Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
Cleofe Malatesta: una nobildonna chiamata a salvare un impero.
Nata a Pesaro da Malatesta de’ Malatesti ed Elisabetta da Varano, imparentata con i Gonzaga, gli Sforza, i Montefeltro, i Colonna e Pandolfo Malatesta signore di Brescia andò sposa al principe Teodoro II Paleologo dell’Impero Bizantino: un matrimonio voluto da papa Martino V, dietro il quale si nascondeva il disegno, quasi riuscito, di unificare la chiesa cristiana a quella ortodossa per avere una giustificazione religiosa per premere sui re cattolici d’Occidente ad intraprendere una crociata contro i turchi che preoccupavano Costantinopoli.
La scrittrice Clara Schiavoni, ci accompagna nella profondità psicologica della protagonista, con una ricchezza documentata e una ricostruzione storica che è consueta nel suo stile di scrittura. Lo è in primis per quella originale creazione letteraria che è un linguaggio antico e moderno insieme, creato e ricostruito nella stessa maniera di come si crea una trama.
Una storia poco nota, un personaggio sconosciuto ai più, anzi una “personaggia” come la definisce l’autrice, di grande spessore. Una donna coraggiosa, ante litteram.
“Il papa sapeva che Cleofe, seppur ancora giovanissima, era dotata di grande acume e di rara cultura. Devota religiosa, possedeva eloquio seducente, era determinata, saggia, liberale e ricca di quella pietas che la portava ad avvicinarsi agli umili. Era inoltre amante delle arti e persino assai bella. La stimava così profondamente da riporre quindi in lei piena fiducia tanto da coinvolgerla nell’obiettivo del ricongiungimento delle due chiese. “
Come dèstina, come signora della Morea e come componente della corte imperiale bizantina, Cleofe doveva assolvere un compito difficile e complicato e avrebbe avuto bisogno di tutta la sua intelligenza e di tutta la sua abile capacità di convincimento verso il marito Teodoro II Paleologo a convertirsi alla professione della fede cristiana e parallelamente lavorare politicamente, insieme con il fratello Giovanni VIII, per il riavvicinamento delle due chiese: cattolica e ortodossa.
Terminato il Concilio nel maggio 1418, papa Martino V ritornò in Italia e dopo una breve tappa a Milano proseguì per Brescia alla corte di Pandolfo Malatesta dove si fermò per tre giorni, durante i quali strinse importanti accordi politici con il signore della città, tra i quali anche il matrimonio di Cleofe con Teodoro II, figlio dell’Imperatore Manuele II, che ebbe il merito di essere riuscito a ritardare la caduta dell’Impero Bizantino. A Brescia, dunque, fu realizzato il primo tentativo di unificare le due chiese e in quella occasione fu decisa la vita futura di Cleofe Malatesta.
Dal romanzo si evince, senza ombra di dubbio, di trovarsi davanti a una donna che pur giovanissima, fuori del comune. Bellissima, intelligente, colta, amante dell’arte…
Pesaro, Palazzo Malatesta
Agosto 1420
Prima di andare, Cleofe, entrò nella stanza che era stata di sua madre:
“Madre mia, sapete quanto io ami mio padre i miei parenti tutti e quanto ami Pesaro che al mio sentire è una città magica perché racchiude tutta la mia vita, una vita felice, e ora l’andare sposa in una terra lontanissima mi dilania il cuore. Dal paradiso in cui siete guardatemi con i vostri occhi buoni e proteggetemi.”
Dopo questa preghiera, lancia un ultimo, malinconico sguardo alla stanza e va a raggiungere la grande sala dove l’aspettano i parenti per l’ultimo saluto.
Clara Schiavoni, da esperta storica quale è fa da guida, accompagnando il lettore nel vivo della storia dell’epoca: gli fa sentire in maniera palpabile le sue paure, le sue ansie, le sue speranze, inizia così il viaggio di Cleofe verso il lontano Oriente, immersa profondamente in queste sue emozioni.
Quelle emozioni diventano l’eco attraverso cui arriva la sua voce, facendo rivivere quell’atmosfera ignota e dimenticata, che ammanta i secoli trascorsi.
Alla storia si aggiungerà quel potere incantato dell’amore, quel cerchio magico nel quale la protagonista sognava di vivere la sua vita insieme con Teodoro.
Il loro matrimonio, celebrato con rito misto, già concordato tra le due chiese, costituì un importante ponte tra la cattedra di Pietro e lo scettro di Costantinopoli.
La sposa ricevette da papa Martino V una speciale dispensa, con l’accordo dell’Imperatore, che le garantiva di vivere liberamente secondo il credo romano: le venne assegnato un sacerdote cattolico per il suo cammino spirituale, ma, secondo gli storici, quel sacerdote era anche una spia del papa.
Dagli scambi epistolari tra Cleofe e l’amata cognata Battista e la sorella Paola, affiorava a mano a mano il peso che la giovane donna si portava sulle spalle. Da questi scambi emerse anche una guerra interna nel contesto famigliare: oltre alle sollecitazioni da parte del marito e dai componenti della corte affinché si convertisse, (infatti, molti nobili greci erano contrari all’unificazione delle due chiese), pesavano su di lei anche i rimproveri dei parenti italiani e del papa che la spingevano nel verso opposto.
Quando fu mandata a Costantinopoli per sposare Teodoro II aveva solo 15 anni. Proviamo a immaginare questa giovanissima ragazza, lontana da casa e dagli affetti più cari, indotta a reggere il carico, non solo della Ragion di Stato, ma di una intera religione.
Dopo anni di sollecitazioni dal marito e dalla Corte di Mistra, la fede di Cleofe cominciò a vacillare.
Il papa lo scoprì e non lo poteva permettere: l’unificazione delle due chiese era la parte più importante dei suoi progetti. Scrisse lettere minatorie a Teodoro, ma anche alla stessa Cleofe: minacciando per lei la dannazione eterna se avesse ceduto.
Avvincente, appassionante, sconosciuta, storia di Cleofe Malatesta.
Se da una parte è storicamente importante sapere che, da Brescia, partì l’ambizioso progetto di riunire tutte le chiese cristiane, (in parte riuscito), dall’altra affiora tristemente, in ultima parte, come la vita di una donna fosse in balìa di giochi di poteri più grandi di lei.
“Tali fazioni bizantine possono farci del male Teodoro? Non credo, pronuncia le parole lentamente lisciandosi la lunga barba poi guarda sua moglie accennando un piccolo sorriso, state tranquilla Kleopa. Cercherò di esserlo…prima deve nascere l’erede, poi si cercherà di capire…Teodoro la invita ad alzarsi, la stringe in un abbraccio e con le labbra sui suoi capelli inondati dalla luce del sole le sussurra ancora di stare tranquilla.”
La balìa; un potere capace di reggere le sorti di un popolo o di un luogo. Un potere, spietato che ben si attanaglia all’immagine del potere di un consiglio di guerra medievale. Ma Cleofe seppe capovolgere eventi negativi in passioni comuni: aprendo un dialogo con il popolo e con rinnovata fiducia trasformò lo scenario di guerra in una fonte di speranza futura.
Fu l’inizio di una prospettiva nuova per un dialogo tra due culture religiose diverse: entrambe ricche di forti simbolismi spirituali.
Se l’imprevedibile non avesse cambiato il percorso della sua vita, Cleofe, avrebbe potuto dare un’impronta nuova e significativa che avrebbe cambiato la Storia dell’Impero Romano d’Oriente e di quello d’Occidente.
Trama
Cleofe Malatesta (Pesaro, 1405- Mistra, 1433), figlia di Malatesta dei Sonetti, fu data in sposa nel 1420 a Teodoro II Paleologo, despota della Morea, per accordo fra papa Martino V ed Emanuele II imperatore di Costantinopoli. La festa per le nozze imperiali si svolse alla corte di Carlo Malatesta a Rimini, anche se la cerimonia nuziale vera e propria, nella sua versione cattolica, fu celebrata per procura, con il consenso del pontefice, alla corte paterna di Pesaro. Imparentata coi Gonzaga, gli Sforza, i Montefeltro e i Colonna, “giovanissima, bellissima, intelligentissima, fluente nel greco come nel latino,”alla corte degli ultimi Paleologhi di Mistra, si disse che fu “una despina superiore a tutte le altre regine”perché “era umile e accondiscendente con tutti” (…) “Se ne andò come un cristallo che va in frantumi e la sua vicenda è ancora oggi avvolta nel mistero. “Il disvelamento della vicenda di Cleofe l’ho vissuto qui come un atto dovuto per onorare una giovane che con la significatività della propria vita ha significato la Storia. Da quando l’ho scoperta lei non mi ha più lasciata e continua a essermi compagna”.