Narrativa recensioni

L’imperatrice e l’anarchico – Valeriana Maspero

Recensione a cura di Costanza Marzucchi

La figura di Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, meglio nota come Sissi, la consorte dell’imperatore Francesco Giuseppe, è certamente nota a tutti, come dimostra la cospicua produzione bibliografica che la accompagna. Qualcuno, curiosando nella moltitudine di film, serie televisive, libri e romanzi, potrebbe dire: è possibile proporre qualcosa di nuovo ad una vicenda tanto nota?

La risposta, a quanto pare, è affermativa, come dimostra il libro di Valeriana Maspero, L’imperatrice e l’anarchico, pubblicato dalla casa editrice Libraccio.

Questo libro è un prodotto interessante sotto molti punti di vista. Il racconto della vita di Sissi si intreccia alla vicenda di Luigi Lucheni, il suo assassino. La struttura alterna capitoli dedicati alla vita di Elisabetta a quella di Luigi Lucheni, dei quali l’autrice riporta la storia personale. Il risultato complessivo è la creazione di due linee narrative diverse, due giochi di specchi che si uniscono in un tragico finale. Vittima e assassino si rincorrono all’interno del romanzo, incontrandosi e separandosi. Questo alternarsi di vicende crea un effetto di contrasto e di similitudini tra i due protagonisti, provenienti da ceti diametralmente opposti eppure simili nelle emozioni e nelle aspirazioni trattate.

Valeriana Maspero dimostra un rigore storiografico ineccepibile. La figura di Elisabetta è scevra da ogni forma di mitizzazione e viene presentata come una donna dalle infinite contraddizioni, mai veramente soddisfatta della sua esistenza e mai pienamente appagata di ciò che possiede.  Allo stesso tempo, però, non è una donna capricciosa ma semplicemente eccentrica. La rappresentazione dell’imperatrice è priva di ogni mitizzazione o lettura attualizzante, una scelta che apprezzo sinceramente. La protagonista è una donna interessante ma, più che avere i tratti di una vittima, sembra piuttosto una donna perennemente fuori posto nel ruolo che la storia ha scelto per lei, generando sempre una sorta di stonatura di fondo che permane in tutto il romanzo. 

[…]per non commettere altri errori, finse di nuovo di essere una bambola meccanica e tutto andò meglio. Tuttavia visse la cerimonia che le sembrò interminabile come in dormiveglia. Infilò l’anello nuziale a Franz con le mani fredde e tremanti. Lui invece le aveva caldissime e sorrideva comprensivo notando l’impaccio della giovanissima moglie.[…]

E’ una donna ben diversa dall’immagine proposta dalla cinematografia e dalle recenti serie televisive. E’ un personaggio che lascia il segno, che crea stupore e sconcerto tra i suoi contemporanei, che non ama le convenzioni ma senza essere per questo rivoluzionaria. E’ semplicemente un modo di essere.

“Cos’è questa smania di scappare, di andarmene sempre via, di voltare le spalle al mondo”

La medesima cura emerge nella caratterizzazione di Luigi Lucheni.

Un tratto particolarmente interessante di questo personaggio è l’assenza di radici e la ricerca spasmodica e fallimentare di trovare una sua identità. Neppure il suo nome corrisponde al vero ma è frutto di un errore di trascrizione all’atto di nascita, aspetto che incide sull’equilibrio emotivo di Lucheni che comunque non sembra avere, almeno agli inizi, i tratti dell’assassino. E’ un giovane dotato di qualità eccelse che tuttavia non riesce a esprimere al meglio a causa degli ostacoli sociali, della povertà e della profonda solitudine esistenziale che lo portano a non perseguire con sufficiente determinazione gli obiettivi, dal momento che molte delle sue aspirazioni e dei suoi sogni sono stroncati sul nascere.

Luigi di nuovo si sentiva amareggiato per come era stato trattato dalla vita, dalle autorità, dalla burocrazia, la Chiesa, lo Stato, la polizia di frontiera…E capiva il perché delle sue tristezze, della depressione, del dolore per le offese patite, la vergogna per le umiliazioni, e della smania di andarsene sempre via, perdersi nel mondo, fuggire da tutto.

Il lettore prova sicuramente molta empatia per il dramma di questo bambino abbandonato e poi sfruttato da tutori senza scrupoli che lo allevano solo per avere un tornaconto economico.

La miseria nella quale Lucheni scivola lo rende simile ai protagonisti di quei romanzi d’appendice tipicamente ottocenteschi, sul modello dei Miserabili: come può una persona buona, gentile, disponibile, subire questo genere d’ingiustizie? Allo stesso tempo, questa bontà si accompagna ad una spiccata capacità di adattamento.

Con queste premesse, Lucheni sembra un personaggio positivo, vittima degli eventi, ma questa bontà manifesta altro non è che un modo per manifestare il desiderio di appartenenza di Lucheni, di essere apprezzato e divenire parte di qualcosa, ponendo fine al dolore di essere un figlio non voluto, senza radici. Questo bisogno di approvazione espone Lucheni alle lusinghe e alla manipolazione di fascinatori e imbonitori del suo tempo, rendendolo lo strumento ideale dei loro disegni. Nel delineare questo personaggio, l’autrice delinea con grande abilità la sua psicologia, evidenziando come l’adesione agli ideali anarchici non derivi da un sincero interesse, quanto piuttosto da una precisa volontà di usare questa corrente di pensiero per dimostrare la propria esistenza

Che cosa era rimasto del timido e sottomesso bambino che chiamavano Il parigino dell’orfanotrofio, del Gigèn dei calzolai parmigiani, del Bastardèn dei contadini della Valtaro, che cosa del manovale della ferrovia della Cisa, dell’emigrante, del militare di cavalleria in Abissinia…Niente, niente. “Sono diventato un altro, un uomo che sembra cento anni più vecchio, uno pronto a sacrificare tutto per un’idea”. Il suo era un ideale impossibile da capire per la gente comune, ma grande, talmente alto da sembrare irraggiungibile.

La strutturazione di questo personaggio è assai affascinante, come lo è anche quella di Elisabetta, di cui l’autrice non risparmia gli aspetti meno piacevoli della sua personalità. Entrambi i personaggi, come risultato di questa scelta narrativa, presentano virtù e vizi, senza per questo diventare degli stereotipi.

“La mia anima è sempre attanagliata fra due opposti” pensava.

La documentazione è precisa, accompagnata da una prosa gradevole che trascina il lettore in un’epoca in costante evoluzione, lasciandogli però modo di costruire autonomamente le proprie considerazioni in merito ai personaggi. In conclusione, questo libro è una lettura che consiglio sia agli amanti del personaggio di Sissi, sia a coloro che non conoscono la sua vicenda. I primi apprezzeranno una rappresentazione realistica dei personaggi, mentre i secondi ameranno una versione completa della vicenda di Sissi e del suo assassino e la loro storia personale. Il merito che è necessario riconoscere a Valeriana Maspero è quello di aver provato a dare una lettura globale e universale a questo caso di cronaca che anticipa le vicende drammatiche del XX secolo, individuando nell’assassinio di Elisabetta uno dei primi segni della crisi di fine Ottocento che sfocerà nella fine dei grandi imperi e nella prima guerra mondiale.

Unica critica che mi sento di esprimere è l’assenza di un’edizione digitale del romanzo, che può rendere questa lettura, alla lunga, difficilmente reperibile. Un vero peccato perché è un libro estremamente piacevole.


PRO
Il rigore storiografico
La rappresentazione realistica dei personaggi e degli ambienti
La cura degli aspetti psicologici dei personaggi

CONTRO
L’assenza di un’edizione digitale

Link cartaceo: L’imperatrice e l’anarchico

Trama
Chi era Elisabetta d’Asburgo, nata Wittelsbach, per tutti Sissi? E come diventò il suo assassino un giovane anarchico, l’italiano Luigi Lucheni? Un docu-romanzo sulle vite parallele dei protagonisti di una delle tragedie più taciute del XIX secolo, che pose fine alla Belle Époque spianando la strada alla Grande guerra. Il destino a volte intreccia le vite di potenti e miseri. E a pagarne le conseguenze è la storia di milioni di persone comuni.

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