Articolo a cura di Maria Marques
Chi fu Giulia, la figlia di Ottaviano? La donna colta, elegante, capricciosa ma anche viziosa e lasciva che la storia ci tramanda, oppure dietro questa cortina che l’ha bollata per sempre, si nasconde qualcosa d’altro? Forse una donna che seppe sfidare il padre sino a pagarne le conseguenze estreme?
Giulia nacque nel 39 a.C., unica figlia di Ottaviano, erede di Giulio Cesare e della sua seconda moglie, Scribonia. Essendo l’unica erede di sangue di Ottaviano, secondo gli intenti del genitore, avrebbe dovuto, attraverso un matrimonio illustre, assicurargli dei nipoti con cui perpetrare la discendenza maschile della famiglia. Il matrimonio tra Ottaviano e Scribonia, non durò a lungo, e nel 38 a.C., mutate le necessità politiche, egli sposò Livia Drusilla.
Dell’infanzia e adolescenza di Giulia, non sappiamo molto e quel poco, ce lo raccontano le fonti antiche attraverso accenni sulla sua vita, narrando di Ottaviano, di cui scopriamo volle che la figlia e le nipoti, fossero educate rigidamente secondo i costumi antichi e che imparassero l’arte di filare la lana e frequentassero persone selezionate con cura. Giulia comunque ebbe un’educazione raffinata, affidata a ottimi insegnanti che le fecero scoprire l’amore per la letteratura e per la cultura, interesse che mantenne per tutta la vita.
A controllare e coordinare la vita di Giulia fu Livia Drusilla, la terza moglie del padre, ma la sua infanzia non fu solitaria. La casa paterna ospitava altri bambini, primi fra tutti, Tiberio e Druso, i figli che Livia aveva avuto dal primo marito che morendo li aveva affidati proprio a Ottaviano e poi, dopo il divorzio tra Marco Antonio e Ottavia nel 32 a.C., le loro figlie, Antonia maggiore e Antonia minore e i figli di primo letto di sua zia: Marco Claudio Marcello e Marcella Maggiore e Marcella Minore. Oltre a questi si aggiunse Iullo Antonio, nato dal matrimonio tra Marco Antonio e Fulvia.
Nel 25 a.C. Giulia quattordicenne, sposò il cugino Marco Claudio Marcello, figlio di Ottavia sorella di suo padre. Con il suo nuovo status di donna sposata, ottenne una libertà di movimento che prima, come figlia le era negata, potendo frequentare il teatro, luoghi di ritrovo ma soprattutto fu libera di incontrare altre persone non solo limitate alla cerchia famigliare.
Nel 23 a.C., dopo circa due anni dalle nozze, Marcello morì improvvisamente, scombinando i piani di Ottaviano che avrebbe voluto adottarlo come figlio e suo erede. Vedova e senza figli, Giulia ormai diciottenne, nel 21 a.C. sposò Marco Vipsanio Agrippa, amico e collaboratore di Ottaviano, che all’epoca di anni ne aveva quarantadue.
Agrippa non proveniva da una famiglia aristocratica ma il suo agire deponeva tutto in suo favore: collega di Ottaviano nel ricoprire le più alte magistrature, comandante vittorioso sia in mare sia in terra, costruttore di opere pubbliche e monumenti. La coppia ebbe cinque figli: Gaio Vipsanio Agrippa (Gaio Cesare), Vipsania Giulia Agrippina (Giulia minore), Lucio Vipsanio Agrippa (Lucio Cesare), Vipsania Agrippina (Agrippina maggiore) e Marco Vipsanio Agrippa Postumo (Agrippa Postumo), così definito perché nato dopo la morte del padre.
Amante della cultura, Giulia entrò in contatto con circoli culturali e letterari dell’Urbe. Animati da letterati e poeti, appartenenti alle famiglie più in vista di Roma, Giulia li frequenterà assiduamente, intrecciando relazioni sentimentali con alcuni degli intellettuali, tra questi Iullo Antonio. Nei circoli fra discussioni letterarie e filosofiche, si mescolavano anche idee politiche, che si traducevano in una contestazione del sistema cui Giulia, con la sua ostentata trasgressione e irriverenza nei confronti del regime creato dal padre, si muoveva regina incontrastata.
Agrippa morì nel 12 a.C. e, dopo dieci mesi di lutto, nell’11 a.C., Giulia sposò Tiberio, il figlio della sua matrigna Livia Drusilla, mentre il padre adottava formalmente Gaio Cesare e Lucio Cesare come suoi figli e eredi. Il matrimonio con Tiberio, nonostante la nascita di un figlio che morì ancora prima di ricevere il nome, non fu bene assortito. Tra la mentalità conservatrice e aristocratica di Tiberio e quella “moderna”di Giulia, ben difficilmente si poteva creare un equilibrio.
Nel 6 a.C. Tiberio si ritirò a vita privata stabilendosi a Rodi. Che cosa scatenò questa decisione? Un dissidio che coinvolse il figlio maggiore di Giulia, Gaio Cesare, già adottato da Ottaviano. Giulia spingeva perché suo figlio, raggiungesse i vertici del potere prima del tempo e riuscì a convincere il padre a concedere, con una deliberazione senatoria speciale, al ragazzo quattordicenne, la carica di console cui avrebbe dovuto accedere, intorno ai trentatré anni. Il disappunto di Tiberio fu tale che egli non solo si oppose all’attuazione della delibera, ma quando Ottaviano cercò una soluzione, che mettesse d’accordo figlia, moglie e genero, peggiorò la situazione e, quest’ultimo, rifiutate le offerte del patrigno, si ritirò a Rodi.
Con l’allontanamento volontario di Tiberio, la strada per Giulia e per coloro che la spalleggiavano e sostenevano, apparve senza intoppi. Giulia era la madre dei “principi della gioventù”, ovvero gli eredi di Augusto, amata e ben voluta dal popolo, e forse non valutò bene gli avversari che osservavano silenziosamente il suo agire, pensando di essere al di sopra di tutto. Nel 2 a.C. Giulia dovette fare i conti con il proprio agire e ancora oggi è difficile per gli studiosi ricostruire con precisione che cosa accadde, poiché si nascosero gli eventi mascherandoli con altro ben più appetibile e di facile divulgazione.
Il circolo mondano letterario che aveva Giulia come primadonna nascondeva ben altro oltre le sue relazioni extraconiugali ,le dissertazioni e componimenti letterari, ma si occupava anche di politica, come già detto, in particolare gli studiosi ipotizzano che appoggiasse una politica filo-antoniana che “prevedeva un governo d’impronta regale ellenistica basato sul consenso popolare e militare”. In questo senso gli intellettuali e gli aristocratici che ne facevano parte, si presentavano come i reali persecutori della politica di Marco Antonio e di Giulio Cesare.
Nel 2 a. C. anno in cui si celebrava il trentennale della vittoria di Azio e Ottaviano ottenne il titolo di pater patriae, sebbene la vita di Giulia, irriverente, trasgressiva, contraria alle regole, fosse nota a Roma, il padre la accusò di aver violato ripetutamente la Lex Iulia de adulteriis coercendis. Addirittura Ottaviano fece leggere le accuse contro la figlia in senato, da un questore, non limitandosi quindi a una reprimenda privata della sua condotta. Svetonio ricorda che Ottaviano meditò anche di condannarla a morte, sebbene la legge lo vietasse. La pena prevista per la violazione della legge in oggetto era il confino su un’isola. Gli studiosi attraverso una minuziosa rilettura dei testi antichi, hanno ricostruito eventi ben più drammatici rispetto a quelli che sono stati fatti circolare: il circolo intellettuale aveva smesso i panni culturali e indossati quelli eversivi volendo forse arrivare a un assassinio? E, se il fine fosse stato l’eliminazione di Ottaviano, fino a che punto Giulia ne fu coinvolta? Le sue esibite trasgressioni e l’irriverenza verso le regole furono soltanto un atteggiamento, una posa oppure si tradusse in una vera e propria presa di posizione, volutamente meditata? Adesso, stante le fonti in nostro possesso, non si può stabilire fino a che punto Giulia vi fosse coinvolta, ma evidentemente le implicazioni erano gravi a tal punto da far intervenire il princeps. Iullo Antonio si tolse la vita, Sempronio Gracco, altro probabile amante, fini i suoi giorni in esilio su un’isola dove fu poi raggiunto dai sicari imperiali e per coprire la colpa di Giulia si costruì intorno a lei una vita di dissipatezze, vizi, orge, incontri clandestini in luoghi pubblici, tanto che della donna elegante, colta, raffinata e ironica rimase ben poca traccia.
Giulia fu mandata in esilio a Pandataria, l’attuale Ventotene e lì vi rimase per cinque anni. Ormai trentasettenne si vide privata di tutti gli agi di cui aveva goduto, dei suoi libri, del suo stuolo di corteggiatori e dei numerosi schiavi che accudivano la sua persona e impossibilitata a disporre del proprio patrimonio. Le era proibito il vino e chiunque la avvicinasse avrebbe dovuto ottenere il benestare di Ottaviano. L’unica ad accompagnarla nel suo esilio fu la madre Scribonia, anche se forse il verbo scelto non parrebbe quello più opportuno e ,secondo l’opinione di alcuni studiosi, lei stessa fu complice con la figlia e confinata anche lei sull’isola.
Nessuno intervenne a favore di Giulia, neppure Gaio Cesare e Lucio Cesare, gli eredi di Ottaviano che morirono entrambi rispettivamente nel 4 d.C. e nel 2.d.C. Chi non si dimenticò di Giulia fu il popolo, secondo il racconto di Dione Cassio, cui evidentemente quella donna orgogliosa ma divertente, trasgressiva, rimase nel cuore, tanto che spesso intervenne presso il princeps perché concedesse alla figlia il permesso di tornare dall’esilio o almeno che il regime di restrizioni impostole fosse mitigato. Qualcosa il popolo riuscì a smuovere in Ottaviano, perché dopo cinque anni, a Giulia fu concesso di tornare sulla terra ferma, sempre in esilio da Roma, relegata a Reggio Calabria, ma ormai tutto stava cambiando. Quando il padre morì, il 19 agosto del 14 d.C. nel testamento mantenne la ferma volontà che né alla figlia Giulia né alla nipote Giulia minore fosse consentito, una volta decedute, riposare nel mausoleo della famiglia. Anche l’ultimo figlio di Giulia, Agrippa Postumo fu ucciso perché possibile successore, e quindi d’intralcio a Tiberio. Il nuovo imperatore, Tiberio, infine si dimenticò semplicemente dell’ex moglie, lasciandola morire in miseria e di consunzione.
Che cosa rimane di questa donna a parte la sua tragedia terrena? Piccoli accenni alla sua personalità filtrati attraverso le pagine degli scrittori antichi, da cui scopriamo che aveva una passione per il gioco, che era ironico, orgogliosa ma anche dolce e affettuosa e che si faceva strappare i capelli bianchi, facendo sorridere di questo vezzo, Ottaviano. Al padre che le rimproverava di aver indossato un abito sconveniente un giorno e quello dopo uno più confacente al suo status, lei rispondeva “ Oggi mi sono fatta bella per gli occhi del padre, ieri per quelli del marito”. Oppure ancora rimbrottata dal padre, per essersi presentata a uno spettacolo di gladiatori insieme a un gruppo di giovani e dissoluti, anziché circondarsi come Livia di uomini più maturi, lei replicava “ Anche costoro diventeranno vecchi con me”.
Una frase per ricordarla:
“Egli (Ottaviano) si dimentica di essere Cesare, ma io mi ricordo di essere figlia di Cesare”.
Volete conoscere più approfonditamente le vicende che videro protagonista Giulia e il mondo in cui visse? Ecco un saggio e alcuni romanzi che raccontano la sua vita.
Dal primo accordo di matrimonio stipulato dal padre, Augusto, quando aveva solo due anni, alla morte avvenuta, chissà se per caso, nello stesso anno del padre. Il volume di Lorenzo Braccesi ricostruisce l’affascinante vita di una donna discussa e criticata dai suoi contemporanei, musa ispiratrice di poeti e protagonista di bizzarre situazioni dentro la sua corte. Valerio Massimo Manfredi
Era bellissima, intelligente, colta, sofisticata e altera. Era affascinante e gentile e sapeva farsi amare. Era però anche ribelle e trasgressiva, provocatoria, irrequieta, viziata e capricciosa: più che una prima donna era una vera diva. Con l’acume di un investigatore, Lorenzo Braccesi ricostruisce la biografia di Giulia, l’unica mai scritta su una figura sfuggente per la rete di oblio che le è stata tessuta attorno. Cinzia Dal Maso, “Il Sole 24 Ore”
Non era folle, era una libertina dalle idee molto chiare. Finalmente Braccesi ci ha restituito il vero profilo di Giulia. Claudia Gualdana, “Libero”
«Non avevo ancora dieci anni, ma ero già sfuggita a due fidanzamenti ufficiali, il primo con Antyllus, il figlio di Antonio, il secondo addirittura con un barbaro: il futuro re dei Geti, Cotiso. In realtà sulla scacchiera della politica contavo come una pedina di vetro ai latrunculi, il gioco con il quale fin da bambina ero solita intrattenermi con mio padre. Ero diventata abile a impadronirmi della pedina del Re, che conserva la libertà di movimento anche quando il giocatore perde la Regina. Vincevo spesso e Augusto era deluso come un bambino, quando mangiavo la sua pedina venutasi a trovare tra due di colore diverso». Giulia Maggiore, figlia unica di Ottaviano Augusto, è la prima donna ad aver sfidato le leggi di un mondo costruito su misura per condottieri e imperatori. Bella, intelligente e colta, viene allevata con l’amorevolezza e la sapienza degne di un erede al trono, cosa insolita per una donna dell’epoca. Destinata dal padre ad assicurare una discendenza alla gens Iulia, sposerà prima il giovane Marcello, nipote prediletto di Augusto, poi il fido condottiero Agrippa e, in ultimo, il temibile fratellastro Tiberio. Tacito, Svetonio, Dione Cassio, Macrobio e Plinio il Vecchio ne lodano le innumerevoli doti, la squisita educazione e l’estrema dolcezza d’animo, che tuttavia non basteranno a salvarla dagli intrighi di palazzo della matrigna Livia, che con un’accusa di adulterio la costringerà a un duro esilio sull’isola di Ventotene, prima, e nella remota provincia di Reggio Calabria, poi. Queste sono le memorie che non ha mai scritto.
Antonella Tavassi La Greca (Napoli 1951 – Roma 2008) si è laureata in Storia e filosofia e ha insegnato per più di vent’anni nei licei della capitale. “La pedina di vetro” è la sua opera prima. Con Di Renzo Editore ha pubblicato anche il dramma teatrale “Voce di Giulia” (2003).
Il romanzo storico su Giulia l’unica figlia di Augusto è stato guidato da uno studio accurato e da una personale rielaborazione del personaggio, che nel corso del romanzo passa da bambina abbandonata e sola a donna spregiudicata e appassionata in cerca del potere e del vero amore. Nel suo libro l’autrice ha dato un’interpretazione personale a Giulia, che per molti è stata una donna licenziosa e corrotta ma che in realtà fu una pedina, per molti anni, nelle mani di suo padre, oggetto della sua politica, mai libera di seguire il suo cuore o di rendersi indipendente. Questo la porterà a ribellarsi alle regole e a finire esiliata.