Narrativa recensioni

Anna che custodì il giovane mago – Maura Maffei

Trama Nel XVI secolo Anna, marchesa del Monferrato, è una donna potente, discende dall’Imperatore Carlo Magno e da Filippo il Bello, re di Francia. Suo figlio Bonifacio sarebbe diventato un principe rispettato da tutte le corti d’Italia, se fosse sopravvissuto a una caduta da cavallo. In una notte d’inverno qualcuno bussa al portone del castello di Casale: è un adolescente di quindici anni, accompagnato da tre compagni fedeli, e reca una lettera di Francesco I di Valois per la marchesa Anna. Il re le chiede di accoglierlo nella sua dimora, perché non si tratta di un ragazzo qualsiasi. Geraòid Mac Gearailt è, infatti, il figlio dell’ultimo viceré irlandese d’Irlanda e da anni i sicari di Enrico VIII Tudor lo braccano attraverso l’Europa. Tra intrighi, amori contrastati e ricordi del passato, Anna dovrà impegnare tutta sé stessa per tentare di salvarlo dalle insidie che lo minacciano. Recensione a cura di Maria Marques Una madre scrive alla figlia raccontando un episodio di cui è stata partecipe. Come spesso accade le parole poi hanno vita tutta loro sulla carta ,inseguono pensieri,sensazioni e ricordi. Cosi da un mero resoconto dei fatti,nasce un racconto delicato,struggente intriso di malinconia verso una vita che un tempo fu felice, circondata da affetti che sono stati sottratti in modo drammatico. Una esistenza ormai fatta di attesa,la vecchiaia che incombe,il dovere di mantenere ricco e potente il Monferrato per il nipote, le piccole abitudini quotidiane fatte di gesti che mascherano la solitudine di cui all’esterno, ai sudditi, nulla deve trapelare. La donna che racconta è Anna d ’Alençon, marchesa del Monferrato,la figlia lontana a cui scrive è la marchesa di Mantova,Margherita. In una Casale brumosa e fredda,arrivano degli stranieri che, il re di Francia chiede alla cugina di ospitare e proteggere. Un ragazzino quindicenne Geraòid Mac Gearailt ,ovvero nella versione anglosassone Garret (o Gerald) Fitzgerald figlio del defunto vicerè d’Irlanda, costretto a fuggire dal suo paese perché inseguito dai sicari di Enrico VIII con i suoi protettori :padre Thomas ed un cugino con la moglie. Anna è obbligata ad ospitarli,ma anche un poco infastidita perché la loro presenza risveglia ricordi mai sopiti dei figli e del marito defunto, con cui aveva imparato a convivere. E’ questa sorta di guscio protettivo in cui la marchesa si è rinchiusa, che si intuisce dal primo incontro con il ragazzo, quando è quasi spaventata che le ricordi nell’aspetto il figlio:
” Non mi colpì per la sua bellezza:il mio cuore ferito di madre fu rassicurato dal suo aspetto ordinario,che non minacciava il ricordo di Bonifacio,mio figlio ,del quale persino a Venezia si era celebrata la bionda avvenenza”
La coppia di sposi, sposi di nome e non di fatto, le ricorda in modo diametralmente opposto la mancanza del marito, l’amore che li legava e che,nonostante la separazione fisica, ancora li unisce in un dialogo ininterrotto con lui attraverso il rituale della preghiera. Anna, nonostante l’apparenza è una donna energica,una donna che si occupa di politica, del suo Monferrato,dei suoi sudditi e che conosce il mondo. Quindi sa bene che nulla appare mai per quello che è, chi sembra scostante e malvagio non è detto che lo sia effettivamente, al contrario di chi invece è cortese,ma capace di pugnalarti alle spalle. Questa incertezza sul chi fidarsi, aumenta mentre in una Casale sempre più avvolta dalla bruma, si muovono di notte strani personaggi. Quale ancestrale campanello d’allarme ci fa allontanare da qualcuno e ci concede invece di fidarci di altri? Queste sensazioni sono veritiere?
“Il sospetto. Avevo lottato per anni pur di vincere il sospetto che mi intossicava ed ecco che oggi tornava,imboscato nella lotta a me estranea di due avversari che mi avevano scelta quale giudice della loro probità..”
Fiducia è un termine che raramente si può permettere chi vive in una posizione come Anna,meno che mai Geraiòd, braccato da sempre, che si rifugia in un mondo dove la magia lo tranquillizza,gli permette di sognare di sapersi trasformare in uccello per volare da quella madre di cui ricorda vagamente il volto. Quella stessa magia a cui cercherà di ricorrere per avere aiuto per salvare una vita,mentre la marchesa lo osserva dapprima perplessa chiedendosi se la magia e la fede siano facce della stessa moneta o due mondi in contrasto. Questo è il punto centrale del romanzo,due mentalità diverse, due generazioni impegnate in un confronto che esiste ancora oggi sebbene presentato tra fede e scienza.
“Dio è solo silenzio” dice Geraòid ed Anna replica dando voce alle sue certezze a quelle che le hanno permesso forse di sopravvivere in mezzo a tanti lutti:”…Basta una preghiera per ricevere in dono l’onnipotenza, perché pregando si mette la nostra esistenza nelle mani di Chi ci ha creati…Perché pregando si riconosce al Padre l’ultima parola su di noi… “.
L’autrice ha creato una storia delicata, fine, che lascia spazio a riflessioni personali, alternando la narrazione tra il presente ed il passato,per contrapporre la solitudine di una donna che dopotutto è potente signora delle sue terre. Le colline innevate del Monferrato ed il Santuario di Crea, fanno da sfondo ad una trama che non ha nulla di spettacolare ed avventuroso,ma che comunque riesce ad affascinare nella sua semplicità. Uno stile narrativo gradevole, quasi da favola, accompagna il lettore fra le pagine,salvo alcune descrizione un poco eccessive sull’abbigliamento e gli inserimenti di frasi in lingua gaelica che sembrano più uno sfoggio di erudizione, è un romanzo si legge tutto d’un fiato. Interessante la parte storica inserita al termine del romanzo che getta una luce diversa sul giovane Geraòid. Egli riuscì a tornare nella sua Irlanda come conte di Kildare,ma perseverando nella fede cattolica, non si ingraziò certamente la regina Elisabetta I che finì per imprigionarlo due volte nella Torre di Londra con l’accusa di altro tradimento. Prosciolto in entrambi i casi non ottenne mai dalla sovrana il permesso di tornare nella sua terra e, così fu costretto a vivere i suoi ultimi anni in regime di semilibertà ed in miseria. Ma, c’è sempre una “ma” nella storia di un paese fertile di leggende come l’Irlanda. Quando il conte si ritirò nel suo castello di Kilkea,la gente del luogo era incuriosita dai bagliori che si vedevano sulle mura e dai cavalieri incappucciati che percorrevano le strade nei dintorni. I contadini incominciarono a narrare che il conte in realtà fosse un mago esperto in sortilegi e riti satanici,quando molto più prosaicamente ospitava semplicemente riunioni degli oppositori alla corona inglese. Ciò nonostante anche il poeta Yeats fu attratto dalla sua figura e cantò del suo fantasma che ,ogni sette anni, si risveglia dal sonno eterno ed appare presso Kildare in groppa ad un cavallo dagli zoccoli d’argento,per annunciare che l’indipendenza dell’Irlanda è vicina. Copertina flessibile: 212 pagine Editore: Edizioni della Goccia; Prima Edizione edizione (21 aprile 2017) Collana: Giallo grano Lingua: Italiano ISBN-10: 8898916264 ISBN-13: 978-8898916269 Link d’acquisto: Anna che custodì il giovane mago
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