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Le interviste di TSD – Claudio Bossi e il Titanic

Amici di “Thriller Storici e dintorni” oggi abbiamo il piacere di ospitare nel nostro salottino Claudio Bossi, il massimo esperto italiano della tragedia del Titanic. Da quasi quarant’anni si occupa della vicenda, con diverse pubblicazioni all’attivo. Leggiamo che cosa ci ha raccontato.

Dal 1985 in seguito al ritrovamento del relitto hai iniziato a occuparti della storia del Titanic. Come è nata la tua voglia di raccontarne le vicende?

Ero un ragazzino quando mio padre mi aveva regalato uno dei rarissimi libri pubblicati sull’argomento, si intitolava “Il viaggio inaugurale del Titanic” di Geoffrey Marcus – Mursia editore. Quel libro l’avrò letto almeno una decina di volte. L’avevo talmente sgualcito, usurato, consumato, che a un certo punto mia madre vedendolo così conciato ha pensato bene di disfarsene.
Dopo, per documentarmi ho sfogliato i giornali dell’epoca presso la biblioteca di Gallarate, la mia città.

Nel 1985, a seguito della scoperta del relitto del Titanic ho deciso che dovevo saperne più di quello che ne sapevano gli altri su questa tragica vicenda, recandomi di presenza nei luoghi del Titanic.

Ed ora eccomi qui con all’attivo quasi una decina di libri pubblicati e altrettante collaborazioni editoriali, senza considerare gli innumerevoli articoli scritti per giornali e riviste, e senza trascurare le trasmissioni radio e le apparizioni televisive che mi hanno coinvolto in prima persona.

Ci sono stati altri naufragi nel corso dei secoli che però non hanno avuto lo stesso impatto motivo. Perché la tragedia del Titanic continua ad affascinare?  Il mito della inaffondabilita’ del Titanic dove nasceva? Eccesso di fiducia nella moderna, per l’epoca, tecnologia? 

Il Titanic fu indubbiamente il simbolo di un’epoca di grande ottimismo, si credeva che la tecnologia potesse dominare suprema sulla Natura. La storia del Titanic ci ha detto invece che il progresso tecnologico umano ne uscì drasticamente ridimensionato dalle forze della Natura; lo strenuo tentativo dell’uomo di sfidare continuamente i propri limiti, per vana gloria o per intima convinzione, per poi ritrovarsi sconfitto e preda degli eventi, fu un insegnamento universale. La Natura ci pone davanti mille problemi da superare e quella del Titanic fu una lezione che ci avrebbe dovuto insegnare, con efficacia, ad affrontare la realtà del mondo con grande rispetto e umiltà.

Il Titanic all’epoca rappresentava il più alto grado di tecnologia navale mai esistito anche dal punto di vista della sicurezza: le sue sedici porte stagne, ne garantivano, in teoria, una presunta invulnerabilità, tanto che il Titanic si era meritato il titolo di “unsinkable” ovvero inaffondabile. E lo sarebbe stato, se si fossero allagati due, massimo quattro compartimenti. Tuttavia un iceberg è un oggetto incredibilmente grosso e resistente, tanto che al giorno d’oggi la sola cosa in grado di distruggerlo è una bomba nucleare. Il Titanic insomma fu realmente difficile da affondare e un suo affondamento si sarebbe verificato solo in seguito a circostanze eccezionali: una di queste circostanze, purtroppo, si è avverata.

Indipendentemente dai costi e dalla possibilità di realizzarlo, le piacerebbe che si recuperasse il Titanic? 

Risposta secca: no!

In poche parole, è possibile descrivere cosa successe in quei 160 minuti di terrore?

Cito una mia metafora che è abbastanza eloquente. Il Titanic ha urtato l’iceberg alle 23:40 del 14 aprile 1912 ed è affondato dopo 160 minuti. Credo che in quei 160 minuti sia andata in scena la rappresentazione della vita dell’uomo: nei suoi aspetti di umanità, eroismo ma anche di ferocia e invidia. Mi sono sempre chiesto come mai ci fossero così tanti passeggeri maschi di prima classe sopravvissuti; il loro numero fu addirittura superiore a quello dei bambini morti di terza classe. Allora la vecchia regola “Prima le donne e i bambini!” non è stata rispettata. Questa differenziazione sociale, che è la caratteristica predominante nella tragedia del Titanic, è stata il movente che mi ha indotto ad occuparmi e scrivere di questa storia.

Quanto c’è di vero sull’incendio scoppiato nei locali caldaie che può aver indebolito la struttura del Titanic?

La prendo alla larga per non correre il rischio di essere frainteso.

La domenica pomeriggio del 14 aprile, Thomas Andrews, il progettista del Titanic che si trovava a bordo della nave in quel suo primo e purtroppo ultimo viaggio, si sentiva abbastanza sicuro che il giorno successivo avrebbe visto messa alla prova per la prima volta la piena velocità di corsa del Titanic. Tutte e ventiquattro le sue caldaie principali erano operative quella sera, con le cinque caldaie ausiliarie che sarebbero state accese il giorno dopo o, in alternativa, martedì. Intorno all’ora di pranzo del giorno precedente, Andrews aveva ricevuto la notizia che l’incendio, che bruciava intensamente in uno dei depositi di carbone, nella sala caldaie n.5, sin dalle prove in mare a Belfast del 2 aprile, era stato estinto.
Un fuochista, Frederick Barrett, riferì che in diversi punti il fondo del compartimento stagno era ammaccato. Un suo collega, Charles Hendrickson, concordò e aggiunse che tutta la vernice era saltata.

Decenni più tardi, cioè ai giorni nostri, questa così lieve menomazione è stata considerata responsabile, almeno in parte, della perdita del Titanic.

Gli assertori credono che il fuoco avesse indebolito la paratia tra le sale caldaie 5 e 6, perciò questo fatto avesse accelerato e determinato l’affondamento, dopo che la collisione con l’iceberg aveva creato una perfetta di circostanze eccezionali concomitanti.

Nel 2017 questa teoria fu al centro di una rinnovata congettura quando ci fu qualcosa di ingannevole presentato come una nuova scoperta. In realtà questa ipotesi era stata esposta in precedenza in un documentario televisivo trasmesso per la prima volta vent’anni prima, poi ripreso nel 2004 e nuovamente esaminata nel 2008 in una serie di articoli.

Durante il revival del 2017 la teoria dell’incendio del deposito fu abbinata a filmati del relitto per mostrare dove lo scafo del Titanic era fatalmente esploso verso l’esterno a seguito della collisione, aprendo così la sala caldaia 5 al mare. La ripresa subacquea in questione però mostrava l’esterno dell’Ufficio Postale del Titanic sul ponte G, non una delle sue sale caldaie, ed esso quasi certamente era stato deformato in seguito all’impatto generato quando il Titanic strisciò nel fondo marino dopo essere affondato, non quando colpì l’iceberg.

Contemporaneamente furono esibite altre fotografie del Titanic, che si preparava a partire da Belfast, e che mostravano uno scolorimento dello scafo. Questo scolorimento fu menzionato come prova di quanto fosse stato pericoloso l’incendio del deposito. Lo scolorimento, invece, è più probabilmente una conseguenza del deterioramento della pellicola vecchia un secolo, e l’area evidenziata però ancora una volta era quella corrispondente all’Ufficio Postale, non alle caldaie, che si trovano sotto la linea di galleggiamento! A meno che gli impiegati postali non avessero preso a dare fuoco a tutte le lettere sul Titanic e a tenere vivo il loro inferno epistolare contro lo scafo per dieci giorni. Certo è difficile capire come qualche filmato possa confortare l’ipotesi che l’incendio, che fu senza dubbio una scocciatura, abbia giocato un ruolo determinante nella futura tragedia.

L’incendio del carbone nella sala caldaia 5 è però, a sua volta, una componente di una serie di tesi che attribuiscono la perdita del Titanic a un errore di progettazione o di costruzione. Le varianti includono la qualità dell’acciaio o dei rivetti usati durante la costruzione da Harland & Wolff, l’errore di ampliare i compartimenti stagni più alti del ponte E e la dotazione di un timone troppo piccolo. È vero che, come per molte cose usate nelle industrie del 1912, l’acciaio utilizzato per il Titanic non supererebbe l’ispezione di oggi, ma esso è sopravvissuto nel fondo dell’inospitale Atlantico per più di un secolo: lungi da me ipotizzare che la colpa fosse dei costruttori. Il Titanic è stata la più alta capacità e perfezione nella costruzione marittima, un prodotto del massimo livello di tecnica e competenza disponibile tra il 1909 e il 1912.

Se i suoi rivetti fossero stati di una qualità migliore…
Se il suo acciaio fosse stato più resistente…
Se l’incendio del deposito della sala caldaie fosse stato estinto a Belfast, piuttosto che a Southampton (dove il Titanic rimase ormeggiato per una settimana prima di salpare per il suo viaggio inaugurale) anziché a metà strada in pieno Atlantico…
Se il suo timone fosse stato più grande…

Se il Titanic fosse stato degno della fiducia riposta, l’impresa umana potrebbe ancora aver trionfato sulla Natura. Ad una più attenta disamina, comunque, ci fu un solo errore veramente eclatante e questo, a mio parere, è da ricercarsi nel modo in cui il Titanic fu gestito e ha a che vedere con altre storie che esulano da tutto questo.

Negli anni i tuoi libri si sono concentrati non solo sull’evento in sé dell’affondamento, ma hai approfondito la storia di alcuni dei passeggeri. L’ultimo affronta la vita di Margaretha Frölicher Stehli. Puoi dirci qualcosa di più?

A questo libro ho deciso di dare un taglio ben preciso: Margaretha Stehli, una signora di nazionalità svizzera, donna del suo tempo. Il libro è una biografia e quindi, nonostante sia uno storico del Titanic, non racconto solo la vicenda di quella nave: qui racconto la vita di una donna della Belle Époque.

La famiglia Stehli, a quei tempi, era importante nel settore industriale, quello della produzione della seta. Quindi questo volume è un intreccio della dinastia di questi industriali e la storia del celebre naufragio, facendo leva su particolari aspetti emozionali della tragedia.

E poi la località di Germignaga – località in provincia di Varese (tra parentesi: è stato lo stesso editore Macchione, di Varese egli stesso, che mi ha commissionato il libro) – luogo adottivo della protagonista, una donna che non doveva lavorare per vivere. In queste pagine si scoprirà la sua vicenda, una persona che viveva nell’ombra della famiglia. Per questo aveva fatto delle scelte, compresa quella di farsi condizionare da una logica aziendale che, a un certo punto però, rischiò di pagare molto cara.

Gli orizzonti commerciali di questa famiglia andarono oltre Germignaga, la zona dove avevano piantato un’azienda, arrivando fin negli Stati Uniti, motivo per cui la famiglia si imbarcò per quel fatidico viaggio.

In quel periodo la borghesia era al massimo del suo splendore, amava l’alta moda, gli alberghi e i viaggi, come quello a bordo del Titanic, irrinunciabile vetrina sociale. Partecipare a quel viaggio era infatti visto come un segno di affermazione.

Per concludere, cos’è il Titanic per Claudio Bossi?

Il Titanic rappresenta un interrogativo con il quale cerchiamo di misurarci: mi chiedo cosa avrei fatto se fossi stato lì quella notte, ma io credo che eroismo e coraggio siano più ad appannaggio del singolo che del gruppo.

Il Titanic è oggetto di molti miti e di molta disinformazione: la scienza ci può dare gli strumenti per eliminare, almeno in parte, la disinformazione e raccontare cosa successe realmente quella notte. Scrivendo i miei libri spero che ci aiutino a ricordare sempre che in questo mondo siamo tutti a bordo di un grande transatlantico, divisi per classi, guidati da un destino che corre a mille verso l’ignoto e che purtroppo non è mai uguale per tutti. Spero che ci aiuti a ricordare le oltre 1500 vittime dell’incoscienza, dell’egoismo, della disparità sociale. Per me il Titanic è anche questo.

Biografia

Claudio Bossi: scrittore e storico, è nato nel 1957 a Gallarate. E’ sposato, ha due figlie e tre nipotine. Vive ad Oggiona con Santo Stefano (VA).

Dal 1985, a seguito del ritrovamento in fondo al mare del Titanic, rispolvera la sua vecchia passione per il famoso transatlantico e incomincia a frequentare gli archivi inglesi, americani e canadesi. Le sue ricerche culminano, nei primi anni 2000, con la pubblicazione del sito web che porta il suo nome: www.titanicdiclaudiobossi.com. La pagina internet conta quasi una media di mille visitatori giornalieri di ogni angolo del mondo. Claudio Bossi è presente anche sui principali social network.

Nel 2012 per celebrare il centenario dell’affondamento del Titanic, le librerie di tutto il mondo sono state invase da pubblicazioni ad hoc, confezionate spesso in tutta fretta da scrittori d’occasione: non c’è autore italiano che si sia appoggiato allo scrittore varesino.

Claudio Bossi è stato più volte ospite in trasmissioni televisive (Superquark di Piero Angela, Ulisse di Alberto Angela, Voyager di Roberto Giacobbo, Il tempo e la Storia, Mistero, ed altre ancora) e radiofoniche, nazionali ed estere.

Per la sua grande esperienza viene invitato a conferenze tematiche sull’argomento e ha al suo attivo oltre un centinaio di incontri pubblici sia in Italia sia all’estero.

Oggi è considerato tra i più qualificati esperti internazionali della storia famoso transatlantico.

Per la sua attività di ricercatore, nel 2015 gli è stato assegnato il Premio Nazionale Cronache del Mistero.

Nel 2016 è stato ospite d’onore al Titanic Musical di Lugano. Nel 2017 Bossi ha partecipato a Titanic -The Exhibition Artifact, una mostra di carattere internazionale svoltasi a Torino dove ha tenuto diversi incontri con il pubblico in eventi collaterali dedicati.

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