Narrativa recensioni

Fiordicotone – Paolo Casadio

Recensione a cura di Luigia Amico

Durante le nostre letture ci siamo spesso imbattuti in narrazioni che abbracciano il periodo del secondo conflitto mondiale, in particolar modo vengono descritte, senza tralasciare dettagli, le atrocità perpetrate nei campi di concentramento.
In “Fiordicotone” Paolo Casadio concentra il suo commovente racconto sul dopo, narra il ritorno a casa dei sopravvissuti, la paura dell’ignoto dopo l’inferno, la distruzione di interi paesi a causa dei bombardamenti.

Fiordicotone” è una storia di dolore ma anche di speranza, in quelle parole, stampate nero su bianco, si concentra un sentimento che in nessun modo può essere eguagliato: l’amore di una madre per la propria bambina.
Alma e la sua piccola Velia sono le protagoniste di un romanzo che tocca corde emozionali potenti, la capacità descrittiva dell’autore imprime nella mente e nell’animo del lettore sentimenti di cui difficilmente ci si può liberare.

Alma è una giovane donna ebrea che vive le sue giornate nel vecchio ghetto di Lugo di Romagna in compagnia del marito Omero Da Fano, della madre e della piccola Velia chiamata affettuosamente Fiordicotone. Essere ebrei nel 1943 è sinonimo di dolore, di lì a poco la loro vita verrà ulteriormente stravolta, saranno arrestati e inizierà per loro il lungo viaggio verso le porte dell’inferno: Auschwitz.

In quei momenti concitati e carichi di paura, per la piccola Velia c’è un barlume di speranza e di salvezza: un uomo presente sulla scena nasconderà la bimba nel suo mantello salvandola da morte certa. Un solo cenno, un solo sguardo tra l’uomo misterioso e il maresciallo incaricato dell’arresto, Alma alzò lo sguardo all’uomo, lesse l’offerta negli occhi, un solo sussurro “Velia, nasconditi sotto la mantella. Torno a prenderti più tardi.” e della bambina si perdono le tracce.

Il maresciallo s’accorse in ritardo dell’uomo alto, dall’inconsueta attaccatura a vu dei capelli ondulati, che aprì veloce la capparella facendo scomparire la bambina come il più abile e consumato degli illusionisti. S’accorse in ritardo, ma s’accorse.”

Nel 1942 il capo delle SS Heinrich Himmler istituì nei campi di concentramento i Lagerbordell (tecnicamente Sonderbauten ovvero “edifici speciali”) in cui donne di giovane età, dietro la promessa mai mantenuta di libertà, erano costrette a prostituirsi ai membri delle SS e a prigionieri privilegiati ed è lì che finirà Alma, un’aberrazione nell’aberrazione. Poco importa se le donne, costrette a vivere e lavorare in questi bordelli, avranno a disposizione razioni di cibo migliori e docce frequenti, nulla potrà lavare via la vergogna a cui saranno costrette.

Alma riesce a sopravvivere a tutto questo soprattutto grazie al pensiero della sua piccola Velia, vuole e deve ritrovarla. Dopo la liberazione del campo nel 1945 inizia per lei il lungo viaggio di ritorno verso casa attraverso la Polonia e la Svizzera, vedrà con occhi colmi di tristezza gli effetti devastanti della guerra, l’autore in questi passaggi riesce magistralmente a rendere realistiche le descrizioni della devastazione post-bellica, attraverso lo sguardo di Alma attraverseremo luoghi rasi al suolo dai bombardamenti, campi seminati non di fiori ma di mine antiuomo.

Le ambientazioni in cui si muoverà la protagonista non lasciano nulla all’immaginazione e credo che l’intento di Paolo Casadio sia proprio questo, “schiaffeggiare” simbolicamente il lettore e scuoterlo di fronte alla catastrofe che una guerra può causare.

Ad attenderla ci sarà una realtà tutt’altro che rosea, non solo le hanno strappato la felicità e la dignità di donna, ma le hanno anche tolto quella casa in cui lei era moglie e madre, in cui ha visto crescere la sua bambina. Si ritroverà con il nulla in mano, neanche un pugno di polvere e dovrà rimettersi nuovamente in gioco.

Dov’è Velia? Come riuscirà a risalire a quell’uomo che in una frazione di secondo ha cambiato il destino della piccola?

Entreranno in scena a questo punto dei personaggi a mio avviso ben congegnati che supporteranno Alma nella sua disperata ricerca: il simpatico sacerdote che offrirà ospitalità alla donna e un giovane ragazzo che proverà per Alma sentimenti che andranno oltre la semplice amicizia.

Il punto focale di tutta la narrazione è uno: l’ostinazione di Alma nel voler ritrovare a tutti i costi la sua Velia. La chiave di lettura che viene posta in primo piano è quella sentimentale, l’amore di una madre per la propria figlia, quell’amore talmente profondo e viscerale che è impossibile da descrivere, si può solo provare. Una madre farebbe di tutto per i propri figli anche gettarsi tra le fiamme di un incendio se questo può servire, ma Alma forse ha dovuto affrontare la prova più difficile e dolorosa: lasciare andare la sua Velia incontro ad un destino ignoto per permetterle di salvarsi la vita, affidarla ad uno sconosciuto che in quel momento sembra essere l’unica àncora di salvezza. Quel “torno a prenderti” vuole essere di incoraggiamento per la figlia ma probabilmente serve più a lei per riuscire ad aggrapparsi alla speranza di un immediato ritorno.

Nell’universo sempre più labile della sua mente, il cuscino prendeva le sembianze di Velia. Lo carezzava, finendo per cullarlo con delicatezza […] canticchiava sommessamente la ninnananna, illudendosi di stringere la sua piccola.”

Un gesto estremo, che agli occhi di qualcuno potrebbe sembrare una sorta di tradimento nei confronti di Velia ma per una madre no, non ci può essere tradimento nel voler salvare a tutti i costi la propria figlia.

Non sono presenti scene strazianti, urla o pianti disperati, Paolo Casadio caratterizza la protagonista del suo romanzo con estrema delicatezza, è una donna che soffre in silenzio, che attraverso il finestrino del treno che la porterà a casa sembra osservare il paesaggio ma in realtà si perde nel vuoto del suo dolore. Il suo unico scopo è ritrovare la sua bambina, il resto non conta.

Osservava e respirava tanta pace, neutralizzando lo sguardo nel continuo dialogo interiore tra il corpo e la mente: il primo chiedeva alla seconda -aiutami-, la seconda rispondeva al primo -aiutami-. In quella reciproca esigenza di aiuto finiva per vedere solo i frantumi della sopravvivenza.”

Leggendo il romanzo si ha come l’impressione di trovarsi di fronte una donna svuotata, un automa che si muove macchinalmente, una sopravvissuta agli orrori dei lager che difficilmente potrebbe reggere il dolore della scomparsa di Velia perché in fondo una madre senza la sua bambina è una donna senza ombra…

“La realtà dell’inferno annullava la possibilità che esistesse un dopo, ché talmente quell’inferno era senza fondo e senza dignità da non lasciare alcuna speranza.
Non c’era più niente.
Soltanto Fiordicotone.”

Editore ‏ : ‎ Manni (13 gennaio 2022)
Lingua ‏ : ‎ Italiano
Copertina flessibile ‏ : ‎ 272 pagine
ISBN-10 ‏ : ‎ 883617129X
ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8836171293
Link d’acquisto cartaceo: Fiordicotone
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Trama

Nel giugno del 1945 Alma, ebrea, ritorna da Auschwitz a Lugo di Romagna. Di tutta la famiglia è l’unica sopravvissuta al lager: la sua bellezza l’ha salvata, ma anche condannata alla vergogna e alla colpa. L’unico motivo che la tiene salda è ritrovare la figlia Velia, una bimba di cinque anni detta Fiordicotone, nascosta da uno sconosciuto al momento dell’arresto. Il lungo viaggio di ritorno di Alma si dipana dalla Polonia alla Romagna passando per la Svizzera. L’ingresso in Italia svela un Paese devastato dal conflitto e dalle contraddizioni successive alla fine della guerra. A Lugo Alma non trova più nessuno della comunità ebraica, e anche la sua casa è stata sequestrata e venduta. Un intraprendente parroco, un truffatore redento e un maresciallo dei carabinieri tormentato dai rimorsi l’accompagnano nella ricerca di Fiordicotone. È la storia di una madre che cerca disperatamente sua figlia, una donna che tenta di ritrovare la propria identità; un romanzo che racconta il rientro dai campi di sterminio dei deportati italiani, un tuffo nell’Italia appena liberata.

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