Narrativa recensioni

La violinista di Auschwitz – Ellie Midwood

Recensione a cura di Laura Pitzalis

Un libro straordinario, struggente e bellissimo.

Non è il solito romanzo storico ambientato in un campo di concentramento, è un romanzo che unisce, in modo sublime, la crudeltà di un campo di sterminio con l’arte, il talento, la dolcezza della Musica. Perché è grazie a questa che le angherie e le ingiustizie appaiono dolorose ma rarefatte, la crudeltà più tollerabile.

La Musica, quindi, come risposta e antidoto alle barberie e all’odio folle, che aiuta a ritrovare la dignità violata e a sopravvivere all’inferno, che conquista spazio in una situazione dominata dal male allo stato puro.

Questo non può che rappresentare una speranza.

Finalmente tutto fu pronto e il silenzio calò sul Blocco degli Esperimenti … La prima nota fu lunga e incerta, per testare la quiete della notte in arrivo. S’interruppe, esitante, e poi riprese forza, si sciolse in un crescendo di volate e, tutt’a un tratto, il nome stesso di Auschwitz smise di esistere per le sue vittime. Non si trovavano più lì … ognuna immersa nel proprio mondo, dove la bellezza aveva riacquistato un senso … dove le persone che amavano erano ancora vive, nonostante tutto, perché la musica era eterna, così come i ricordi.

Ellie Midwood nel suo romanzo ci racconta, attenendosi alle testimonianze dei sopravvissuti, la vera storia di Alma Rosé, famosa violinista tedesca d’origine ebraica, nipote di Gustav Mahler, nel famigerato campo di Auschwitz, dove ricoprì il ruolo di direttrice dell’orchestra femminile di Birkenau.

E sì perché, paradossalmente, Auschwitz aveva un’orchestra, composta da prigioniere, che aveva il compito di accompagnare le detenute al lavoro, “accogliere” ogni nuovo arrivo di deportati e suonare per gli ufficiali SS ogni qualvolta lo richiedessero.

Alma riuscì a riorganizzare completamente la banda, che era in grado di suonare solo semplici marcette e qualche canzonetta popolare, portandola da venti a quaranta elementi e facendola diventare una vera orchestra capace di eseguire brani sinfonici dei più grandi compositori: Brahms, Beethoven, Dvořák, Tchaikovsky, Sarasate…

Grazie al suo talento e al carisma migliorò le condizioni di vita delle orchestrali, assicurando privilegi come docce quotidiane, una stufa per scaldare la baracca e cuocere il cibo, la possibilità di ricevere pacchi da casa o dalla Croce Rossa, divise nuove e diverse tra quelle da indossare ogni giorno e quelle riservate alle esibizioni e, il più importante, l’esclusione dell’orchestra dalle selezioni regolari per la camera a gas tenute dalle guardie e dal dottor Mengele, l’Angelo della Morte.

Lo stile della Midwood è scorrevole e facile grazie a un linguaggio non pretenzioso, la narrazione così intensa di particolari da coinvolgerci nel pathos, nell’emozione e nella paura.

Bravissima l’autrice a mettere in evidenza l’assurdo dualismo di Auschwitz e dell’animo umano dove il nazista si commuove davanti al suono di un violino e nello stesso tempo si diverte sguaiatamente ascoltando i suoni delle fucilazioni, ascoltando i disperati pianti e lamenti di tutti quegli uomini donne e bambini che manda a morire, mentre l’aria è satura del fumo proveniente dai forni crematori e la cenere dei morti scende sui vivi volteggiando come fiocchi di neve.

Un romanzo dove la sofferenza psicologica prevale su quella fisica. Ellie Midwood la descrive attraverso i sensi di colpa di Alma che è consapevole di avere determinati privilegi mentre fuori dal Blocco Musicale i prigionieri sono ridotti a corpi scheletrici, denudati e seviziati, bastonati e umiliati da kapò e comandanti crudeli e cinici. Non solo, a questi sensi di colpa si aggiunge un profondo senso di vergogna per la controversa gratitudine nei confronti di chi permette che l’orchestra esista.

Alma e le sue ragazze, in cambio della propria sopravvivenza, suonano per il piacere dei pezzi grossi del campo come Franz Hössler, Josef Kramer e persino Josef Mengele. Sono ripagate con premure che, in un ambiente di estrema crudeltà, qual è un campo di concentramento, risultano alquanto singolari. D’altra parte, la stessa presenza di un’orchestra in un luogo di morte e di atrocità è un ossimoro grottesco e mostruoso.

Questa dissonanza è resa perfettamente nel romanzo: sento uno stridio durante la lettura, come unghie che graffiano la lavagna, come una nota stonata che urta l’udito.

Alma fu felice di dar loro le spalle mentre dirigeva … In tal modo non potevano vedere la smorfia di odio e gelido disprezzo che le distorceva il viso … Avrebbero suonato e sarebbero sopravvissute, così che un giorno, uscite da lì, avrebbero potuto dare la caccia a quegli avvoltoi vestiti di grigio e condurli davanti alla giustizia per aver osato ridere quando soffrivano a migliaia … per aver osato festeggiare nel bel mezzo di quel genocidio … Sì, quella sera avrebbero suonato in modo magnifico, perché anche la sopravvivenza era un atto di resistenza e loro erano indomite guerriere che lottavano per la libertà.”

Sublimi e toccanti le pagine che parlano della storia d’amore tra Alma e il pianista Miklos. I loro sogni e progetti per quando, finalmente, sarebbero stati liberi, infranti in quel raccapricciante muro nero di un destino malvagio e crudele.
Ma loro vivranno in eterno, grazie alla loro musica:

Ogni volta che qualcuno ascolterà una registrazione del tuo violino, tu rinascerai. Ogni volta che la radio passerà un mio concerto al pianoforte, io rivivrò. Abbiamo creato qualcosa che non si può uccidere, Almschi. E loro, invece, periranno e ogni loro traccia verrà spazzata via dalla faccia della Terra.

Un testo, “La violinista di Auschwitz”, di acuta sensibilità e umanità, dalla cui lettura nascono sensazioni che fanno vibrare le nostre corde emozionali come l’archetto fa vibrare quelle del violino… e mi ritrovo a chiudere l’ultima pagina del libro con le lacrime agli occhi.

Editore: ‎ Newton Compton Editori (22 luglio 2021)
Lingua: ‎ Italiano
Copertina rigida: ‎ 352 pagine
ISBN-10‏: ‎ 8822750721
ISBN-13: ‎ 978-8822750723
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Trama

Una storia vera

Ad Auschwitz ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza. Alma è la detenuta 50381, il numero tatuato sulla sua pelle. È rinchiusa con migliaia di altre donne, strappata ai suoi cari, intrappolata in un labirinto di filo spinato. Questa tragica realtà non potrebbe essere più lontana dalla sua vita precedente. Stimata violinista, si esibiva lasciando il pubblico incantato. Ma l’orrore dell’Olocausto ha stretto l’Europa in una morsa e niente ha potuto salvarla. Quando la responsabile del campo femminile nomina Alma direttrice dell’orchestra, lei è tentata di rifiutare. Non ha intenzione di compiacere i suoi aguzzini, ma ben presto si rende conto del potere che quella posizione potrebbe offrirle: riuscirebbe a fornire alle ragazze affamate razioni extra di cibo e potrebbe strapparne molte dalle grinfie della morte. E così Alma si lancia nell’impresa. Ad aiutarla c’è Miklos, un pianista di talento. Circondati dalla disperazione, Alma e Miklos, trovano un’inaspettata felicità nelle prove congiunte, nelle note segrete e nei concerti. Ma ad Auschwitz l’aria stessa è pregna di dolore, e la tragedia è l’unica certezza … In un luogo così disperato, può sopravvivere il loro amore?

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