La storia in cucina Viaggio nella storia

La pizza Margherita: un giallo storico

Articolo a cura di Roberto Orsi

Oggi, 20 novembre del 1851, nasceva Margherita di Savoia, la prima regina italiana.
E noi di TSD, anziché la classica torta di compleanno, le serviremo una bella pizza, una di quelle con pomodoro, mozzarella e basilico, quella che fu inventata in suo onore e a lei deve il nome di pizza Margherita.
Ma siamo sicuri che le cose siano andate proprio così? Non possiamo accontentarci delle “dicerie” del “così sembrerebbe”, abbiamo un fiuto da segugio e sebbene allettati dal profumo, unico e inconfondibile della pizza, ci siamo messi sulle tracce delle origini di uno dei piatti più amati, più diffusi e più apprezzati in tutto il mondo: la pizza.

Le origini della pizza

Ancora oggi, risulta difficile stabilire chi abbia inventato la pizza. Persino sulla parola stessa si susseguono ipotesi e attestazioni e attribuzioni varie, ciascuno ne rivendica un pezzetto.

La pizza, intesa come alimento, ha una storia molto antica: un disco di pasta ottenuto con farina, acqua e lievito, al di sopra del quale possono essere posti, prima o dopo la cottura, diversi ingredienti. Se la immaginiamo così, la pizza può datarsi già intorno al 3.000 a.C., quando, secondo alcuni ritrovamenti, in Sardegna si preparavano dischi di pane chiamato plakous . Ma anche nell’antica Grecia, già ai tempi di Platone era ben nota la “pita“, ovvero una forma di pane piatta ottenuta con una particolare lavorazione in cui la pasta veniva schiacciata e stesa e che, ancora oggi, è la specialità della cucina greca.
Il lievito, poi, era già in uso nell’antico Egitto mentre i romani furono tra i primi a utilizzare farine ottenute da vari cereali per cuocere dischi di pasta nel focolare domestico.

Dunque stiamo forse dicendo che la pizza non è nata a Napoli?
Già sento il popolo partenopeo insorgere e gridare allo scandolo, ma se avrete pazienza di continuare a leggere, sono certo che i clamori (e i bollori) si placheranno.

La pizza primordiale

Abbiamo parlato, infatti, di preparazioni che per forma, ingredienti basici e cottura somigliano alla pizza, ma non sono LA pizza che ha inequivocabilmente la sua culla nel Regno spagnolo, dove nell’anno 1490 nell’antica Rua Catalana lavorava un certo Mastro Nicola, personaggio mitologico di cui non abbiamo alcuna notizia certa, che inventò una focaccia cotta in un forno a legna e condita con origano, strutto e basilico. Una pizza che si chiamava “mastunicola“ e che ancora oggi alcuni ristoranti propongono nei propri menù.

Finora, come visto, il matrimonio fra la pizza e il pomodoro ancora non era stato celebrato. E questo perché la Storia della pizza segue un’altra storia: quella del pomodoro che, come sappiamo, non è originario dell’Italia. (puoi leggere un articolo in proposito qui). Per assistere dunque a queste nozze occorre attendere la metà del ‘700. È in quel momento che si afferma la classica, tradizionale pizza napoletana, antenata delle altre, cioè quella che a Napoli chiamano marinara: aglio, olio, pomodoro e origano. Ed è in quel momento che il pomodoro conquista tanto il palato del popolo, quanto quello dei reali.

Sembra infatti che Ferdinando I di Borbone, ghiotto di pomodoro, amante dei cibi semplici, assaggiasse le pizze della bottega di Antonio Testa detto n’Tuono e se ne sia così appassionato da tentare di farle inserire nell’elenco delle vivande ufficiali di corte: non ci riuscì per l’opposizione della consorte Maria Carolina d’Austria.
Insieme alla pizza si delineano i modi e i luoghi per mangiarla. 

La prima pizza d’asporto e domicilio

Nel Settecento a Napoli la pizza si mangia soprattutto per strada ed è preparata da umili venditori per una clientela altrettanto umile.  Soltanto verso la metà del Settecento, la pizza viene poi cucinata nei forni a legna delle botteghe (che spesso fungono anche da abitazione) e venduta in banchi all’aperto o lungo le strade e i vicoli della città. È nel ‘700 che vediamo aggirarsi per la città garzoni che le consegnano “a domicilio” portando in equilibrio sulla testa una “stufa” in cui stanno in caldo le pizze.
È poi a cavallo con il secolo successivo che comincia ad affermarsi l’usanza di mangiare la pizza anche direttamente nei forni in cui è preparata.

La pizza Margherita

E arriviamo alla pizza margherita!
È veramente nata in onore della Regina d’Italia? O forse lo spirito patriottico che ci anima ci fa piacere tanto questa leggenda al punto di volere che sia Storia vera?
Ricostruiamo le vicende.

Il 21 maggio 1889 il re Umberto I e la regina Margherita di Savoia si recarono a Napoli e soggiornarono alla reggia di Capodimonte. Contrariamente a quanto faceva Ferdinando di Borbone, non potendo recarsi egli stesso in pizzeria convocò a corte un pizzaiolo. La scelta ricadde su un certo Raffaele Esposito, proprietario di una taverna di Napoli chiamata “Pizzeria di Pietro e basta così”, fondata nel 1780 da Pietro Colicchio.
Qualcuno dice che la scelta ricadde su di lui perché era il pizzaiolo più famoso di Napoli. Qualche altro perché Esposito aveva previsto una futura visita dei coniugi reali. D’altronde, Umberto I di Savoia era particolarmente legato alla città di Napoli e la visitò molte volte durante il suo regno: era solo una questione di tempo.

Alla Reggia, Esposito preparò  tre pizze che presentò alla regina: una con olio, formaggio e basilico (la mastunicola), quella con i cecenielli e un’altra ancora con pomodoro e mozzarella, a cui la moglie di Raffaele Esposito, anch’ella figlia di pizzaioli, aggiunse una foglia di basilico.
La storia narra che la regina, che mai prima di allora aveva assaggiato la pizza, apprezzò particolarmente quest’ultima per il sapore, ma soprattutto per i colori che le ricordavano la bandiera italiana. Incuriosita, chiese come si chiamasse, ed Esposito (furbo!) le rispose: “Margherita, in suo onore.”

Il giorno dopo, al pizzaiolo Esposito venne recapitata una missiva da parte di Camillo Galli, capo dei servizi di tavola della Real Casa: una nota di ringraziamento da parte della regina. Nota che ancora oggi è appesa al muro, incorniciata e con tanto di sigillo reale, nella pizzeria che oggi chiamiamo Brandi, rilevata negli anni ‘30 dai figli del cognato di Esposito.

Bella storia, vero? Peccato che ci sia qualcosa di non vero.

Vero che il pizzaiolo Esposito si era recato a corte, vero che aveva preparato le tre varianti di pizza come sopra descritto, e che tutte e tre furono apprezzate dai reali, ma la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico esisteva già. All’Esposito va solo il merito di aver attribuito alla pizza con pomodoro, mozzarella e basilico il nome della regina.

Oh bene, ma allora? Chi la inventò questa pizza Margherita? Dove risiede la verità?

Noi vi possiamo solo dire ciò che sappiamo e ve lo raccontiamo.

Sappiamo che Francesco De Bourcard ne parla ad esempio nella sua grande opera “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti”. Napoletano di origine svizzera, De Bourcard pubblica nel 1858 un affascinante affresco della società napoletana, dalle sue usanze e tradizioni, alla sua cucina, ma soprattutto ai suoi personaggi tipici. Ed è proprio in questa raccolta che troviamo la prima fonte scritta della pizza con mozzarella e pomodoro:

coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e vi si pone sopra qualche foglia di basilico. Si aggiunge delle sottili fette di mozzarella” e “talora si fa uso” del pomodoro.

Sappiamo che è di circa un secolo prima un acquerello dell’epoca (battuto all’asta da Sotheby’s ma che non si è mai riusciti a rintracciare) in cui viene rappresentata una pizza margherita così come la conosciamo oggi.

C’è poi chi ha fatto notare che nel Regolamento della Commissione Europea (che accredita l’inserimento della pizza napoletana nell’elenco delle specialità STG – Specialità Tradizionali Garantite – italiane) si legge che “Le pizze più popolari e famose a Napoli erano la «marinara», nata nel 1734, e la margherita, del 1796-1810, che venne offerta alla regina d’Italia in visita a Napoli nel 1889 proprio per il colore dei suoi condimenti (pomodoro, mozzarella e basilico) che ricordano la bandiera dell’Italia.”.

Dunque, l’Esposito presentò alla Regina una pizza già esistente facendo proprio leva sul fatto dei tre colori su di essa presenti.

Un articolo di BBC Food risalente al 2012 mette in dubbio l’intera vicenda del pizzaiolo convocato a palazzo, notando diverse incongruenze nelle fonti storiche.
Prima di tutto, l’unico Raffaele Esposito che a Napoli abbia mai ricevuto un sigillo reale per un’attività era legato a un negozio di vini, nel 1871, e non a una pizzeria. Ma è vero anche che Esposito, rilevata l’originale pizzeria di Pietro Colicchio, l’avesse denunciata alle autorità amministrative definendola una “pizzeria con vendita di vino”. Ma, come abbiamo detto, questo avvenne nel 1883.

Le prove più evidenti, però, sempre secondo la BBC Food, sarebbero nella lettera stessa. Pare che negli archivi della Reggia non ci siano prove di una lettera spedita dal ciambellano di corte Camillo Galli a nessun Raffaele Esposito.

Inoltre, analizzando l’intera lettera si evince che di essa anche l’intestazione è stata scritta a mano, e il sigillo di corte è stato apposto come fosse un timbro, laddove la casata Savoia aveva la sua carta intestata, con il sigillo stampato in alto a sinistra. Sigillo che, tra l’altro, è anche leggermente differente da quello apposto sulla presunta lettera di ringraziamento. A prova di ciò, sono state messe a raffronto dalla BBC la lettera al pizzaiolo con una che realmente risulta essere stata inviata da Camillo Galli dal palazzo reale di Milano: dal raffronto appare evidente che calligrafia e firma sono totalmente diverse da quella esposta alla pizzeria Brandi.

Dunque, i fratelli Brandi avrebbero fatto solo una manovra di marketing: una lettera creata ad arte negli anni ‘30 per rinverdire la fama di una pizzeria che stava subendo la depressione economica e la concorrenza di pizzerie più famose (come la celebre Pizzeria Port’Alba, meta di intellettuali dell’epoca). Legando poi la fama della regina Margherita al nome del loro zio acquisito (la moglie del pizzaiolo Raffaele Esposito era una Brandi), e di conseguenza all’invenzione della pizza, avrebbero così attirato una nuova clientela di curiosi. Insomma, quella lettera altro non sarebbe che un falso storico.

La BBC però, non nota (o forse preferisce ignorare) che la lettera non menziona la pizza Margherita in alcun modo, ma in essa semplicemente si legge: “Le confermo che le tre qualità di pizza da lei confezionate per Sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime!” senza riportare gli ingredienti.

Dunque, direte voi, noi che ti abbiamo letto fin qui, restiamo a bocca asciutta? Non sapremo mai la verità?
Forse, vi dico io. Forse la bellezza e la bontà della pizza Margherita sta proprio in quell’alone di leggenda che la circonda, e che l’ha resa famosa in tutto il mondo. Forse un giorno appariranno altre fonti che ci daranno una risposta certa.
Noi ci scusiamo con la Regina Margherita se proprio nel giorno della sua nascita le abbiamo tolto un onore e sfatato una leggenda. Ma da Lei, e da tutti voi, cerchiamo il perdono di ciò servendovi una bella pizza Margherita.

Curiosità

La prima volta che compare la parola Pizza?

Un documento di Gaeta del 997 d.C.
Sì, avete capito bene! All’epoca Napoli era un ducato autonomo, in conflitto con Benevento e Salerno, e Gaeta era un altro piccolo ducato alleato della città partenopea.

Il documento, che oggi è conservato presso il Duomo di Gaeta, era un semplice contratto di fitto di un mulino e di un terreno nei pressi del fiume Garigliano, di proprietà del Vescovado, fatto da Bernardo figlio del duca Marino II e vescovo designato, ma non ancora consacrato, della città di Gaeta. Il conduttore si impegnava a versare al proprietario a titolo di pigione “dodici pizze, una spalla di maiale e un rognone e, nel giorno di Pasqua e della Santa Resurrezione, dodici pizze e un paio di polli“.
L’atto notarile originale è redatto in latino, pur tuttavia il testo originale recita “doduodecim pizze“. Il termine pizza, dunque, può essere in tal modo annoverato tra i primi vocaboli dell’italiano volgare. Si tratterebbe comunque della prima evidenza scritta di questa parola, non certo della prova inconfutabile che il vocabolo sia nato nel basso Lazio.

La prima volta che una pizza appare in TV?
Nel 1940, nel film di Totò “San Giovanni Decollato”: il cameriere porta il piatto a tavola non chiamando il nome della pizza, come si farebbe oggi, ma dicendo semplicemente “la pizza”.

Fonti

https://www.alicepizza.it/margherita/

https://www.taccuinigastrosofici.it/ita/news/contemporanea/pani/Storia-della-pizza.html

https://www.prodottiperpizzerie.it/pizza-e-pizzerie/storia-della-pizza/

https://storienapoli.it/2020/08/21/etimologia-storia-pizza-napoli/

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/02/09/news/sorpresa_la_parola_pizza_nata_a_gaeta-106914635/

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