Narrativa recensioni

Il mistero Borromini – Massimo Aureli

Recensione a cura di Laura Pitzalis

Se Roma è la culla dell’arte è perché nei secoli ha ospitato senza pregiudizi individui da ogni luogo contribuendo a creare collaborazioni eccezionali ma anche furiose competizioni. Ne “Il mistero Borromini” Massimo Aureli ci racconta un giallo passando attraverso opere e gesta di artisti straordinari. L’origine da cui prende vita la trama è, infatti, l’irriducibile rivalità tra due grandissimi geni dell’arte italiana: l’architetto barocco Francesco Borromini (nato Castelli) e il collega e scultore Giovan Lorenzo Bernini. “Giovan Lorenzo” badate bene non, come l’autore tiene a precisare nelle note, il comunemente usato “Gian Lorenzo”, visto che questo è il nome riportato nei documenti, tra cui biografie e citazioni, e che quando si trova il suo nome nella forma abbreviata lo si trova scritto “Gio” e mai “Gian”.

2 agosto 1667 a Roma l’architetto Francesco Borromini viene trovato agonizzante nella sua camera, trafitto da una spada. Morirà alcune ore dopo non prima di aver convocato un notaio e dettato un nuovo testamento a favore del nipote Bernardo Castelli. A detta del suo medico, Borromini stava passando un periodo difficile e cadeva spesso in uno stato confusionale e delirante e, secondo alcuni testimoni, durante l’agonia, ripeteva che nella stanza era entrato l’acerrimo nemico Giovan Lorenzo Bernini a trafiggerlo.  Sarà vero o è frutto della sua paranoia? Si tratta di un suicidio o di un omicidio? E in quest’ultimo caso l’autore è il Bernini o un sicario da lui assoldato?

Il maestro Borromini è morto questa mattina!”. Giovan Lorenzo si fermò, come impietrito. Anche i suoi assistenti presenti nella bottega rimasero increduli. Dopo lunghi istanti, Bernini posò gli strumenti sul tavolo, si tolse la polvere dalle mani rugose e poi se le passò lentamente tra i capelli bianchi. Infine, si tolse il grembiule. Tutti lo guardarono e, mentre cercavano di assimilare la tragica notizia, attesero in silenzio cosa avrebbe detto lo scultore. Rimasero sbigottiti quando questi, con sacrilega indifferenza, disse: “Allora oggi posso prendermi una pausa. Tanto quello non potrà più strapparmi dalle mani nessun altro contratto.

A dare risposte a questi quesiti, il papa Clemente IX chiama a Roma l’ex cavaliere di Malta e ora monaco, il francese Bernard de Rochefort coadiuvato dal suo allievo il giovane novizio Dominic da Reims. Naturale il raffronto con Guglielmo da Baskerville e il novizio Adso da Melk de “Il nome della rosa”, ma questi personaggi divergono nettamente tra loro a cominciare dall’ambientazione temporale: non siamo nel medioevo ma nel XVII secolo.

Bernard de Rochefort è un personaggio molto particolare, Aureli lo caratterizza in modo eccelso sia nel suo aspetto fisico che introspettivo. È un uomo di chiesa ma subito ci rendiamo conto che dentro di lui prevale il Bernard cavaliere dell’Ordine di Malta, quello costretto alla carriera ecclesiastica dai progetti di potere della sua nobile famiglia bretone: avete mai visto voi un monaco girare con un pugnale e una spada?

Lui, che di anni ne aveva cinquanta, era dovuto diventare monaco per non essere diseredato. Apparteneva a una famiglia nobile, i conti di Rochefort-en-Terre. La famiglia, con una posizione politica importante, aveva deciso che sarebbe dovuto diventare un porporato, per avere, in questo modo, una valida influenza anche sul potere religioso. Tuttavia, dopo i voti aveva intrapreso un’altra strada. Portava il saio ma sapeva lottare bene, gli era stato insegnato negli anni della sua giovinezza.

Particolare e, per taluni versi, originale il Borromini e il Bernini che ci presenta Massimo Aureli nel suo romanzo, i due più grandi architetti del barocco italiano, le cui vite hanno camminato parallele, spesso intrecciandosi, a volte perfino unendosi. Ma si sa che la competizione sfocia, nella maggior parte dei casi, in rivalità e quella combattuta a colpi di martello e scalpello dal Borromini e Bernini ha dato forma ad uno straordinario barocco romano che cambiò l’aspetto della città eterna con opere splendide e spettacolari.

Il Borromini di Aureli è un architetto alla affannosa ricerca delle proporzioni perfette, per ottenere le quali si avvale dell’aiuto di un grande matematico dell’epoca, Giovanni Maria da Bitonto; che si avvicina all’alchimia e ricorre al simbolismo che inserisce nelle sue opere; che fa parte della corporazione dei “Liberi Muratori”, una prima confraternita a carattere massonico.

La Massoneria come la conosciamo oggi nascerà infatti appena cinquanta anni dopo la morte dell’artista. Anche i due triangoli ideali creati nella cupola di Sant’Ivo sono un riferimento adatto, perché i simboli che da sempre hanno contraddistinto i liberi muratori prima e la massoneria poi sono la squadra e il compasso, intersecati tra loro in maniera tale da somigliare a due triangoli opposti che formano una stella a sei punte.

Il Bernini è un Bernini che non ti aspetti, dal passato tumultuoso, collerico, vendicativo e violento, capace di sfigurare, per gelosia, il volto della sua amante musa Costanza Bonarelli ed arrivare quasi ad uccidere il suo stesso fratello. Aureli ci spiega il perché è poco conosciuto quest’aspetto da “genio maledetto alla Caravaggio”:

Il nostro artista evidenziò il suo carattere bellicoso soprattutto nella sua giovinezza e visto che, a differenza di Caravaggio, visse a lungo e mise completamente la testa a posto nell’età matura, riuscì a farsi ricordare più come uomo pio e devoto che come scellerato

Un thriller storico che assume all’inizio l’aspetto di un giallo tradizionale: un investigatore che indaga sulla morte del famoso architetto Francesco Borromini per valutare se si tratta di suicidio o omicidio. Inizia, quindi, in un modo che mi fa pensare al solito giallo storico, ben strutturato ma con una storia poco originale. Invece con un crescendo rossiniano, come una scatola cinese, Aureli ci sorprende con un susseguirsi d’eventi, introduzione di elementi che sembrano portare verso una direzione per poi virare da tutt’altra parte. Si aprono così scenari che lambiscono l’esoterismo, strumenti, come il dodecaedro romano, che ci trasporteranno in un’altra dimensione, in un’altra realtà che ci farà riflettere: a muovere gli individui non è la ricerca della verità, non è l’ideale di giustizia ma il potere. E ancora più avvilente constatare che i più bramosi di potere e denaro sono quelli che indossano abiti ecclesiastici.

Pagine bellissime quelle dove Massimo Aureli ci porta a conoscere le opere più prestigiose di Borromini e Bernini non solo descrivendole dal punto di vista artistico ma esaltando l’aspetto “nascosto” che fa di queste opere degli unicum nella storia dell’arte. Non svelerò nulla di questo ma lascio a voi l’interesse di scoprirlo leggendo questo libro.

Una storia che cattura, affascina, anche se, giudizio assolutamente soggettivo, in alcuni passi mi è sembrata un po’ sfuggente e vaga, disorientandomi. Ma sono stati solo attimi perché con agilità narrativa e affidabilità storica, Aureli ci fa viaggiare in una Roma barocca tra delitti, invidie, tradimenti, simboli, misteri, formule matematiche e filosofiche, dove l’evidente può essere solo “illusione” come la prospettiva di Palazzo Spada del Borromini che ci fa percepire una profondità di oltre 30 metri in poco meno di 9.

Che dire? Grandioso!

“Non limitarti a guardare una cosa, e da un solo punto di vista: volgiti anche ad altre e osservale bene”.  – Marco Aurelio

Editore‏: ‎Newton Compton Editori (24 marzo 2022)
Lingua‏: ‎Italiano
Copertina flessibile‏: ‎352 pagine
ISBN-10: ‎8822756037
ISBN-13: ‎978-8822756039
Link di acquisto cartaceo: Il mistero Borromini
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Trama
2 agosto 1667: l’architetto Francesco Borromini si getta sulla propria spada, provocandosi una ferita che lo conduce alla morte dopo ore di agonia. Papa Clemente IX, insospettito dalla insolita modalità del suicidio, ordina al monaco francese Bernard de Rochefort di indagare. Forte delle sue spiccate doti investigative, Bernard scopre che la morte dell’artista è da imputare al nitrile, una sostanza che, se inalata, provoca allucinazioni e psicosi. Ma chi può aver avvelenato Borromini, e perché? Le indagini condotte dal monaco e dal fido aiutante, Dominic, si concentrano inizialmente su Giovan Lorenzo Bernini, il grande rivale di Borromini, famoso per il suo carattere irascibile. Tuttavia, Bernard non è convinto di quest’ipotesi. Ben presto le sue ricerche lo porteranno a fare i conti con un segreto che affonda le radici nell’alchimia e che ruota intorno a un misterioso manufatto…

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