Narrativa recensioni

L’aroma inconfondibile del tè – Maria Elisabetta Giudici

Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio

Davanti, lo sterminato vuoto giallo, dove civiltà sconosciute avevano graffiato la loro vita su libri di pietra.

Il progetto di tagliare la striscia di terra e sabbia chiamata “istmo di Suez”, così da collegare Mediterraneo e Mar Rosso, è un progetto che affonda le sue radici fin nell’antichità, quando Dario I di Persia si vantò di aver collegato il fiume Nilo al mare che lambiva le coste della sua Persia. Si trattava quindi di un mero prolungamento del Nilo, che tra l’altro avrebbe subito vari danneggiamenti fino a essere – circa mille anni dopo – definitivamente abbandonato; progetto ben diverso, invece, dall’opera monumentale che fu realizzata nella metà del XIX secolo e che fa da sfondo alle vicende del romanzo L’aroma inconfondibile del tè di Maria Elisabetta Giudici, pubblicato lo scorso marzo da Morellini Editore.

Canale di Suez

Il romanzo, tuttavia, non entra nel merito della questione (che rimane, per l’appunto, solo uno sfondo) e narra invece la storia di Ciarli, una donna che racconta in retrospettiva la sua vita avventurosa. Abbandonata appena nata, Ciarli viene adottata da due genitori amorevoli, ma ben presto matura in lei il desiderio di rintracciare la madre, di cui conserva solo una perla nera. Approfittando di una nave che sarebbe presto salpata dalle coste pugliesi, Ciarli si traveste da ragazzo e abbandona la sua casa, imbarcandosi con la ciurma della nave e iniziando tutta una serie di peripezie, che la porteranno a essere reclutata, nel giro di pochi anni, dal governo inglese come spia ad Alessandria. Qui si imbatte nella figura di Enfantin, personaggio realmente esistito e a capo del movimento sansimoniano, che avrebbe contribuito proprio alla realizzazione del canale di Suez. Ciarli, però, si rende ben presto conto di essere una mera pedina in un gioco più grande di lei, e inizierà a svincolarsi, attraverso una serie di sotterfugi, dalla trama ingarbugliata nella quale è stata avviluppata.

Sapevo che l’alcol era mio alleato se glielo somministravo nella maniera giusta. Con uno o due bicchieri il padrone si eccitava, con il terzo dovevo fare attenzione, perché diventava violento, il quarto lo avvolgeva nella nebbia dell’ebbrezza e, se lo evitavo con delicatezza, si addormentava ancor prima di toccarmi.

Prosper-Enfantin

La ricerca della madre rappresenta il motore di tutto il romanzo, una costante che accompagnerà Ciarli in tutte le sue avventure: dall’arrembaggio subito a opera di una nave pirata poco dopo essersi imbarcata, ai tentativi di sedurre Enfantin sotto la falsa identità fornita dal governo britannico, passando per un periodo di prigionia presso le tribù arabe del Nord Africa. Tuttavia, appare ben presto chiaro come questo desiderio di recuperare le proprie radici sia più una manifestazione dell’indole avventurosa e ribelle della protagonista, che non una reale esigenza di conoscere la donna che l’ha generata e abbandonata. Ciarli, infatti, mantiene sempre sentimenti ambivalenti verso di lei, e la ricerca di questa donna si propone come una risposta ai suoi dubbi e ai suoi tormenti; anche se sarà proprio questo viaggio a farla maturare e a farle trovare le risposte che cercava – fino all’inattesa rivelazione finale.

A metà strada tra il romanzo di formazione e la spy-story, quest’opera mescola i generi utilizzando uno stile fresco e vivace, ricco di descrizioni vivide sia della vita marinara a bordo delle navi, sia del mondo esotico della Tunisia e dell’Egitto, un’Africa tanto ricca di profumi, sapori e splendidi paesaggi, quanto di intrighi, violenza e pugnalate alle spalle.

Sono cresciuta vivendo con emozione la scoperta di un paese aspro e splendido, l’Africa, dove gli uomini e le cose rimandano “all’alba del mondo”, a un passato indefinito, sospeso nel tempo che, in quanto tale, dovrebbe essere sottratto al suo stesso scorrere.”

In questa varietà di elementi, l’unica costante rimane proprio il personaggio di Ciarli: una ragazza forte, indipendente e che non si tira indietro davanti al pericolo, ma allo stesso tempo interiormente fragile, ricca di dubbi e domande, che solo alla fine del suo processo di trasformazione da ragazza ingenua a donna scaltra potranno finalmente trovare una risposta, conducendola a una vita di serenità.

L’aroma inconfondibile del tè – con il suo titolo che contiene già una promessa di raffinatezza ed esotismo – è quindi un’esaltazione della virtù femminile, senza però idealizzazioni e paternalismi, ma al contrario con la rappresentazione realistica e concreta di una donna tenace, calata nel suo tempo ma allo stesso tempo con una sensibilità tutta moderna, che non potrà non risuonare con le lettrici e i lettori di oggi.

Trama
1834. Ciarli ha sedici anni quando capisce che trovare la madre naturale significa toccare con mano l’inizio del mondo. Quando una nave sconosciuta getta l’ancora al largo del suo mare pugliese, Ciarli si imbarca come clandestina per raggiungere l’Africa, “la terra al di là del mare”, in cerca di una realtà lontana e diversa. Ma occorre un’occasione, o almeno una fantasia universale, per riscrivere un’esistenza. E così, in quella terra sconosciuta, Ciarli viene reclutata come spia dal governo inglese. La sua missione è avvicinarsi a un uomo d’affari francese per carpire più informazioni possibili riguardo il suo coinvolgimento nel progetto degli scavi del canale di Suez. Muovendosi in una terra di contrasti, tra il vuoto di un deserto estremo e spettacolare e le claustrofobiche capitali nomadi, incontrerà la natura predatoria dell’uomo, la violenza, la menzogna e l’inganno, ma anche i vincoli preziosi della solidarietà e dell’amicizia, fino a quando dovrà fare i conti con la più cruda delle realtà.

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