Narrativa recensioni

Il soldato perduto – Gilles Marchand

Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio

L’Alsazia-Lorena, regione situata tra Francia e Germania, è sempre stata un territorio di confine e, in quanto tale, storicamente conteso tra queste due nazioni. Nel periodo in cui è ambientato Il soldato perduto di Gilles Marchand (pubblicato da Neri Pozza), ovvero gli anni del primo dopoguerra, l’Alsazia-Lorena è un territorio ridivenuto francese dopo che era stato conquistato dall’Impero tedesco ai tempi della guerra franco-prussiana del 1870; e, per questo motivo, popolato in gran parte da popolazione germanofona, che non vedeva di buon occhio i francesi come il protagonista di questo romanzo. E viceversa.

Se avessimo saputo che un crucco non era altro che un francese che parla tedesco avremmo fatto fatica a continuare a sparargli addosso.

Reduce di guerra ridotto a investigatore specializzato nel ritrovare soldati dispersi, il protagonista e narratore del romanzo viene ingaggiato da una certa Madame Joplain per ritrovare suo figlio Émile, che lei ritiene essere ancora vivo. Tuttavia questo risulta un mero pretesto, per quanto interessante e avvincente, per raccontare invece il vero fulcro della vicenda: ovvero la Grande Guerra e la società francese del primo dopoguerra.

Attraverso vari flashback, provocati dalle indagini per il ritrovamento di Émile e dal tornare sui luoghi dove sono morti milioni di soldati, il protagonista rivive i momenti per lui salienti della guerra, tra cui quello che ha provocato la perdita della sua mano: mutilazione che risulta essere il riflesso esteriore di una mutilazione invece interiore; un’identità che si è perduta con la guerra e che non è stato possibile recuperare. Proprio come le migliaia di soldati finiti dispersi.

Prima era facile: si caricava. Si aveva la meglio oppure si perdeva. Con le trincee i soldati si erano trasformati in ratti. Non c’erano più vincitori o vinti. C’erano ratti. Ratti tedeschi, ratti francesi. E inglesi, canadesi, italiani. Arrivavano da tutto il mondo per trasformarsi in ratti.

Il romanzo cattura fin dalle prime pagine con uno stile poetico e avvolgente, quasi confortevole, che fa da contrasto con le atrocità della guerra che vengono raccontate. Pur partendo da premesse che farebbero rientrare quest’opera nei confini del giallo, Il soldato perduto non ci mette molto a scardinarli e a travalicarli, divenendo ben presto anche romanzo di formazione e romanzo sentimentale, incentrato sulla storia d’amore tra Émile e Lucie, separati bruscamente dallo scoppio della guerra. Proprio come il protagonista avrebbe fatto molti anni dopo, anche Lucie si mette alla ricerca di Émile, tra un campo di battaglia e l’altro, in una corsa folle e disperata che mi ha ricordato molto le peripezie del partigiano Milton in Una questione privata di Beppe Fenoglio, in cui le necessità della guerra passavano del tutto in secondo piano – se non sfruttate a proprio vantaggio – nell’ottica di ritrovare la persona amata. E quindi di ritrovare, in un certo senso, anche una parte di sé stessi.

Abbiamo tutti una storia d’amore intensa, potente, bruciante. Una di quelle che ha spazzato via tutto al suo passaggio e che non si è conclusa, o che non si è mai realizzata perché l’amore non era ricambiato. Una storia che non abbiamo osato rivelare, che ci siamo tenuti per noi per paura.

Il protagonista del romanzo, durante la ricerca di Émile, proverà a mettersi anche sulle tracce di Lucie, o comunque di ricostruire il suo percorso, nella speranza di trovare nuovi indizi anche sul figlio di Madame Joplain; la quale, imperterrita, continua a versargli soldi per questo incarico, nonostante egli cerchi più volte di farle capire che probabilmente non avrebbe più rivisto il suo Émile.

Da sottolineare, inoltre, come alla trama principale si intreccino altre storie secondarie: i ricordi del protagonista e il suo rapporto problematico con la compagna, e i racconti di guerra narrati dagli ex soldati con cui il protagonista si relaziona. Una, in particolare, viene raccontata da un po’ tutti i reduci e riguarda una figura quasi sovrannaturale: la Figlia della Luna, una donna misteriosa che si aggirava per la Terra di Nessuno e appariva ai soldati ora come una fata pagana, ora come una Madonna; in ogni caso un personaggio etereo e appartenente a un’altra dimensione, destinata a imprimere un ricordo indelebile su tutti i soldati che l’hanno vista. E solo sul finale si scoprirà in che modo queste storie si intrecceranno alla vicenda principale della ricerca di Émile.

Un romanzo, quindi, splendido e imperdibile, poetico e crudo, che esplora l’animo umano sia dal punto di vista della società e della politica, sia da quello dell’amore e dei sentimenti. Consigliato a chi vuole affrontare i lati bui della Grande Guerra sul fronte occidentale non di petto, ma di scorcio, andando a scoprire nel frattempo un frammento di storia francese molto affascinante e sui cui ci sarebbe tanto da riflettere.


Pro

Scorrevole e coinvolgente
Informa su un frammento di storia europea e, allo stesso tempo, intrattiene con una storia coinvolgente
Presenta un tocco di magia e di sovrannaturale

Contro

Ogni tanto lo stile risulta eccessivamente liricheggiante e manieristico

Link cartaceo: Il soldato perduto
Link ebook: Il soldato perduto

Trama
1925, Parigi. Quando l’uomo entra nel ristorante, il maître col monocolo fissa con sospetto la sua camicia mal stirata, la giacca con le toppe ai gomiti da cui spunta una mano sola, le scarpe lucidate ma col fango sotto la suola. Chi ha combattuto si porta la guerra addosso, sotto la pelle, per sempre. Ed è stata una guerra feroce, tremendissima, quella che a lui ha strappato una mano, alle famiglie ha strappato padri, fratelli, figli. C’è una donna che lo attende seduta al tavolo con una questione urgente da sottoporgli: suo figlio non è mai tornato dal fronte e, sebbene siano trascorsi nove anni dalla battaglia di Verdun, Madame Joplain è graniticamente certa che Émile sia ancora vivo. L’uomo riconosce il lampo di folle speranza negli occhi di chi ha perso qualcuno ma non ha una tomba su cui piangere; ha cercato le tracce di tanti soldati spazzati dal conflitto, anche se finora non ne ha mai trovato uno in vita: che la triste signora non si faccia illusioni di sorta. Sono passati oltre dieci anni da quando lui stesso ha dovuto lasciare il combattimento attivo per colpa di quella mutilazione e da allora non ha mai smesso di occuparsi delle tragedie che la guerra ha lasciato dietro di sé, cercando un modo per fare ammenda, per perdonare a sé stesso di essere ancora tra i vivi. Per questo accetterà l’incarico, si metterà in cerca di Émile su campi di battaglia ormai freddi, fra ex soldati e testimoni che cercano solo di dimenticare; avvierà un’indagine disperata che si tramuterà in annosa ossessione e porterà alla luce mille storie di dolore e sangue ma anche di amore e speranza. Tra queste, una spicca per intensità e poesia, la storia della Figlia della Luna, quella donna bellissima che attraversava, notte dopo notte, la terra di nessuno tra i due schieramenti in cerca dell’amato perduto, indenne dal fuoco perché invisibile al nemico, come una creatura soprannaturale. E quando sulla Francia, sull’Europa intera, cominciano a soffiare nuovi venti di guerra con il loro carico di orrore e caos, è a quella storia dolce che il protagonista si aggrappa, unica luce in un mondo che affonda nelle tenebre.
Trama
1925, Parigi. Quando l’uomo entra nel ristorante, il maître col monocolo fissa con sospetto la sua camicia mal stirata, la giacca con le toppe ai gomiti da cui spunta una mano sola, le scarpe lucidate ma col fango sotto la suola. Chi ha combattuto si porta la guerra addosso, sotto la pelle, per sempre. Ed è stata una guerra feroce, tremendissima, quella che a lui ha strappato una mano, alle famiglie ha strappato padri, fratelli, figli. C’è una donna che lo attende seduta al tavolo con una questione urgente da sottoporgli: suo figlio non è mai tornato dal fronte e, sebbene siano trascorsi nove anni dalla battaglia di Verdun, Madame Joplain è graniticamente certa che Émile sia ancora vivo. L’uomo riconosce il lampo di folle speranza negli occhi di chi ha perso qualcuno ma non ha una tomba su cui piangere; ha cercato le tracce di tanti soldati spazzati dal conflitto, anche se finora non ne ha mai trovato uno in vita: che la triste signora non si faccia illusioni di sorta. Sono passati oltre dieci anni da quando lui stesso ha dovuto lasciare il combattimento attivo per colpa di quella mutilazione e da allora non ha mai smesso di occuparsi delle tragedie che la guerra ha lasciato dietro di sé, cercando un modo per fare ammenda, per perdonare a sé stesso di essere ancora tra i vivi. Per questo accetterà l’incarico, si metterà in cerca di Émile su campi di battaglia ormai freddi, fra ex soldati e testimoni che cercano solo di dimenticare; avvierà un’indagine disperata che si tramuterà in annosa ossessione e porterà alla luce mille storie di dolore e sangue ma anche di amore e speranza. Tra queste, una spicca per intensità e poesia, la storia della Figlia della Luna, quella donna bellissima che attraversava, notte dopo notte, la terra di nessuno tra i due schieramenti in cerca dell’amato perduto, indenne dal fuoco perché invisibile al nemico, come una creatura soprannaturale. E quando sulla Francia, sull’Europa intera, cominciano a soffiare nuovi venti di guerra con il loro carico di orrore e caos, è a quella storia dolce che il protagonista si aggrappa, unica luce in un mondo che affonda nelle tenebre.

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