Narrativa recensioni

Il diritto dei lupi – Stefano De Bellis e Edgardo Fiorillo

Recensione a cura di Maria Marques

…nessuno nella Repubblica, nessuno è padrone del suo destino. Siamo tutti strumenti di qualcuno o di qualcosa.

Due storie corrono parallele in questo romanzo. La prima si snoda tra i vicoli malfamati della Suburra, dove in un postribolo non ancora aperto al pubblico, vengono uccise numerose persone. L’unico superstite della carneficina è il padrone del locale, Marco Garrulo, conosciuto da tutti come Mezzo Asse perché “si diceva, per quella misera cifra avrebbe venduto anche la madre”. Tra le vittime anche un famoso mercante di tessuti che aveva deciso di intraprendere la strada della politica con l’appoggio di personaggi influenti dell’Urbe, tra questi, Marco Licinio Crasso, ricchissimo cavaliere. Sarà proprio Crasso a sguinzagliare sulle esili tracce lasciate da Mezzo Asse, il Molosso, un ex centurione al suo servizio, Tito Annio Tuscolano, così soprannominato per la tenacia di non abbandonare mai un incarico senza portarlo a termine. Non nuovo a simili incarichi, Tito Annio, abitualmente si avvale dell’aiuto di due picareschi compagni: Lucio Titinio, conosciuto come Astragalo, amante del vino e delle donne e Marco Ursio Gabello, un gigante biondo.

La seconda storia si snoda invece tra le strade eleganti dei quartieri patrizi e vede come protagonista un giovane Marco Tullio Cicerone che su richiesta di Cecilia Metella Balearica Maggiore, acconsente a patrocinare la difesa di Quinto Sesto Roscio Amerino, accusato di parricidio. Cicerone aiutato dal fido segretario Tirone, dopo un’iniziale indecisione sull’assunzione della difesa, con gli elementi a sue mani, ricostruisce la vicenda di Sesto Roscio che, si rivela un cliente poco collaborativo, con un carattere tutt’altro che calmo, il che potrebbe giocare a suo sfavore e confermare l’accusa a suo carico.

La vicenda inizia il 3 gennaio del 80 a.C. e termina poco prima della fine del mese. Al potere il dittatore Lucio Cornelio Silla, ma tra il foro e le domus, fermenti animano la scena politica e ci sono nuovi personaggi che premono per comparire alla ribalta, tra questi lo stesso Crasso e Gneo Pompeo: ” Il potere per secoli in mano a nobili di antico lignaggio, era adesso conteso da ricchi mercanti, faccendieri, populisti fanatici e cinici opportunisti, che salendo un gradino alla volta le gerarchie della società avevano messo piede persino in senato”.

Cicerone, attanagliato dal mal di stomaco, meticolosamente inizia a dipanare la matassa d’intrighi e raggiri che ha coinvolto Sesto Roscio, scoprendo che dietro tutta la vicenda c’è molto di più di quello che appare, poiché inaspettatamente emerge l’ingombrante presenza di un liberto, Lucio Cornelio Crisogono, stretto collaboratore di Silla, per cui il processo rischia di assumere anche una valenza politica, quanto mai pericolosa. Anche Tito Annio farà delle scoperte poco piacevoli tra i vicoli della Suburra, tra personaggi che sopravvivono in una città in cui contano solo chi ha ricchezze, terre e potere.

Del resto che era, la Suburra, se non un contorto intestino di vicoli tenebrosi in cui fermentavano gli scarti dell’Urbe?

La ricerca di Mezzo Asse porterà i tre compagni a scoprire le attività del fuggitivo e a inseguire le sue tracce nelle bettole del porto di Ostia, nelle campagne e nelle ricche fattorie, scoprendo così che sono in molti coloro che lo cercano. I battibecchi ironici tra il giovane Gabello e il cinico Astragalo, punteggiano  il loro girovagare, permettendo agli autori di descrivere i personaggi, svelando il loro vissuto e, almeno per Tito Annio e Astragalo, quanto la guerra civile tra Silla e Mario, abbia sconvolto le loro vite costretti a combattere contro i loro stessi commilitoni.

Animi induriti, uomini i cui occhi hanno visto troppi morti tra gli amici per poter ancora riporre le speranze in qualche comandante per cui definiscono i potenti, Silla e Gneo Pompeo, come “carnefici” differenziando il secondo con l’aggiunta dell’aggettivo “giovane”. Gabello, cittadino romano ma gallo di origine, fatica a seguire i due disillusi compagni, diviso tra gli ideali del mos maiorum e la dura realtà, ma non perderà l’incanto e l’irruenza che lo contraddistinguono sin dalle prime pagine…né l’appetito! Astragalo, tempratosi sui cambi di battaglia, affoga nel vino scadente incubi e disillusioni e Tito Annio sconta drammi subiti nell’infanzia. Un giallo storico avvincente e, se da un lato il lettore può facilmente conoscere la sorte di Sesto Roscio Amerino, poiché l’orazione di Cicerone è giunta sino a noi, le vicende parallele che ruotano intorno a Mezzo Asse, nate dalla fantasia degli autori, catturano la curiosità. È chiaro che la vicenda che vede coinvolto Cicerone e quella di Tito Annio, si dovranno in qualche modo incrociare e che proprio nel punto d’incontro si sveleranno tutti gli interrogativi lasciati in sospeso nel corso del romanzo, ma ovviamente su questo punto non posso svelare nulla.

Un libro corposo che si legge rapidamente con sottesa, da parte degli autori, una conoscenza della storia e degli usi e dei costumi dei romani che non appesantisce la trama. Gli autori, Stefano De Bellis e Edgardo Fiorillo, scelgono anche due registri linguistici, uno forbito a uso della vicenda giudiziale e di quanto ruota intorno ad essa e uno meno elegante che spesso sfocia nello scurrile a uso degli altri protagonisti di fantasia, particolare che trancia una divisione netta tra due mondi. Solo Tito Annio, riesce a passare elegantemente da un mondo all’altro, grazie agli insegnamenti della sua amante:

Lei lo aveva reso qualcosa di simile a un vero cittadino dell’Urbe, o almeno gli aveva mostrato in che maniera fingere di esserlo. Era entrato nell’esercito quando aveva sedici anni, e per venti aveva servito questo o quel padrone sotto le insegne di Roma.La vita di legione aveva fatto di lui un uomo, ma di certo non un raffinato signore. Per un veterano l’Urbe era soltanto un roveto in cui si annidavano serpi velenose…

Merito degli autori di aver inserito nel romanzo due protagonisti capaci di calamitare l’attenzione del lettore, Cicerone e Tito Annio, ma soprattutto di aver descritto e fatto rivivere la Roma dell’epoca che si assapora nelle strade infangate, nelle abitazioni fatiscenti, nella povertà e nell’estrema ricchezza. Come sempre a muovere tutto è la cupidigia, allora come adesso, ma c’è sempre la possibilità, nel grigiore della vita quotidiana, di vedere la bellezza e scoprire che ciò che colpisce il nostro sguardo, è fatto di mille sfaccettature, incluse le imperfezioni.

Editore: Einaudi (9 febbraio 2021)
Copertina flessibile: ‎ 724 pagine
ISBN-10: ‎ 8806247085
ISBN-13: ‎ 978-8806247089
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Trama
Cicerone al suo primo processo importante e un ex centurione alle prese con un’indagine sporca. Tra il legal thriller e l’hard boiled, un romanzo pieno di suspense in una Roma antica che, come oggi New York o Londra, è innanzitutto una capitale del mondo. Chi ha ordinato il massacro al Fodero del gladio, un nuovo bordello di lusso nel cuore malfamato di Roma? Il principale sospettato è Marco Garrulo, detto Mezzo Asse – unico superstite alla carneficina e proprietario del locale – che però è scomparso. A dargli la caccia sono in molti: fra questi, per incarico del futuro triumviro Marco Licinio Crasso, che ha iniziato la sua scalata sociale, il veterano Tito Annio, aiutato da un gallo romano enorme, con il cuore d’oro, e da un vecchio commilitone consumato dai ricordi e dal vino. Negli stessi giorni Cecilia Metella, influente matrona, chiede al giovane Cicerone di difendere un suo protetto, Sesto Roscio, dall’accusa di parricidio. Una causa delicata non solo per la gravità dell’imputazione, ma per gli interessi e le lotte di potere che si nascondono nelle pieghe del caso. Su entrambe le vicende, che si riveleranno legate, incombe l’ombra di Silla, il Dictator, i cui nemici sono sempre più inquieti. E se per arrivare alla verità Tito dovrà affrontare risse, agguati, complicazioni sentimentali, donne determinate e memorabili sbronze, Cicerone scoprirà invece che in gioco, nel foro, non c’è soltanto il destino di Sesto, ma anche il suo. E forse la sopravvivenza della Repubblica

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