A cura di Giuliano Conconi
“D’un tratto, sentì che gli si rizzavano i peli sulle braccia: con allucinante lentezza, a piccoli scatti intermittenti, la testa di Regan girava, ruotava sul collo come quella di un manichino, producendo un cigolìo analogo a quello di un meccanismo arrugginito, finché quegli occhi spaventosi e spettrali, di cui si vedeva soltanto il bianco, non si fissarono in quelli di lui.”
La citazione, tratta da “L’esorcista” di William Peter Blatty, è nota a tutti gli appassionati di horror.
Quando si parla di possessione, si è soliti pensare che all’interno dell’invasato si annidi il Diavolo.
Il demone entrato nel corpo della piccola Regan, è però Pazuzu, un’antica divinità babilonese.
Gli spiriti infernali sono innumerevoli, ordinati in una vera e propria gerarchia; non a caso, diversi trattati, a partire dal XVI secolo, si sono occupati di classificare il popolo degli Inferi. In Pseudomonarchia daemonum di Johann Weyer, tanto per citare un caso, rileviamo 68 nomi di Prìncipi, ciascuno a capo di un vero e proprio esercito.
Tutti concordano sul fatto che si ha maggior possibilità di incontrare il Demonio nelle località sperdute, in particolare nel deserto, ambiente che fa scontrare l’uomo con le privazioni e l’allontanamento dalla civiltà. Basti citare i Vangeli di Matteo (4,1), Marco (1,12) e Luca (4,1):
“Allora Gesù fu condotto nel deserto per essere tentato dal Diavolo”.
Colui che nella storia ha dovuto lottare maggiormente contro il Maligno è senza dubbio Antonio Abate, eremita nato in Egitto nel 250 d. C.
La principale testimonianza delle sue vicissitudini ci viene fornita da Atanasio, Vescovo di Alessandria, il quale redasse, tra il 357 e il 373, la “Vita Antonii”, biografia del santo. Sin dalla giovane età, Antonio, per avvicinarsi a Dio, sopportò le privazioni più ardue, isolandosi dapprima nei dintorni del suo villaggio, poi in una regione disseminata di cimiteri. Non ancora soddisfatto, iniziò a vagare nel deserto.
Il Maligno sì indispettì a causa della devozione del giovane, e lo tentò tramite demoni minori, i quali gli instillarono pensieri sul successo, sul denaro e sulla gloria, per distoglierlo dalla povertà e dalla preghiera. Oppure gli provocarono desideri relativi al cibo, per guastargli il digiuno.
Antonio resistette a tutte le lusinghe e continuò il proprio percorso spirituale. Rimaneva sveglio la notte, si sfamava ogni quattro giorni con acqua, sale e pane, riposava sulla nuda terra.
Il Diavolo, sempre più alterato, cercò allora di corromperlo con il sesso, dapprima tramite sogni e pulsioni al basso ventre, poi facendosi carne. Così, assunto l’aspetto di una bellissima ragazza, cercò in ogni modo di provocare l’Abate.
Antonio dovette addirittura chiudersi in un sepolcro per sfuggire alla tentazione.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
All’interno della tomba infatti, i demoni cercarono di spaventarlo con apparizioni mostruose di serpenti, scorpioni, lupi, tori.
Addirittura, si presentò ad Antonio una figura alta in modo grottesco (quello che oggi definiremmo uno “Slenderman”), dichiarando di essere la provvidenza divina. Egli la scacciò con il segno della croce. Altrettanto fece in un’altra occasione al cospetto di uno strano monaco comparso dal nulla. Le fonti riportano anche di un esorcismo particolarmente violento praticato dal santo su di un tale, posseduto a tal punto da aver assunto le fattezze d’asino dalla vita in giù.
Un’altra volta ancora l’Abate venne svegliato da rumori provenienti dall’interno della tomba nella quale riposava: ben presto si accorse di essere circondato da una schiera di energumeni spuntati chissà da dove. Il nostro se la vide brutta: fu insultato e percosso con tale violenza da essere ridotto in fin di vita.
Ma nonostante tutto, non desistette dai suoi propositi.
Satana, irritato da tanta sopportazione, si decise a inviare creature immonde, emissari rigurgitati dall’Inferno, pronti a travolgere Antonio in un gorgo di sofferenza tale che neppure la penna di Clive Barker potrebbe descrivere. Nonostante i tormenti indicibili egli resistette e, anzi, scacciò il Male da sé una volta per tutte. Sempre Atanasio ci testimonia che Antonio, al termine di estenuanti torture, pronunziò le seguenti parole:
“Se aveste qualche potere, sarebbe bastato che venisse uno solo di voi. Ma poiché il Signore vi ha tolto ogni nerbo, tentate di impaurirmi con il numero. Segno della vostra debolezza è poi il fatto che assumiate l’aspetto di belve e di bruti.”
Antonio, colui che sconfisse il Diavolo, al compimento dei 55 anni si stabilì presso Pisipir, in una fortezza abbandonata, per poi concludere la sua esistenza (alla veneranda età di 106 anni!) presso una piantagione di datteri, vicino al monte Sinai.
Questa esperienza, più altre simili (pensiamo a quelle di Macario. Ilarione di Gaza o Evagrio Pontico), ci forniscono un vero e proprio campionario di tentazioni, possessioni e aggressioni diaboliche: visioni edonistiche, fantasmi, allucinazioni terrificanti, bestemmie, insulti, urla agghiaccianti, percosse violente, derisione della rettitudine, malattie del corpo e della mente.
Giuliano Conconi
Fonti
W. P. Blatty, L’Esorcista, Trad. M. Basaglia, Arnoldo Mondadori Editore, 1974, Milano
Atanasio Di Alessandria, La vita di Antonio, Edizioni del Carmelo, Ebook
M. Centini, L’Angelo Decaduto, De Vecchi Editore, 2004, Milano
A.M. Di Nola, Il Diavolo, Newton & Compton Editori, 1987 Roma