recensioni Saggistica

Caterina Sforza Potere e bellezza nel Rinascimento – Pierluigi Moressa

Recensione a cura di Maria Rita Truglio

“Io sono figlia di uno che paura non aveva” avrebbe detto Caterina di fronte ai colpevoli della morte del marito. Un agguato organizzato dalla famiglia Orsi per poter ottenere il potere sulla città di Forlì. Il giorno dopo la morte di Girolamo Riario, questo il nome del suo primo marito, la Sforza venne condotta a Ravaldino. Di fronte ai rivoltosi che l’avrebbero minacciata di uccidere i proprio figli, Ottaviano e Cesare, si sarebbe toccata il ventre esclamando:

<< Io sola non vi temo e vi dico che, se anche uccideste i miei figli, ho qua la forma stupenda per farne degli altri>>.

Un evento, questo, che negli anni a venire verrà arricchito di leggende, rendendo ancora più intrigante la figura di Caterina Sforza.

Questa è solo una delle chicche che l’autore Pierluigi Moressa riporta in questa biografia dal contenuto storico pregnante in cui il carattere della contessa fa da padrona all’intera storia. Una Biografia costruita soprattutto intorno alla sua forza e determinazione che la portò a essere una delle donne più importanti del suo tempo. Niente “girl power”, come diremmo noi oggi, ma solo il potere di una donna capace di dominare gli eventi.

“La sequenza fa pensare a come la possanza di stampo virile e la piena consapevolezza della propria florida femminilità si intrecciassero nell’animo della contessa.”

Figlia di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e dell’amante Lucrezia Landriani, Caterina venne cresciuta dalla nonna paterna Bianca Maria Visconti vedova di Francesco Sforza. In seguito, insieme ai suoi fratelli, venne adottata dalla moglie del padre Bona di Savoia.

Non era una novità, soprattutto nel periodo rinascimentale, che figli nati da relazioni clandestine venissero cresciuti esattamente come i figli legittimi. All’età di dieci anni venne data in sposa a Onorato Torelli, figlio di Marcantonio, capitano delle milizie sforzesche. Ma la cosa si concluse con un nulla di fatto: Onorato, da tempo infermo, morì.  Galeazzo non si scoraggiò.

In quel periodo papa Sisto IV aveva proposto come sposa al ventottenne Girolamo Riario Costanza Fogliani. La madre però sollevò un’obiezione: la figlia non aveva ancora quattordici anni, l’età legale per poter contrarre matrimonio. Il Riario intenzionato a non aspettare accettò la proposta di Galeazzo di sposare sua figlia Caterina. 

Nel contratto, nessuna astensione dai rapporti carnali e nemmeno l’attesa dell’età furono previste.  Così nel gennaio 1473 fu stretta la promessa di matrimonio. Un’unione che avvenne per procura nell’aprile 1477 e che diede alla luce sei figli: Ottaviano e Cesare, nomi scelti per onorare Roma dove in quel periodo stavano soggiornando, Bianca, Giovanni Livio il primo a nascere in Romagna, Galeazzo Maria e Francesco.

Dalle parole che compongono questo libro traspare limpida e senza  dubbio alcuno la prontezza di spirito della contessa. Una donna pronta a prendere le redini di ciò che le riserva la vita, gradito o sgradito che sia. Come durante la peste che colpì Forlì nel 1486 in cui si dimostrò essere una presenza veramente importante per la città e per i malati che non lasciò al loro destino. 

Una bontà d’animo direttamente proporzionale alla sete di vendetta verso chi osava tradire lei o la sua famiglia. La vendetta è un piatto che va servito freddo e lei questo motto lo fece suo. Dopo la congiura organizzata dagli Orsi che portò alla morte del marito, lasciò che a pareggiare i conti fossero gli stessi cittadini. Mille ducati per ogni Orsi e ogni scagnozzo uccisi. Un temperamento abbastanza controllato che la abbandonò, invece, quando a essere ucciso fu Jacopo Feo, suo amante. Lì la sua vendetta fu a largo raggio: semplici sospettati, madri, bambini, qualsiasi conoscente dei congiurati, nessuno ebbe scampo.

“Di conseguenza, questi atti determinarono il declino della simpatia popolare per la contessa, la cui anima di amante brutalmente ferita non risparmiò colpi ai propri sudditi, facendo provare loro il dolore e la lacerante devastazione che lei stessa viveva”

Signora di Imola e contessa di Forlì, la figura di Caterina si erge in un movimentato periodo storico che Moressa non risparmia di descriverci.  E tra le innumerevoli figure maschili del periodo Caterina si amalgama senza differenze. Camuffata dal nome del marito prima e dal nome del figlio Ottaviano poi (colui che avrebbe ottenuto il comando al raggiungimento dell’età), detiene il “potere maschile” con altrettanta baldanza e senza timore nemmeno nei confronti del Papa che più di una volta proverà a mettere le mani sulla Romagna. Anzi dimostrerà pugno di ferro e una conoscenza delle questioni militari da far invidia a qualsiasi soldato. La Tigre di Forlì, così fu chiamata da un ambasciatore veneziano, lotterà con le unghie e con i denti per difendere i suoi territori.

Lo dimostrerà ampiamente nel 1499 quando Cesare Borgia comparirà davanti la rocca di Ravaldino con un numero elevato di soldati, sicuramente maggiore rispetto all’esercito di Caterina. Dimostrazione di tenacia che compiacque anche lo stesso Borgia.  La guerriglia si concluse con la sconfitta di Caterina ma nessuno potè considerarla tale. Fu tenuta “prigioniera” circa un anno a Castel Sant’Angelo sotto le direttive di Papa Alessandro VI, dopo di che venne mandata a Firenze. Forse proprio da qui cominciò a nascere il suo mito che molto ispirò i cronisti a venire. E a questo proposito, una delle cose essenziali che Pierluigi Moressa ha adottato per la stesura di questa biografia è la svestizione mitologica del personaggio in modo da restituire al lettore la persona.

Come accennato prima, l’autore non si dedica solo a Caterina ma anche al mondo che le girava intorno. Inevitabile. Troppi eventi storici risucchiavano la sua figura plasmandole il carattere. Ma la Sforza aveva pure un suo di universo, un mondo esoterico se così possiamo chiamarlo. Ricette erboristiche, lozioni per capelli e tutto ciò che concerne la bellezza femminile e maschile; accanto a questi esperimenti di bellezza non faticavi a trovare il modo di <<far acqua che indura el ferro che taglia omne metallo>>. Interesse che la porterà a collaborare con Leonardo da Vinci. Un capitolo, questo, ricco di dettagli e ricette che ho particolarmente apprezzato.

“Il ricettario sforzesco nacque da un laboratorio pratico, tra alambicchi e bocce di vetro, dove la contessa, impiegando materiali di vario genere e talvolta di inconsueta provenienza, ottenne risultati che reputò degni di trascrizione.”

Tra miti e leggende e vari detto e non detto, Caterina Sforza irruppe con la sua solidità di donna. Da questo suo essere l’autore ha estrapolato la sua vita dandole il giusto peso. L’umanità con tutto ciò che ne comporta, onori ed errori, non l’ha resa una donna del suo tempo ma una persona proiettata al futuro.  Anche se il capitolo finale della sua vita le toglie tutto, non posso fare a meno di chiedermi se mai avesse sospettato quanti altri capitoli a lei dedicati ci sarebbero stati anche dopo la sua morte, restituendole tutto! Così come ha fatto Pierluigi Moressa che con questa suo scritto ha restituito umanità alla sua figura.

Editore : ‎DIARKOS (22 febbraio 2022)
Lingua : ‎Italiano
Copertina flessibile : ‎284 pagine
ISBN-10 : ‎8836161561
ISBN-13 : ‎978-8836161560
Link d’acquisto cartaceo: Caterina Sforza

Trama

La figura di Caterina Sforza si innalza sullo sfondo delle vicende rinascimentali che attraversarono l’Italia e l’Europa. A capo di uno Stato piccolo per superficie ma strategico negli equilibri di potere della penisola, Caterina apparve signora capace di strategie spietate, virago dagli appetiti erotici insaziabili, vedova di tre mariti, esperta di studi alchemici. Figura di donna guerriero, Caterina intese esaltare la bellezza e la salute secondo le prescrizioni di un ricettario che diede conto di lunghe sperimentazioni e di una cultura tradizionale tipica delle ricerche dell’epoca. La contessa seppe conservare il valore degli avi e lo spirito di suo padre, e fino al termine della propria vita volle proclamare il senso di fierezza della stirpe sforzesca e l’incarnazione di un valore destinato, forse per sempre, a far stupire il mondo.

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