QUI DOMINATUR IN COLORIBUS, DOMINATUR MUNDI.
Colui che domina i colori, domina il mondo
Questa frase tratta dalla pubblicazione De coloribus Alchemist di Anfione Metastasio, rende perfettamente l’idea dell’atmosfera che si respira nel thriller storico di Giuseppe Esposito.
Metastasio, un alchimista nato dalla fantasia dell’autore, attraverso questa frase esprime un concetto che nel contesto specifico della narrazione ha una valenza rilevante. Non posso in questa recensione svelare di più per non togliere il piacere della lettura, ma l’assunto può considerarsi valido su un piano prettamente psicologico: riuscire a vedere la luce, e quindi il colore, anche nelle situazioni più complicate o avverse, può risultare la chiave di volta.
Nella Napoli del XVIII secolo, l’autore ci racconta una vicenda thriller dai connotati artistici. Sotto l’egida di Carlo di Borbone, sovrano capace di ridare beltà e ricchezza alla città di Napoli, a cui però non mancano sfaccettature di povertà e malcreanza, vive un giovane dal nome particolare: Salaì.
Il ragazzo, il cui soprannome gli è stato affidato dall’artista e suo maestro Abdone di Benevento che lo ha cresciuto come un figlio, ha un carattere molto particolare.
“L’amore, sopra ogni cosa, smuoveva in lui troppe ombre, faceva emergere il suo lato oscuro, così che non appena affiorava quella che poteva sembrare una genuina sensibilità d’animo, sopraggiungevano altre forze che lo distoglievano da quell’umanità”.
Un’anima in cui albergano tante, troppe ombre, più delle luci. Un carattere, che ha molto poco di colorato, dove è il nero che la fa da padrone. Il nero di un dolore che cova. Un animo rabbuiato che fa da contraltare alla grande capacità di Salaì di maneggiare i colori: li studia, li appronta, li stende, crea magnifiche opere d’arte. Dei colori e della pittura conosce ogni segreto, la composizione chimica degli stessi non ha segreti per lui fin dalla giovane età. Un ragazzo prodigio che ben presto si mette in mostra alla corte di Carlo di Borbone diventando, al suo arrivo a Napoli nella bottega di Vincenzo Bellini, pittore di corte.
Nessuno poteva capire le verità che lui era in grado di scorgere nella mistica chimica dei colori. Nessuno conosceva quanto lui il potere di quei pigmenti e di quelle sostanze.
Mentre seguiamo la crescita fisica e psicologica di Salaì, personaggio di Vinciana memoria, nella città di Napoli il commissario De Cenzo con il dottore di corte Morgagni sono alle prese con alcune misteriose morti. Le vittime non mostrano segni di violenza, nessun’arma da taglio o da sparo è stata utilizzata su di loro. Sembrano semplicemente addormentate nella morte. Cosa può averle uccise e cosa sono i segnali che l’assassino lascia sulle sue vittime?
Ben presto si fa strada il nome de “l’alchimista” come il colpevole di questi omicidi. L’arma utilizzata per spegnere queste vite è ingegnosa, quasi non lascia traccia se non a un occhio esaminatore esperto come quello di Morgagni. Le vittime hanno una particolarità in comune: appartengono all’Ordine Segreto degli Ombra, un gruppo di uomini che nel buio trama contro il potere costituito della città e colui che lo rappresenta.
Ancora una volta, luci e ombre, chiaro e scuro. Una contrapposizione, un contesto duale in cui l’autore torna spesso all’interno della narrazione. L’antitesi tra i personaggi, il Bene e il Male, chi lavora alla luce del sole e chi nel buio di una cripta. Da una parte la Napoli dei ricchi e borghesi, delle grandi feste signorili, dall’altra la povertà dilagante, gli stracci attorno a cui si stringono i più poveri della città.
Era un calderone di aromi e un caleidoscopio di colori: dalle tinte blu, rosse e verdi delle stoffe preziose dei vestiti degli aristocratici alle più sobrie dei poveri che si muovevano al ritmo dei balli popolari, dallo scintillio dell’oro, delle perle e dei diamanti, al rame e al ferro di oggetti per niente preziosi. In un sol posto vi erano riuniti uomini di gran lignaggio e gente comune che più della puzza addosso e lo sporco non aveva. Insomma, c’era il ricco e il povero, e sembravano, almeno in quel giorno di festa, andare d’accordo e stare bene insieme.
L’autore, attraverso un classico thriller storico a tinte Newton Compton Editori, dal ritmo veloce e scrittura fluida, porta il lettore nel mondo dell’arte e dell’alchimia, che mai come in questo caso appaiono vicine e in simbiosi.
Albedo, Nigredo e Rubedo le tre fasi alchemiche principali della Magnum Opus (la Grande Opera) in cui si divide il romanzo, assumono un ruolo chiave per il messaggio che l’omicida vuole lasciare. Una trasmutazione non già materiale ma dell’animo, una purificazione che deve necessariamente passare attraverso i colori, che non a caso vengono richiamati dal processo stesso.
Alchimia e arte si fondono in un thriller storico che non tralascia belle descrizioni della città di Napoli e del Beneventano. Tantissimi i riferimenti a personaggi del passato e alle loro pubblicazioni, come Isaac Newton, Galileo, Cennino Cennini, Vitruvio, Plinio il Vecchio. Studiosi che dedicarono la propria vita alla comprensione del creato e alla decodificazione delle leggi di natura.
De Cenzo e Magnani alle prese con un omicida senza scrupoli e con una grande conoscenza, si trovano a dover decifrare enigmi in codice, seguire le tracce nascoste nei testi di alchimia e scienza, per fermare la spirale di morte.
Un thriller godibile che ha il pregio di introdurre una metodologia omicida originale, un ottimo esordio per un autore emergente che sa coniugare in modo sapiente le nozioni storiche a quelle scientifiche grazie ai suoi studi da chimico dei colori. Un primo romanzo che sicuramente sarà accompagnato da altre uscite dello stesso tenore.
“Un pittore non deve mai smettere di dipingere perché nel momento stesso in cui smette di farlo la sua anima muore”.
Trama
Napoli, 1737.
Ubaldo Ascione, Maestro dell’ordine segreto degli Ombra, è incaricato di avvelenare il re Carlo di Borbone nel teatro San Carlo. Tuttavia, un ripensamento dell’ultimo minuto lo induce a fuggire verso Benevento con la famiglia, senza aver portato a termine la missione.
La vendetta degli Ombra giunge immediata e implacabile: Ubaldo e la moglie vengono uccisi. Il piccolo Guglielmo, figlio della coppia, viene salvato e allevato in segreto dal pittore Abdone, che gli dà un nuovo nome: Salaì.
Tredici anni dopo, sentendo la propria fine avvicinarsi, Abdone invia Salaì, ormai diciassettenne, a Napoli, presso il maestro Vincenzo Bellini, affidandogli un antico e prezioso manoscritto.
Intanto, il commissario regio Gaspare De Cenzo si trova a dover far luce su una serie di misteriosi omicidi, condotti secondo un preciso rituale da un assassino che viene presto soprannominato “l’alchimista” …