dell’imperatore Xianfeng si posa su una sedicenne dai tratti non belli, forse, ma senza dubbio affascinanti. Di lì a poco, il cenno di approvazione del Figlio del Cielo schiuderà le porte della Città Proibita alla donna che, ammessa a corte come semplice concubina, si ritroverà in breve a reggere le redini dell’ormai morente dinastia Qing con il titolo di Imperatrice vedova Cixi. Considerata in Cina una despota dalle vedute ristrette, Cixi intraprese invece una coraggiosa politica di modernizzazione che, ispirandosi ai metodi occidentali, scosse il Paese dal suo immobilismo millenario: a lei si devono infatti l’introduzione del telegrafo e della ferrovia, la costruzione di una flotta moderna e l’avvio della pratica di estrazione mineraria, la riforma del sistema legale (con l’abolizione di pratiche quali la fasciatura dei piedi) e l’istituzione di scuole e università di livello. Il tutto mentre affrontava le rivolte dei Taiping prima e dei Boxer dopo, le “guerre dell’oppio” e le mire espansionistiche di russi e giapponesi, sventando i complotti orditi alle sue spalle. Questa biografia, avvalendosi di materiali fino a poco tempo fa inaccessibili, ribalta gli stereotipi per tracciare il ritratto di una figura ancora poco nota agli storiografi occidentali: quella di una donna energica e lungimirante che, in un contesto tutt’altro che favorevole, governò per quarant’anni le sconfinate terre del Celeste Impero.

L’ultima imperatrice della Cina
Editore: ‎ Iduna (1 dicembre 2021)
Copertina flessibile: ‎ 404 pagine
ISBN-13: ‎ 979-1280611079
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Una biografia dell’ultima imperatrice della dinastia Manciù, vissuta dal 1835 al 1908. Con lei tramontò il Celeste Impero, che, dopo una pausa durata un secolo, è ora pronto a rinascere.

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