Narrativa recensioni

Gli Dei di Giada e Ombra – Silvia Moreno Garcìa

Recensione a cura di Raffaelina Di Palma

“C’è chi nasce sotto una buona stella e chi si ritrova invece con la malasorte telegrafata dalla posizione dei pianeti. Casiopea Tun,che portava il nome di una costellazione, era nata sotto la peggiore stella di tutto il firmamento. Diciotto anni, senza un soldo in tasca e cresciuta a Uukumil, un villaggio insignificante dove gli omnibus trainati da muli facevano tappa due volte a settimana e il sole bruciava i sogni.”

Gli Dei di Giada e Ombra, edito da Mondadori, è il primo romanzo che leggo di Silvia Moreno Garcìa: il suo stile è diretto, arriva subito al punto, non si perde in fronzoli. È stimolante la sua scelta di immergersi in una mitologia di cui il mercato letterario è meno saturo. Nonostante la ricchezza di dati sulle tradizioni e sui miti maya, la lettura non risulta un lungo, noioso blocco di informazioni e di nozioni, (infodump, la bestia nera degli scrittori), la lettura scorre fluida e leggera. 

Esaurito il background mitologico a cui attinge l’autrice, immergiamoci in quelle atmosfere rarefatte, che avvolgono i pensieri più intimi. L’aggiunta della mitologia messicana dà uno sprint in più alla scrittura, è avvincente conoscere i miti poco noti, di antiche leggende a volte macabre, ma comunque  seducenti.

Sud del Messico. Siamo nei ruggenti anni venti. L’età del jazz è al culmine della sua popolarità, ma la diciottenne Casiopea Tun non ha tempo da dedicare alla musica: è troppo impegnata a spazzare e a lucidare i pavimenti nella dimora del ricchissimo nonno materno. Sottomessa da tutti i famigliari, che la ritengono un essere inferiore, perché orfana di padre. Ostacolata dalla famiglia, la madre, fuggì con il padre e questa “colpa” dei genitori è una macchia indelebile per la ragazza.

Ma lei sogna una vita diversa, lontana da quel polveroso villaggio: non vuole rinunciare al sogno di una vita che sia davvero soltanto sua.

Il suo sogno sembra irrealizzabile fino al giorno in cui, casualmente, trova incustodita la chiave di un misterioso baule, che il nonno porta sempre al collo. Approfittando della sua assenza, Casiopea, senza saperlo, aprendo quel baule risveglia un dio Maya, lo spirito del Signore delle Ombre, il Dio della Morte, Hun-Kamé, il quale legherà a sé Casiopea con una scheggia delle sue ossa penetrata in un dito della sua mano, creando con lei un legame di vita e di morte con il quale lui si nutrirà fino a quando potrà affrontare il fratello che gli ha usurpato il trono nel regno di Xalba. Per riscattare la sua libertà, la ragazza, dovrà aiutarlo a vendicarsi del fratello e a riprendersi il trono.

Se fallirà rischierà la morte. Se invece riuscirà potrà realizzare il suo sogno di libertà.

Ma per attuare tutto ciò, Casiopea Tun e il Dio Hun-Kamé, dovranno scendere a patti con quello che sono e quello che rappresentano.

Lei è una umana che non potrebbe vivere nel mondo di Hun-Kamé, lui è un Dio che per vivere nel mondo degli umani dovrebbe rinnegare il suo.

Insieme a questo Dio, straordinariamente bello, munita soltanto della propria intelligenza e del suo coraggio, intraprende una incredibile avventura che la porta  nelle foreste dello Yucatan, nella scintillante Città del Messico, nelle profondità dell’Oltretomba maya.  

L’avventuroso viaggio si innesca nella mitologia messicana che, affiancato alla protagonista, fa emergere quesiti morali come la vendetta, che diventa una sorta di leitmotiv per tutta la durata del racconto.

Quanto è giustificabile la vendetta? Sono tematiche che vengono lasciate al libero giudizio del lettore, introducendolo in quel mondo misterioso, che è l’Inframondo. L’Inframondo o Xibalba, narra la leggenda dei Maya e l’ultimo dei tre regni in cui è suddiviso l’universo governato dagli dei della Malattia e della Morte. Questo viaggio porta nel cuore dell’oscurità; là dove i fiumi del male scorrono impetuosi,  dove eterne sono le tenebre, dove la morte ghermisce con i suoi artigli per porre fine alla vita.

La morte è attratta dalla luce della vita, ma lo spirito libero di Casiopea rappresenta l’essenza  di quella forza attiva e indipendente, propria degli esseri umani, in virtù della quale essi sono in grado di muoversi, di pensare, di affrontare un cammino difficile e tortuoso, disseminato di pericoli e prove da superare.

“<< La senti? La mia magia nelle tue vene >> chiese lui, quasi a volerle sentire il polso.”

Nella narrazione c’è il realismo magico e spirituale che caratterizza gli scrittori sudamericani: è avvincente questo intercalare tra il mondo dei miti a quello reale, il particolare miscuglio   richiama lo stile di Gabriel Garcìa Marquez e a Isabel Allende. Nella ricchezza del suo stile, nella forza dei temi trattati, nell’estrosità della creazione dei personaggi, c’è la capacità di mantenere vivo l’interesse del lettore.

Ci fa scoprire i cambiamenti e le contraddizioni del Messico degli anni 20, un paese in un momento di transizione, con il progresso che si dichiara nelle grandi città e le tradizioni che si mantengono più rigide a mano a mano che si allontana da esse.

“Nel 1922, il governatore Felipe Carrillo Puerto aveva concesso il voto alle donne, ma nel 1924 era finito davanti a un plotone di esecuzione […] e quel diritto era stato revocato. […] E così, mentre in altre parti del mondo la donne si tagliavano i capelli spudoratamente corti e ballavano il charleston, Uukumil era il genere di luogo in cui Casiopea si esponeva alle critiche della gente anche solo se usciva in strada a capo scoperto.” 

L’autrice descrive con estrema capacità quel variegato universo femminile che inizia a prendere forma attraverso le vicende della protagonista.  La voglia di riscattare la propria esistenza è accompagnata spesso da fughe in un mondo irreale, che attenuano la durezza dell’opprimente realtà in cui si muove. Casiopea è coraggiosa, è combattiva, un cuore puro, che non conosce la perfidia.

La sua umanità è qualcosa che Hun-Kamè non ha mai conosciuto, lui è un essere divino abituato ad essere esaudito in ogni suo desiderio, ma lei è decisa a combattere gli uomini che vogliono costringerla a fare qualcosa: è decisa a dare al Dio della Morte una lezione di umanità.

Impareranno ad avere fiducia l’una dell’altro, da cui attingono la forza per proseguire, provando qualcosa che nessuno dei due ha mai sperimentato prima.

Durante questo viaggio il personaggio di Hun Kamè ha uno sviluppo straordinario, da Dio impassibile e freddo a Dio che apprende cosa è l’amore: dal suo gelo, dalla sua oscurità nasce un sentimento a lui sconosciuto.

“In quel momento, però, Hun-Kamé non era esattamente un Dio, perché la sua essenza immortale si era mescolata con quella umana di Casiopea. Era vulnerabile. La ragazza lo osservò con attenzione. Di magia non sapeva granché, ma era un’esperta di brutte sensazioni e adesso sapeva di averci visto giusto: il pappagallo era stato davvero un terribile presagio.”

Il “Mito” non significa “falsità”: questa è una mentalità del nostro tempo, ma una  volta il mito si concretizzava nel rito, in un modo di pensare e in azioni personali e sociali.

L’autrice, lo interpreta in maniera meno cruenta e delicatamente ci fa entrare in questo mondo che funge da ponte tra il vissuto e la contemporaneità.

C’è un minimo di romance,  ma viene adagiato delicatamente su tutto il romanzo, una scrittura a tratti fiabesca, che ci porta a chiedere: siamo folli? Siamo dei prescelti o siamo semplicemente fragili esseri umani?


pro

“L’andirivieni” dalla realtà al mito e viceversa fa di questo romanzo una lettura particolare, ma molto dinamica: fa del viaggio, attraverso il Mito, il punto centrale della narrazione.

contro

  L’intento forse è quello di rappresentare degli archetipi, (il dio, la fanciulla, l’antagonista),  ma sarebbe stato preferibile un maggiore approfondimento.

Trama

L’età del jazz è all’apice del suo splendore, ma la diciottenne Casiopea Tun non ha tempo da dedicare allo swing: è troppo impegnata a spazzare i pavimenti nella dimora del ricchissimo nonno nel Sud del Messico. Desidera da sempre una vita diversa, lontana da quel polveroso villaggio: una vita che sia davvero solo sua. Un sogno, però, che pare irrealizzabile fino al giorno in cui, aprendo per caso un baule di legno custodito nella camera del nonno, libera inavvertitamente lo spirito del Signore delle ombre – il dio maya della morte – che le chiede di aiutarlo a riconquistare il trono usurpato dal fratello. Se Casiopea fallirà nell’impresa, andrà incontro alla morte. Se invece riuscirà, il suo sogno potrà finalmente avverarsi. Assieme a questo dio incredibilmente bello e armata unicamente della propria intelligenza, la ragazza intraprende una fantasmagorica avventura che la condurrà nelle foreste dello Yucatàn, nella sfavillante Città del Mexico e, più oltre ancora, fin negli abissi dell’Oltretomba maya. 

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