Narrativa recensioni

L’uomo di zolfo. Il romanzo di Luigi Pirandello – Silvana La Spina

Recensione a cura di Serena Colombo

Qusto ultimo libro di Silvana La Spina ed edito da Bompiani vede in Luigi Pirandello il suo protagonista principale: non una biografia, ma un romanzo che ha del saggio la preparazione documentaristica di base, e un saggio che ha la cifra narrativa del romanzo.
Ed è tra le cose più belle e più interessanti che ho letto nel corso del 2023.

Delle opere di Luigi Pirandello ho letto poco – i suoi romanzi più famosi – e forse anche male; della sua vita conoscevo pochi stralci. Eppure dopo questo libro mi è venuta la voglia di approfondire.

Lietta, Maria Antonietta, Fausto, Luigi, in basso, Stefano. (Soriano del Cimino, 1908).

Carattere burbero, scontroso, nasce figlio di uno zolfaro, si fa per un certo periodo zolfaro (per volontà paterna, non certo per convinzione), ma vive tutta la vita percorso, e potremmo dire percosso, dalla fiamma inesauribile della creatività letteraria, dalla smania di raccontare, di scrivere, che lo porta, non senza travagli e lotte familiari, a lasciare la zolfara, la famiglia e la Sicilia e andare a studiare a Roma dove si scontrerà con la scena letteraria del momento dominata dal Vate d’Italia, quel D’Annunzio che lui odia con tutto sé stesso, non apprezza, così come il suo compaesano Verga

Sì, lo odia il Pescarese, ma non del tutto, in parte lo ama e lo stima, tanto che va a vedere ogni sua opera a teatro e legge di nascosto le sue mirabolanti poesie. In fondo è pur sempre l’Avversario.

[…]

«Io non sono lui e non sono manco Verga… Quella freddezza clinica, quella impas-sibilità del cosiddetto Verismo. A me i personaggi prendono allo stomaco. Per me sono io che devo seguirli nel loro percorso.»

A Roma soffre, Pirandello: colui che riceverà il premio nobel nel 1934, all’inizio non è nessuno, non riesce a essere riconosciuto come lui crede gli sia dovuto. Non è nessuno e vorrebbe essere qualcuno, dice l’autrice. Il suo odio diventa disprezzo quando la scena letteraria dell’epoca viene occupata dalle donne: Serao, Deledda

Tutte puttane queste femmine scrittrici, si dice, eppure tutte hanno più successo di lui. Basta pensare a quella Serao, che ormai sembra dappertutto, sui giornali, nella cronaca mondana, nelle mani dei lettori.
Il nostro è diventato all’improvviso il secolo delle femmine. Sono loro che comandano, loro che brigano, con i loro salotti, i loro amanti, con le commesse che chiedono ai giornali e agli editori con uno schiocco di dita. Maledette.

Cos’è che non piace di Pirandello? Cos’è che gli manca per avere quel riconoscimento, quel successo?
Forse il veleno che mette dentro ciò che scrive? Quel veleno che lui ha dentro?

Lui ha bisogno di contornarsi di gente, di chiacchiere, di veleno. È con il veleno che si scrivono i libri, ha sempre pensato. Con il veleno e con l’invidia. Perché finalmente lo ha capito anche lui, l’invidia è il motore del suo lavoro.

Forse è la vita vera che lui osserva, sempre e comunque – suo prediletto punto di osservazione e ispirazione per i suoi personaggi e storie è la stazione ferroviaria – e che poi traspone nei suoi romanzi, nelle sue opere teatrali? È perché così facendo rischia di rendere riconoscibili fatti e persone (lo farà con la sua stessa famiglia che più volte si sentirà sbeffeggiata e messa alla berlina pubblicamente)?
Perché in fondo Pirandello è quasi un verista

Il suo infatti è uno stile in apparenza semplice, quasi verista, ma dentro le storie ci mette sempre il pungiglione del sospetto, del fallimento, dell’ingiustizia. E magari del paradosso.

Perché per Pirandello l’arte deve andare al fondo delle cose, degli uomini e delle sue assurdità.

O forse non riesce a essere apprezzato perché lui, il suo mondo e le sue storie sono troppo moderni per essere compresi?

La vita di Luigi Pirandello non è esemplare, tutt’altro: promesse spose poi abbandonate, promesse di matrimonio infrante, una moglie accettata per la sua dote (che risolleva le finanze del padre la cui zolfara è in dissesto) che però pur ama, a modo suo – e fino a un certo punto – tre figli e un’amante che oramai in età avanzata quasi lo instupidisce, un’attrice molto più giovane di lui, quella Marta Abba che segue ovunque, per la quale spende i suoi soldi, quelli che ora gli arrivano con molta facilità, insieme al successo – prima nazionale e poi mondiale – per le sue cose, per ciò che scrive: novelle sui giornali, romanzi – alcuni pubblicati a fatica – opere teatrali.

E cosa è successo, cosa è cambiato nel vento che soffia sull’uomo del Girgenti?

Non aveva forse Pirandello rivelato gli stessi temi nelle opere precedenti? Non erano già paradossali il suo Giacomino o il suo Mattia Pascal? Cosa è cambiato da allora? La guerra. C’è stata una guerra che ha mostrato l’assurdità del vivere a generazioni di giovani e di vecchi.

E ora, con la guerra, la vita messa in teatro da Pirandello si rivela più veritiera della vita stessa. Il dramamturgo produce a profusione, non sa stare senza scrivere, la sua fantasia non ha requie nella sua testa, lo riempie di personaggi, di situazioni, di storie che devono prendere vita, che siano sulla carta o sul palcosecenico. Eppure

Lui, che amerà sempre il teatro, non sopporta quando il teatro diventa vita vera.

Ed ecco che quando il dramma della follia della moglie, quando le sue scenate di gelosia, i suoi atti di violenza verso la sua stessa persona diventano esagerati, spropositati, Pirandello prende una decisione, forse sofferta, ma che i suoi figli vivranno come un tradimento, soprattutto vedendo il padre dedicarsi completamente alla sua amante Marta che, però, non lo ama.

Ma la vera amante di Pirandello è e resterà sempre una e una sola:
quell’amante gli è sempre stata accanto, l’Arte è la donna che non l’ha mai lasciato e che ora persino lo ricompensa dei sacrifici.

Il libro della La Spina, di cui ho volutamente riportato più stralci del solito, è uno splendido viaggio nella vita di Pirandello, sì – e in questo è significativo il titolo – ma soprattutto delle sue opere, tutte, dalle novelle al romanzo al teatro. È come leggere un romanzo e in esso tutte le opere del grande letterato del 900, camminarci dentro, vederle intrecciarsi alla sua vita. È vedere le sue opere, i suoi scritti germogliare, in maniera quasi naturale, dalla sua stessa vita, capirne al meglio il perché e il per come sono nate, e sono l’esempio di una genialità creativa senza eguali.

Alla fine si esce da questo libro non amando forse il Pirandello uomo, le sue scelte, il suo “simpatizzare” per il fascismo, la sua vicinanza a Mussolini, il suo carattere, il suo modo di essere marito e padre. Ma di sicuro se ne esce amando la sua letteratura, le sue opere, la sua genialità, la sua “filosofia”, il suo teatro. E ci sembrerà più vicina la sua idea di arte e di letteratura.

E dopo, cosa succederà dopo? No, non c’è bisogno che glielo dicano: lui morirà e i suoi personaggi rimarranno per sempre.


pro

Tutto, è un libro pressappoco perfetto. E il finale è meraviglioso.

contro

Nessuno

Citazione preferita: Perché il rancore è infaticabile. È come le male annate, e questo i contadini lo sanno, lascia storditi e senza forza nelle braccia, ma anche il fuoco nel cuore.

Trama
La barbetta da fauno, lo sguardo severo, i capelli biondi ravviati all’indietro: qualcuno per le vie della capitale potrebbe scambiarlo per uno studente tedesco. E invece quel ventenne malinconico è arrivato a Roma dalla Sicilia, dove ha lasciato un padre che lo preferirebbe lontano dai libri e una fidanzata che non vuole sposare. Si chiama Luigi Pirandello, e dentro di sé porta una ridda di ombre cui ancora non sa dare corpo né voce. Nel giro di una manciata di anni quel ragazzo tormentato diventerà il più famoso scrittore italiano, l’uomo che nella matassa dei legami familiari, in un matrimonio-prigione dove deflagra la pazzia, trova la materia da cui trarre drammi, novelle e romanzi; l’artista che vive negli alberghi parigini, conversa con Albert Einstein e vince il premio Nobel eppure ha sempre bisogno di denaro; l’intellettuale che intrattiene ambigui rapporti con il fascismo; il drammaturgo che si innamora della giovanissima attrice musa delle sue pièce. Siciliana e sulfurea quanto il suo personaggio, Silvana La Spina si accosta allo scrittore che più di tutti ha saputo presagire nel doppio, nelle maschere, negli avatar, diremmo oggi, una delle chiavi più inquietanti della modernità. E in queste pagine ci conduce dietro le quinte della vita di Pirandello, consegnandoci in forma di romanzo una biografia sorprendente, a tratti sferzante ma anche capace di liberare l’uomo dalle incrostazioni dell’icona e restituircelo nella sua più piena sensibilità.

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