Narrativa recensioni

1646. Giacomina, l’anima sua e il diavolo – Giovanni Peretti

Recensione a cura di Luigia Amico

In questo scritto desidero dunque riportare i fatti avvenuti e vissuti in prima persona, scavando nelle memorie di pratiche magiche e rituali capaci di influire negativamente sulle persone, sulle cose a loro appartenenti, sugli elementi della natura. Esperienze svolte con l’aiuto del diavolo e da tutti conosciute col nome di stregherie o anche stregonerie.”

Si resta sempre allibiti, se non addirittura inorriditi, di fronte alle aberrazioni perpetrate ai danni di vittime ignare la cui unica colpa è essere circondati da ignoranza, bigottismo e senso di onnipotenza. Nei secoli scorsi tanti sono stati i momenti bui e tante le epoche in cui il terrore di un giudizio errato basato su credenze popolari perverse hanno lasciato un’impronta marcia e indelebile seminando morte e tormento. Guerre, persecuzioni ed esecuzioni sommarie e no, giustificate da ideologie ataviche malate, hanno seminato sangue e delirio.

Il libro che mi è stato assegnato in lettura non discosta da questi concetti, in “Giacomina, l’anima sua e il diavolo” sono concentrati il terrore, il delirio e il tormento citati poc’anzi.
Cosa hanno in comune Giacomina e il diavolo, entrambi citati nel titolo?
Facile intuire che l’argomento trattato è di quelli che forse più hanno macchiato di morte; la nostra Giacomina, perché tale diverrà a conclusione della lettura, simboleggia tutte le donne, e uomini, accusati di stregoneria e quindi vittime di abusi e torture indicibili, fino ad arrivare all’epilogo esiziale.

Scene di Stregoneria. 1646. Olio su tela. 72.5×132.5. National Gallery Londra.

L’autore, Giovanni Peretti, attraverso la voce di Giacomina, ha voluto diseppellire, metaforicamente parlando, dall’ingiustizia le vittime della sua terra, la alta Valtellina, di tale abominio e permettere loro di gridare ancora una volta la loro innocenza.
Si fa fatica, dopo aver letto le note dell’autore, a credere che i personaggi della storia narrata siano nati dalla sua fantasia, ma in fondo, fermandosi a riflettere un attimo, potrà anche non essere esistita una Giacoma delle Pradelle, ma il dolore fisico e mentale descritto minuziosamente nelle pagine del romanzo è purtroppo reale e ben documentato in archivi da cui l’autore ha attinto per dar vita al suo romanzo.

La storia di Giacoma è di quelle che fanno riflettere; come spesso accadeva in quell’epoca, la terra natia che avrebbe dovuto preservare la sua innocenza e giovinezza le si rivolta contro, come già successo a sua madre anni prima. Purtroppo, bastava poco, un cenno mal interpretato, una parola di troppo o dell’astio mal celato per essere additate come strega e da lì in poi la discesa verso gli inferi era tra le più cruenti, Giacomina può esserne testimone.
Se nella prima parte del libro, attraverso la raccolta di accuse e atti processuali, il lettore si ritroverà a domandarsi come sia stato possibile credere ad accuse tanto assurde quanto impensabili; nella seconda parte, lì dove avrà inizio il vero processo, si verrà colpiti in pieno volto da uno schiaffo carico di costernazione e orrore perché l’autore non lesina di particolari nel descrivere le torture fisiche e psicologiche a cui è sottoposta Giacoma. Attraverso le sue parole sembra quasi di sentire sulla propria pelle il dolore provocato dai famigerati tratti di corda, pratica che non ha bisogno di descrizione alcuna e a cui si affidava il tribunale per estorcere una confessione. Altra pratica a cui è stata sottoposta la povera donna è il cavallo, strumento di tortura in voga presso l’inquisizione che lacerava lentamente sia il corpo sia l’anima.

Sono passaggi forti, potenti, la meticolosità con cui vengono descritte le pratiche attuate dal tribunale rendono la scena realistica e vivida, poco si lascia all’immaginazione. Se inizialmente Giacoma è determinata a difendere la sua innocenza con forza e coraggio, con il passare delle settimane e con l’aumentare dei tormenti la sua determinazione inizierà a vacillare, la lucidità lascerà il posto al tormento ed è proprio in quel momento che il vero diavolo gioca la sua carta finale per chiudere una partita già persa in partenza per Giacomina e chi come lei. La menzogna, la promessa mai mantenuta di una libertà concessa dietro confessione seppur mendace e il dado è tratto.

Il romanzo di Giovanni Peretti può essere considerato, a mio avviso, al pari di un documento in cui sono raccolte notizie e nozioni sociopolitiche specifiche del territorio e dell’epoca; il periodo storico e le vicende che ne hanno attraversato gli anni arricchiscono ulteriormente il suo lavoro di scrittura e sono utili a contestualizzare chiaramente e con precisione i vari passaggi a carico della protagonista.

Questa è la storia di Giacomina e di chi come lei probabilmente si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Questa è la storia di una società forse vittima anch’essa di un indottrinamento mirato ad estirpare un male invisibile ma ben radicato nelle menti offuscate di chi si arroga il diritto di operare per conto e in nome di Dio.

Questa è la storia di TUTTE le vittime perché, come sottolinea Giovanni Peretti

 “Alla fine, chi furono le vittime? Furono soltanto le decine e decine di donne e uomini processati e bruciati nella mia terra? O lo furono anche gli stessi accusatori?”

Lui non è riuscito a dare una risposta a questi dubbi e forse, dopo aver letto il romanzo, si ha la consapevolezza che probabilmente una risposta non esiste…

Ciò che non si conosce fa sempre paura…”

Trama

1646: nelle valli alpine, come in tutta Europa, imperversa la caccia alle streghe. La giovane e bella Giacomina è nata in circostanze particolari. Accusata di un fatto di stregoneria, proverà ad affermare con tutte le forze le sue ragioni, per non cedere al pressante ‘Dite la verità!’ che cerca di frantumare le sue certezze e la sua vita. L’esito del suo processo porterà a eventi inaspettati anche per esponenti dei ceti più alti. ll Cinquecento e il Seicento, in Europa caratterizzati da guerre atroci ed epidemie catastrofiche, sono uno dei periodi storici più cupi anche per la Valtellina. Le paure divengono palpabili a causa di guerre, peste e povertà; pregiudizi e superstizioni di ogni sorta inducono la gente a temere ciò che non capisce, ad aver paura degli eventi che occorrono in natura ai quali non sa dare spiegazione e a ritenere che alcune donne siano l’anello di congiunzione tra l’umanità e il demonio. Anche coloro che amministrano le sorti politiche o religiose delle comunità non sono immuni da questo modo di essere e di pensare. 1646, Giacomina l’anima sua e il diavolo, ambientato in Alta Valtellina, è un romanzo storico incentrato sul processo a una ragazza e sulle conseguenze di ciò che viene detto durante gli interrogatori e le terribili torture. L’autore, Giovanni Peretti, attinge sapientemente dai documenti conservati nell’Archivio di Bormio e fa immergere il lettore nella vita materiale, sociale e culturale di quell’epoca, scoprendo le inquietanti regole e le sconvolgenti prassi processuali allora esistenti.

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