Narrativa recensioni

Iulia Farnesia. Lettere da un’anima – Roberta Mezzabarba

Recensione a cura di Laura Pitzalis

Se dico Giulia Farnese nell’immaginario collettivo si fa strada “Giulia la Bella” la favorita del cardinale Rodrigo Borgia poi papa Alessandro VI, chiacchierata sorella del turbolento e ambizioso Alessandro Farnese che, grazie al “concedersi al papa” di Giulia, riuscì a soli 25 anni e senza nemmeno essere ordinato sacerdote, a essere nominato cardinale.

Una donna che è ricordata solo per la sua bellezza, la sua spregiudicatezza, una Giulia spudorata e dura orditrice, tanto da essere chiamata dal popolo “Venere Papale” o addirittura “Sponsa Christi”.

Di lei si ricorda solo il periodo che visse come amante del papa Borgia, poi non si sa più nulla, una vera e propria “damnatio memoriae”, voluta dal fratello cardinale che si vede sbarrare la sua elezione al soglio pontificio dalla cattiva nomea della sorella, nomea che proprio lui insieme alla madre ha originato: Giulia era una bambina, aveva solo 15 anni quando fu messa all’asta dalla sete di potere di suo fratello.

Il folle piano ordito dalla Caetani e dalla De Mila prevedeva due ingredienti per la sua riuscita: la bellezza di Giulia e la lascività del Cardinale Rodrigo Borgia, cugino della De Mila. E fu così che Giulia, educata all’obbedienza e innamorata della sua famiglia, fu maritata a Orsino Orsini (detto Monoculus Orsinum) e “venduta” al licenzioso Cardinale Borgia, che la prese bambina e la fece donna.

Fu usata per scopi spaventosi, venduta, utilizzata come pedina di un gioco al quale non aveva mai chiesto di partecipare e poi buttata, come carta straccia. Fu isolata perché non più utile e cancellato ogni sua traccia, ritratti, iscrizioni tanto da creare un vuoto che i saggi e le ricerche storiche non sono ancora riusciti a colmare: non esiste nessun ritratto di Giulia, non si conosce il suo volto!

Lo possiamo immaginare, però, leggendo il romanzo di Roberta Mezzabarba, “Iulia Farnesia – Lettere da un’anima”, che è riuscita a fare del suo personaggio un ritratto talmente reale e vivo che io ho ben impresso nella mente il volto fiero e gli occhi decisi di una donna forte e coraggiosa, che non si abbassa davanti a niente e nessuno. Una donna lontana anni luce dalla Giulia Farnese che la Storia ci ha tramandato, avida, lussuriosa e calcolatrice, da molti considerata solo una delle tanti amanti di Rodrigo Borgia.

Questo libro non è una biografia classica, è un atto d’amore dell’autrice verso una donna che è stata la prima Domina di un feudo in Italia, quello di Carbognano. Le rende la sua dignità, lasciando fuori tutto quello che fa sensazione e rumore presentandocela nel mondo di tutti i giorni che la rende energica e reale.

Una sfida che la Mezzabarba ha voluto affrontare per riscattare questa donna, portando a conoscenza tutto quello che ha fatto dopo essere stata l’amante del Borgia, periodo completamente cancellato dalla memoria storica e quindi dimenticato. Ha accolto il grido d’aiuto di Iulia ad avere giustizia per essere stata condannata dai suoi contemporanei all’oblio.

L’autrice la racconta nella sua quotidianità, nel suo esercitare il compito di Domina nel suo feudo. Ci narra di una donna rivoluzionaria per i suoi tempi, quasi folle, una donna che decide di riappropriarsi della sua vita, che ha avuto la forza di rinascere, come la Fenice che non per caso è molto rappresentata negli affreschi da lei voluti nel palazzo di Carbognano.

Questa determinazione ha inizio quando il suo primo marito, Orsino Orsini, decide nel suo testamento che Giulia fosse l’unica destinataria del feudo, cosa che la legge del tempo non permetteva ma che lui pretese.

Lontano dalla corte papale, Giulia e Orsino si scoprirono a vicenda, e le loro anime martoriate dalle scelte altrui parvero ottenere un riscatto, sebbene effimero: Orsino arrivò a donarle il Castello e il feudo di Carbognano, facendola signora di quel luogo senza terzi intermediari, dandole di fatto la dignità di domina

Ora non è più l’amante del papa, è una Domina capace di sostenere lo sguardo dei potenti, di attestare la sua onorabilità, di staccarsi da quello che la famiglia ha voluto che lei facesse per poi ripudiarla.

Splendide le pagine dove la Mezzabarba la descrive mentre indossa i pantaloni del marito Giovanni, morto da poche settimane, e decide di cavalcare non come era uso per le donne, le gambe di lato, ma come un uomo. Un atto di libertà che mi ha catturato emotivamente perché è in quell’azione che inizia il riscatto di Iulia Farnesia.

Una donna coraggiosa che riesce a ribellarsi a un destino scritto da altri, abile, energica e giusta amministratrice, sovversiva fino all’ultimo quando decide di fare testamento lasciando buona parte dei suoi beni alle sue adorate servitrici non come dote, che sarebbe andata ai loro possibili mariti, ma a loro direttamente.

Alla luce del suo percorso di vita, Giulia aveva in mente di disporre in maniera precisa e puntuale dei suoi averi, preoccupandosi di destinarli alle donne, a loro cui la società non sembrava concedere altra scelta se non quella di sottomettersi all’uomo e vivere nell’ignoranza. Considerando che non era concessa alle donne la possibilità di disporre liberamente del denaro lasciato loro in dote dalla famiglia, che passava direttamente dal padre al marito, […] Giulia aveva meditato uno stratagemma, che sarebbe stato contro le leggi degli uomini ma che, chiaramente disposto dal suo testamento, avrebbe dovuto essere comunque onorato.

Tutto questo la Mezzabarba ce lo racconta con una prosa fluida e incisiva dando vita a una narrazione facile e immediata usando, in questa parte del romanzo, la tecnica narrativa della terza persona singolare.

Ho detto “in questa parte del romanzo” perché , con un vero e proprio colpo di genio letterario, differenzia in modo netto il periodo più maturo passato da Domina e quello della giovinezza passato alla corte papale, usando nel primo la tipologia del narratore eterodiegetico, (uso della terza persona singolare), nel secondo quella autodiegetico, (io narrante).

Infatti è Giulia Farnese che racconta in prima persona i suoi ricordi, la sua versione dei fatti, rendendoli in questo modo autentici. Lo fa raccontandosi alla figlia Laura, alle sue fedeli servitrici, Onofria che l’ha accudita fin dalla nascita, Agnese sua sorella e la giovane Berna. Ma soprattutto attraverso le lettere che scrive a Lucrezia Borgia, amica con la quale condivide un destino comune, dove si crea una forte intensità emotiva che ci cattura quando ci rendiamo conto che nella scrittura Giulia riesce ad allontanare dalla mente quello che non era riuscita a raccontare nemmeno a se stessa.

E proprio in queste lettere trapela la sofferenza di Giulia, è qui che l’autrice ne fa emergere la vera anima, un’anima abbattuta dalle cose che le sono state chieste e che ha fatto fidandosi della famiglia, consapevole che si dovrà portare per sempre l’infamia e l’umiliazione di questo periodo.

Aveva impegnato buona parte della sua giovinezza e delle sue capacità nel progetto ordito dalla madre, esaltandosi al pensiero che un Farnese potesse divenire il capo della Chiesa di Roma. Ma per la realizzazione di questo piano, lei aveva pagato il prezzo più alto: quello dell’infamia a vita, del dileggio che nessun suo comportamento avrebbe mai potuto nettare

Le lettere sono frutto dell’immaginazione dell’autrice, una finzione narrativa che serve per introdurci nella storia. Il romanzo è storico ma Mezzabarba è una scrittrice e lascia libera la fantasia.

Partendo da un insieme di documenti d’archivio dove sono riportati in modo cronologico gli atti governativi e comunali del periodo e che danno un’idea di che cosa fosse accaduto in quel dato giorno e chi li aveva eseguiti, la Mezzabarba ha intessuto una storia che senza dubbio è più fruibile di un saggio o una raccolta di documenti storici. Tutto quello che ha scritto è basato su fonti storiche documentabili e per questo come sottotitolo del romanzo ha voluto scrivere “La vera storia di Giulia Farnese”.

Se l’obbiettivo era quello di riuscire a far apparire dietro la storia e leggenda della “Sponsa Christi” la donna Iulia Farnesia, e far fallire la “damnatio memoriae” perpetrata dal fratello Alessandro, posso affermare con certezza che Roberta Mezzabarba l’ha centrato in pieno!

Ora Iulia Farnesia

finalmente libera del peso cupo della calunnia potrà, leggera, abbandonare questo mondo e recarsi nella casa del Padre.

Grazie Roberta Mezzabarba!

Editore: ‎Youcanprint (13 maggio 2022)
Lingua: ‎Italiano
Copertina flessibile: ‎392 pagine
ISBN-13: ‎979-1221409512
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Trama
Può un romanzo riscattare la dignità e la figura di una donna usata dalla sua famiglia e poi dispersa nell’oblio? Questo è quello che l’autrice di quest’ambizioso romanzo storico “IULIA FARNESIA – Lettere da un’anima” è mirabilmente riuscita a portare a termine. Giulia Farnese, soprannominata dalle lingue del suo tempo La Bella, si racconta fosse il fiore più bello del 1500. Appartenente alla famiglia Farnese, allora di piccola nobiltà, Giulia lasciò che la sua famiglia utilizzasse le sue bellezze per ammaliare il Cardinal Rodrigo Borgia, maritandola nello stesso tempo a Orsino Orsini di Bassanello detto Monoculus, per spingere la carriera ecclesiastica del fratello Alessandro (che poi diverrà Papa Paolo III). Di Giulia si è sentito dire di tutto: le cronache del tempo l’hanno dipinta come licenziosa e dispotica dama, abile amministratrice di potere, spietata manipolatrice. Questo romanzo, a quasi cinque secoli dalla sua morte, rappresenta una voce fuori dal coro. Racconta di una donna che dopo il periodo passato alla corte vaticana, come favorita del Papa Borgia, ha dato una volta alla sua vita decidendo per la prima volta di sé. Una Giulia matura, vedova per la seconda volta, domina del feudo di Carbognano si racconta e racconta il suo percorso, rivelando un personaggio indimenticabile.

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