Narrativa recensioni

La pasticcera di mezzanotte – Desy Icardi

Recensione a cura di Serena Colombo

Desy Icardi chiude il ciclo dei libri dedicati ai cinque sensi iniziato con “L’annusatrice dei libri”.
E lo fa col gusto e di gusto: è questo il senso protagonista del suo ultimo romanzo uscito per le edizioni Fazi nell’autunno scorso.
Un cerchio che si chiude con questo anello che, in un certo modo, si ricongiunge al primo, poiché anche qui potremmo dire che i coprotagonisti sono i libri e la lettura.

“La pasticcera di mezzanotte” è un libro “saporito”, gustoso, ricco di ingredienti dolci, che emana un aroma di vaniglia e profuma di buono, come il pane, come l’amicizia vera, quella che resiste – o forse ritorna – anche a distanza di decenni; ha il sapore di una mandorla amara come quel retrogusto amarognolo che hanno i rimpianti; si insinua nella gola come il caffè, come i ricordi che si infilano nella mente quando si evoca un nome che sulle prime si fatica a collocare nella scena della vita vissuta.

Rimasi qualche istante a occhi socchiusi, godendo la scia di calore lasciata dal caffè lungo la gola e, in quello stato di delizia, ebbi quella che qualche anno più tardi si sarebbe chiamata una madeleine.

È l’avvocato Edmondo Ferro a parlare, lui che appassionato di lettura, oramai centenario apre la sua mente a una storia dei tempi passati – e di tempi nel libro ce ne sono diversi, dal momento che si spazia, con salti e contro-salti dal 1879 al 1917 passando per il 1889 – deciso, per la prima volta nella sua vita, a metterla su carta.

Si parte col 1917 a Torino, una città che sta vivendo giorni terribili, di scioperi, di manifestazioni, di rivolte: la cosiddetta rivolta del pane, ma che in realtà era una rivolta contro la guerra.

La città versava in uno stato pietoso, i negozi mostravano vetrine infrante rattoppate alla bell’e meglio con carta di giornale e le botteghe nelle quali c’era ancora qualcosa da saccheggiare erano state sbarrate da tavole di legno. I negozi di generi alimentari e i panifici erano aperti, ma i negozianti non permettevano ai clienti di varcare la soglia, e li servivano sull’uscio.
Arraffai tutti i quotidiani che riuscii a trovare ma, giunto a casa, scoprii che nessuna delle notizie berciate dagli strilloni vi era riportata. La censura aveva imbiancato ogni testata.
Ciò che stava accadendo a Torino, secondo i pubblici censori, doveva rimanere celato, affinché nessun’altra città italiana seguisse il suo esempio e manifestasse il proprio malcontento verso la guerra!

A Torino inizia a mancare il pane e questo fu l’elemento scatenante degli assalti ai forni, alle panetterie, alle pasticcerie del centro di Torino e della periferia operaia. Una rivolta fatta per lo più da donne, operaie e casalinghe, che scioperano contro paghe insufficienti a mantenere i figli che solo loro sono rimaste a sfamarli, le operaie delle fabbriche trasformate in industrie belliche. Una rivolta sanguinosa che mise a ferro e fuoco Torino per cinque giorni di agosto e che lasciò per le strade più di quaranta morti e cento feriti. E che la censura soffocò.

È questa la cornice storica in cui si inserisce la storia, e dalla quale si aprono finestre su altre storie in altre epoche. Ma se il contesto storico può far pensare a un libro gravido di toni pesanti, si incorre in un errore. Il libro della Icardi scivola leggero, morbido come una torta appena sfornata, risultato di una ricetta tramandata nel tempo, di quelle che si possono fare a occhi chiusi, anche da sonnambuli, come se ci fosse un fantasma a muoverci le mani mentre si miscelano gli ingredienti.

Si mangia per placare la fame di oggi e potersi reggere in piedi l’indomani, questo le era stato insegnato da sua zia, ma è nel sapore che si celano tesori ben più preziosi della mera sopravvivenza, cosa che Jolanda invece apprese dalla pasticcera di mezzanotte.

Jolanda, è lei la sonnambula pasticcera di mezzanotte? Sarebbe un gran scherzo del destino: Jolanda che fin da bambina non mangia, si nutre pochissimo, a stento riesce a mandar giù qualche cucchiaio di pastina. Lei che all’età di 7 anni, rannicchiata nel suo lettino, sente cigolare la porta della sua camera e ritrova un piattino di biscotti sulla soglia… e quei biscotti li mangia tutti.
Jolanda che, scoperta a preparare dolcetti nel cuore della notte nella cucina della Maltese – la villa della zia dove vive con i genitori – viene spedita in collegio con la raccomandazione che le siano vietate le lezioni di cucina: mai e poi mai dovrà diventare una cuoca o una pasticcera!
Troppo semplice!

In collegio aveva tutto ciò che le occorreva, salvo un’unica cosa della quale la Maltese abbondava: la solitudine. In collegio non c’era momento della giornata che potesse affrontare da sola, neppure dormire. Persino quando tutte le sue compagne si recavano alla lezione di cucina e lei si rifugiava in biblioteca non riusciva a rimanere da sola. Ai tavoli di lettura sedeva sempre qualche ragazza più grande intenta nello studio, e una suora si aggirava senza posa da uno scaffale all’altro per vigilare sulla buona condotta delle lettrici, distribuendo dei sibilanti « Ssh! » a ogni parola pronunciata. Privata della solitudine, Jolanda non aveva più tempo per riflettere e neppure per ricordare. In breve molti dei ricordi della Maltese sfocarono, sino a diventare lontani e inconsistenti. La pasticciera di mezzanotte, per esempio, ancora abitava la sua memoria, ma era stata declassata da ricordo a fantasia. Non era mai esistita.

Jolanda dimentica, accantona, cresce all’ombra di una zia troppo ingombrante e troppo devota alle apparenze e al denaro; Jolanda che diventa un mezzo, l’unico, per mantenere in piedi la Maltese.
Jolanda e Edmondo: i loro destini si incrociano per un breve periodo di tempo, si scambiano la passione per la lettura, per i libri, per poi perdersi nel tempo, attratti da desideri di vita diversi. Per poi rincontrarsi proprio nella Torino della rivolta del pane, tra rivelazioni, sorprese, prese di coscienza e cambiamenti.

Il romanzo è una girandola di storie, di frammenti che, poco a poco si ricompongono in un susseguirsi di coincidenze a volte grottesche, altre ironiche, altre esilaranti. Un libro dove aleggia un mistero (forse troppo semplice da risolvere) che accompagna il lettore tra biscotti e torte, balli, rivolte, lettere, segreti e tradimenti.
Un libro forse poco storico, ma che racconta una bella storia, fatta per chi ama i libri, leggerli e scriverli – deliziosi gli intermezzi sulla “scrittura di un centenario” – e che, in fin dei conti, è un inno all’amicizia. Una storia piacevole da leggere, ricordando che

La lettura dà saggezza, ma spesso i lettori non sono affatto saggi quando si tratta di scegliere tra il fare la cosa giusta e il continuare a leggere.


Pro
Scrittura fluida, personaggi molto ben caratterizzati, quasi cinematografici

Contro
Scarso e poco approfondito il contesto storico, che resta una mera cornice che serve solo a far sì che qualcosa avvenga.

Citazione preferita: Il sapore viaggia nel tempo, attraversa i decenni, scavalca le generazioni e sussurra parole antiche non alle orecchie, bensì al palato.

Link cartaceo: La pasticcera di mezzanotte
Link ebook: La pasticcera di mezzanotte

Trama
Dopo una vita passata a leggere libri altrui, il centenario avvocato Ferro decide di scriverne uno tutto suo per fare ordine nel proprio passato e raccontare una storia mai rivelata prima.
Nel 1917, durante la Grande guerra, Torino è scossa dai tumulti della cosiddetta rivolta del pane: a ogni angolo di strada vengono innalzate barricate e l’esercito fatica a contenere la furia della folla, stremata dalla fame e dal senso di ingiustizia.
È in queste giornate difficili che l’avvocato, scampato alla leva per via del suo gracile fisico, ritrova Jolanda, una donna già conosciuta anni prima, che sua madre avrebbe addirittura voluto fargli sposare.
Jolanda è un’aristocratica di bell’aspetto, cresciuta in una famiglia che ha sempre glorificato i privilegi delle classi più agiate; ma adesso le cose sono cambiate, e anche lei vive una situazione di profondo sconforto. Quello che non è cambiato, però, è il grande talento di Jolanda in cucina, un talento che la donna ha sempre tentato di celare ma che ora avrà modo di esibire, scoprendo una parte segreta di sé che la cambierà per sempre. Il sapore del cibo, infatti, si trasformerà pian piano in ricordo, nostalgia di anni lontani, fino a diventare sinonimo di pace e normalità. Proprio grazie al cibo, la donna sarà capace di riconciliarsi con il proprio passato e i fantasmi della sua famiglia che spesso tornavano a tormentarla.
In un’Italia ridotta quasi alla fame, in un periodo di crisi e razionamento, il senso del gusto diventa la chiave per la sopravvivenza, elemento nostalgico in grado di tenere vivi i ricordi e la sensazione di benessere legata al passato.

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