Narrativa recensioni

Come un fiore di ciliegio nel vento – Etsu Inagaki Sugimoto

Recensione a cura di Serena Colombo

Come si legge nella trama, questo libro fu pubblicato per la prima volta nel 1925 e “ritrovato” dalla traduttrice che si trasferì in Giappone col marito.
Il libro raccoglie le memorie di Sugimoto, figlia di uno degli ultimi samurai del periodo Meji, ovvero quando decadde l’ultimo shogunato di Tokugawa Yoshinobu e iniziò l’era dell’imperatore Meiji (primo imperatore dotato di potere politico). Il passaggio dallo Shogun all’imperatore significò anche un mutamento radicale della struttura politica, sociale ed economica del Giappone, molto più vicina al modello occidentale.

Ed Etsu Inagaki Sugimoto incarna, se così possiamo dire, il passaggio tra la bellezza e rigidità dell’epoca shogun, e la libertà progressista dell’Occidente.
Di Sugimoto, infatti, seguiamo, proprio come in un libro di memoria, la sua vita nelle diverse fasi: dalla sua età infantile al suo matrimonio e conseguente trasferimento in America, con tutto ciò che questo significava.

In quanto figlia di samurai, Sugimoto viene avviata a una educazione estremamente rigida, fatta di regole severe che però non pesavano sulla bambina prima e donna poi, perché facenti parte quasi del suo DNA.
E così, progressivamente, apprendiamo tutte le tradizioni giapponesi che erano ancora di stampo oltremodo feudale, sebbene ricche di fascino.
Apprendiamo, dunque, che, ad esempio, i capelli ricci erano uno scandolo, e quindi la bambina doveva sottoporsi quotidianamente a stiratura

«Etsu-ko» disse «non sai che sono gli animali ad avere il pelo riccio? La figlia di un samurai non dovrebbe voler assomigliare a una bestia.»
Ero molto mortificata e non mi lamentai mai più del fastidio del tè bollente e dell’olio profumato.

Che le bambine (le femmine) solitamente non studiavano i classici cinesi, destinati solo ai maschi
Ma soprattutto, Sugimoto cresce nella rigidità emotiva più assoluta, (cosa che caratterizza un po’ tutto il popolo nipponico) al punto che alla figlia di un samurai non è concesso piangere, mai

Il cuore delle ragazze giapponesi non è diverso da quello delle ragazze di altri Paesi, ma per secoli, soprattutto nelle famiglie dei samurai, eravamo state rigorosamente educate a vedere il dovere, e non il sentimento, come il pilastro delle relazioni tra uomo e donna.

Ma questo valeva anche per i maschi

I giapponesi non sono espansivi. Fino a qualche anno fa, la repressione delle emozioni forti veniva inculcata con cura nella mente e nella vita di ogni bambino delle classi più alte.
[…]
Un uomo americano può esprimere i suoi sentimenti senza vergogna, ma la convenzione incatena l’uomo giapponese. Gli copre il viso con una maschera, gli chiude le labbra e intorpidisce le sue azioni. Per quanto un marito possa amare la moglie, non può dimo-strarle affetto o rispetto in pubblico, né lei lo desidera. Sarebbe sconveniente. L’unico momento in cui un uomo dignitoso osa manifestare le sue emozioni è quando si trova con un bambino piccolo, suo o di qualcun altro. Allora ha l’unica valvola di sfogo che l’etichetta gli concede, e anche in quel caso deve agire secondo le regole. Un padre diventa il compagno di giochi del figlioletto. Lo sfida nella lotta e nella corsa e recita con lui scene ispirate al coraggio dei samurai, ma ama una figlia con grande tenerezza e accetta le sue dolci carezze con un desiderio così carico di pathos da diventare tragico.

Questo, Sugimoto, lo apprende soprattutto quando, morto il padre, viene data in sposa a un giapponese che però si è trasferito in America e lei, con stoicismo, accetta non senza paure, di lasciare tutto: madre, nonna, tradizioni, lingua, per trasferirsi in America.
Il confronto con il mondo occidentale è carico di significati per la tredicenne, ma anche significativo della sua maturazione. Presto madre, si troverà a dover capire secondo quale cultura sia meglio educare le bambine, intuendo l’importanza della “libertà” del pensiero occidentale, ma anche quella delle tradizioni e delle regole e del pensiero giapponese. E una volta rimasta, altrettanto presto, vedova, costretta a far ritorno in Giappone, dovrà capire cosa sia meglio per le figlie. Ma lei, giapponese figlia di samurai, non è libera. Il suo operato, anche in fatto di educazione dei figli, è e deve essere sottoposto a un consiglio di “saggi” che decidono per lei.

Il libro non ha una vera e propria trama, quanto piuttosto un insieme di racconti – attraverso flashback o ricordi – delle tradizioni nipponiche a cavallo tra XIX e XX secolo. Attraverso queste memorie, si apprendono moltissime curiosità, come ad esempio la credenza nella trasmigrazione delle anime che fa sì che, ad esempio, un cane dopo morto avanzi nella posizione da animale a umano, purché all’animale, in vita, non siano riservate attenzioni come se fosse umano (il NON non è un errore)

Secondo la credenza della trasmigrazione, la linea di confine tra gli ordini del creato va rigorosamente mantenuta. Se collochiamo un animale al di sopra della sua posizione corretta, potremmo impedirgli di avanzare nell’incarnazione successiva. Ogni buddista devoto è assolutamente sottomesso al fato, perché gli insegnano che le difficoltà della vita presente sono o l’espiazione dei peccati commessi durante l’ultima esistenza o l’istruzione necessaria per prepararsi a un posto più alto in quella a venire. Questa convinzione ha tenuto la classe operaia giapponese in una condizione di spensierata rassegnazione attraverso secoli di privazioni, ma ci ha anche insegnato a guardare con tale indifferenza le sofferenze degli esseri di ordine inferiore al nostro che siamo diventati, come Paese, quasi privi di compassione.

Oppure la consuetudine giapponese secondo la quale quando ci sono solo figlie femmine si adotta un figlio, che prende il nome della famiglia e sposa la figlia maggiore. Così il nome si perpetua.

Oppure quelle più pratiche: gli abiti i giapponesi li piegano sempre a partire dal lato sinistro

«Ma c’è una ragione per questo. Il kimono si piega da destra solo sui cadaveri.»

E tante tantissime altre che rendono questo libro interessante, ma un po’ piatto.

Ecco, in conclusione possiamo dire che se si è in cerca di un libro che introduca alla cultura giapponese, che faccia capire perché il loro modo di essere è di un certo tipo, questo è il libro da leggere.
Ma se ci si aspetta un romanzo, con pathos e ritmo, allora forse meglio scegliere altro.


pro

Una meravigliosa e interessante rassegna della cultura giapponese. Il libro è una fonte ricchissima di aneddoti, fiabe, favole, racconti della tradizione giapponese.

contro

A tratti un po’ ripetitivo e,alla lunga, può risultare noioso proprio perché non ha un vero sviluppo, ma una carrellata di tradizioni.

Citazione preferita: Il sacrificio inutile porta solo a… un sospiro. Il rispetto di sé porta… alla libertà e alla speranza

Trama
Pubblicato per la prima volta a New York nel 1925 e diventato subito un bestseller internazionale, questo libro è il racconto in prima persona della vita di Etsu Inagaki Sugimoto, la figlia minore di un samurai di alto rango, che vive sulla sua pelle il passaggio tra il Giappone feudale del XIX secolo e la potente modernità americana del primo Novecento. Nata nella città di Nagaoka, nel nord del paese, Etsu riceve una rigida educazione, improntata ai principi dei nobili guerrieri samurai, ma il destino ha in serbo per lei tutt’altro: in seguito alla morte improvvisa del padre, la ragazza viene promessa in sposa a Matsuo, un amico del fratello, che vive negli Stati Uniti. Sarà solo l’inizio del suo viaggio nel Nuovo Mondo e dentro se stessa, un viaggio ricco di momenti belli e difficili come solo la vita sa essere. Forte della sua identità e delle sue convinzioni, tra i ricordi magici dell’infanzia in Giappone e l’incontro dirompente con la realtà occidentale, che la sospinge verso nuovi orizzonti, la giovane donna cresce, impara e ama con coraggio. Più di un memoir, più di una saga familiare, la vicenda di Etsu, leggera e forte come un fiore di ciliegio nel vento, è una bellissima storia di formazione al femminile che non smette di appassionare e commuovere.

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