Narrativa recensioni

La portalettere – Francesca Giannone

Recensione a cura di Serena Colombo

Tre famiglie, due generazioni, un trentennio circa che, al contempo, li unisce e li separa.
Tra loro, e sotto di loro, la guerra, l’avvento del telefono – quello nero, in bachelite, da farsi installare in casa per raggiungere chiunque, ovunque – le prime costituzioni sindacali, la terra, le cantine, lo scontro politico tra democristiani e socialisti. Gli anni dai ’30 ai ’60 del Novecento in un Salento fatto di estati roventi e inverni piuttosto miti, terra e temperatura ideali per votare terreni alla coltivazione della vite e alla produzione del vino, come faranno i fratelli Greco, co-protagonisti di questa storia. Eppure, quello che in questo sud Italia sembra attecchire più facilmente sono l’arretratezza culturale, il pregiudizio e la mentalità retrograda.

Lizzanello Anni ’70

 “La portalettere”, edito dalla casa editirice Nord agli inizi di questo 2023, è il romanzo di una donna anticonformista e moderna che dalla Liguria si trasferisce col marito e il figlio piccolo nel Salento. Ex maestra, catapultata in una realtà, ma soprattutto in una mentalità troppo arretrata e bigotta che inevitabilemnte le va stretta. La famiglia del marito, i suoi nuovi compaesani, la chiamano “la forestiera”: tutti la guardano e la considerano con diffidenza, perché lei ha le sue idee, i suoi princìpi, le sue battaglie, il suo anticonformismo, anche nell’ambito religioso (lei, a dispetto di tutti, non crede, non va a messa la domenica).

Una portalettere del 20° secolo

E il suo essere “diversa” si manifetsa subito quando Anna, questo il suo nome, decide di diventare la portalettere del paese, un mestiere da maschio! Il marito Carlo non la spalleggia in questa sua decisione – eppure pretenderà da lei, in seguito, di essere supportato nella carriera politica che lo vede militare sotto la Democrazia cristiana, l’unico partito a cui Anna non darebbe mai avallo –, mentre trova un alleato nel cognato, Antonio, l’unico, tra l’altro, col quale prende a condividere la passione per la lettura: i due si  consigliano e  si scambiano libri, li annotano a margine, si incontrano per parlarne eppure…

Si riempiono la testa di parole, e poi non sanno trovare quelle giuste, per consolare le persone.

Ed è vero, perché Anna e Antonio patiscono la non comunicabilità dei sentimenti reciproci: per rispetto ai loro rispettivi coniugi, alle famiglie, alle convenzioni. E i segreti si sommano, si ammonticchiano lì, nel cuore, nella testa, e per tenervi fede innestano altre menzogne a paravento di verità che non possono essere rivelate perché sarebbero deflagranti. E le persono restano intrappolate in vite che nemmeno vorrebbero. Eppure:

Ciò che è realmente importante si trova tra le righe. Ma non tutti sono capaci di cercarlo. O forse preferiscono non farlo…

“La portalettere” è il romanzo che, attraverso la sua protagonista, mira a mettere sul piatto, e rovesciare, i luoghi comuni e i pregiudizi sulle donne, ma non solo. Perché nel romanzo c’è un personaggio importante, Daniele, un giovane col talento della moda: gli piace disegnare abiti, lui figlio della sarta del paese, aspira, da grande, ad avere un atelier tutto suo. Ma a Lizzanello, persino sua madre gli dirà:

«La sartoria non è cosa per maschi».

Ancora un preconcetto generato dalla bassa cultura, dall’accettazione passiva che esistono mestieri per donne e mestieri per maschi, e che rende gli esseri umani spesso schiavi di ruoli e non figli di un mondo che li ha creati diversi, ma uguali, un mondo in cui ciascuno ha diritto al suo spazio.

Era andato una volta soltanto a trovare i suoi genitori, per cena, il giorno dopo che era tornato. E li aveva ritrovati ostinatamente uguali a loro stessi, intrappolati nello stesso ruolo di sempre: sua madre il carnefice, coi suoi modi scortesi e arroganti, e suo padre la vittima

Ed è proprio tra le righe che va trovato il significato di questo romanzo: non un romanzo d’amore ma di amori; non un romanzo femminista né femminile, ma di quel coraggio che forse è figlio più delle donne che degli uomini; non un romanzo corale, ma di sicuro allineato alla saga familiare; non un romanzo sentimentale, ma di sentimenti; non un romanzo tradizionale, ma di tradizioni. E di tutto questo, Anna ne tiene le fila e ne ordisce la trama. Lei, con la sua bicicletta e la sua bolgetta unisce personaggi e relazioni, scardina convenzioni e pregiudizi.

E sorprende, incredibilmente, col suo finale per niente scontato. Anzi.

La scrittura scorrevole, lo stile assai sobrio delineano un romanzo fatto di moltissimi dialoghi e di poco narrato, sembra quasi di vedere le scene e i personaggi più che di leggerli.  Quasi una sceneggiatura già bella e scritta per una imminente, e credo sicura, serie tv o film… e ne immagino anche l’interprete. Ma per i toto-scommesse, ci sarà tempo.
Per ora, la lettura è consigliata a chi vuole trascorrere del tempo in compagnia di un buon libro, senza pretese, né grandi aspettative, ma di sicuro in maniera piacevole.

Pro: Il tipo di storia e la scrittura, che si lasciano leggere senza intoppi; un buon ritmo.

Contro: gli accadimenti storici che le famiglie e il paese attraversano sono solo accennati, ma del resto, non è un romanzo propriamente storico, quanto di ambientazione storica.

Citazione preferita: Quanto può essere tenace, l’amore che cede il passo all’odio?

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Trama
Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.

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