Narrativa recensioni

L’oro di Palmira – Claudio Rossi

Recensione a cura di Matteo Palli

Scripta Manent, il Piccolo salone del saggio e del romanzo storico, mi ha portato a conoscere questo romanzo.

La piccola oasi del romanzo storico, creata con passione da Roberto Orsi, si porta dietro un grandissimo pregio che travalica le valutazioni sulla partecipazione, sulle copie vendute dai singoli editori/autori, su come tutto possa andare in modo perfetto (ma succede mai nella vita?).

Di cosa parlo? Del senso di appartenenza… di quel legame virtuale, ma profondo, che unisce sotto la stessa passione tutti coloro che ci partecipano. La voglia di esserci, la gioia di vedere dal vivo persone incrociate mille volte sul gruppo a commentare libri, a raccontare le proprie storie. La sensazione fortissima di essere nel momento giusto nel posto giusto.

E in questo magico mondo, ho incrociato Claudio Rossi. Lui non può sapere, o meglio spero che lo scoprirà leggendo la mia recensione, quanto la lettura del suo romanzo sia stata portatrice di ore e ore di puro divertimento.

Questo perché la prima parola che mi viene da affiancare a questo libro è proprio quella.

Un racconto  avvincente come un thriller, descrittivo e colto  come un saggio di altissimo livello, con passaggi da puro romanzo di avventura (in dei frangenti mi sembrava di leggere il purtroppo scomparso di recente Wilbur Smith), con sfumature anche da “giallo”. Il tutto descritto con una prosa pulita, curata e di ottimo livello. Veramente difficile chiedere di più…

La sera, intristito dalle ultime vicende, me ne andavo da solo a godere del maestoso spettacolo del tramonto da alcune rocce che si elevavano di qualche decina di piedi dalla piana e dalla sterpaglia. Una sera Giuditta volle accompagmarmi. Seduti sulle rocce osservammo il disco del sole scendere lentamente sotto l’orizzonte, i suoi raggi perdere luce e calore mentre le tenebre avanzavano.

Ho scoperto che i due protagonisti, l’agrimensore Quintilio (ammetto che ho dovuto cercare cosa fosse l’agrimensore!) e il liberto greco Hicelius che lo affianca, sono protagonisti di una serie di romanzi. L’essersi inserito in una serie ben avviata non rovina assolutamente la lettura. Ho intuito che ci sono riferimenti a loro prececenti vicissitudini, ma il libro si legge senza alcun deficit.

Ho amato l’ambientazione, alle estreme periferie dell’impero romano.

Lo ammetto: come mi piace la storia raccontata dal basso, attraverso le gesta e le avventure di personaggi minori, gradisco molto  anche le ambientazioni non comuni, al di fuori dei soliti stereotipi geografici. Ho respirato la polvere dei deserti della Siria e della Giordania, ammirato i paesaggi, soffferto la sete e cercata l’ambita oasi, a fianco dei protagonisti. Comuni mortali, che non saranno mai ovviamente citati  sui libri di storia ma, fondamentali grazie al loro coraggio, alla forza del proprio cuore e alle scelte fatte. Consapevoli poi di  tornare a essere  un minuscolo granello di sabbia insignificante  nella Storia dell’umanità.

Mi amava, quella era la vera ragione.
Credeva che io fossi una persona importante e non voleva essermi d’ostacolo. Forse io ero una persona importante rapportato al piccolo mondo di Nathun, ma nel mio mondo invece ero solo una piccola pedina,come il centurione Osterio, come Hicesius e come tutti gli altri.
E una volta finita la missione non valevo più nulla del tutto, ero tornato ad essere un insignificante civile qualsiasi. Valevo quanto un pescatore del mare di Galilea…

I due protagonisti sono molto ben caratterizzati e completi. Nessuno dei due, nel racconto, è in posizione subalterna verso l’altro. Si stimano, si rispettano, ma sono anche critici tra loro, essendo profondamente diversi.

Il greco ed io spendemmo quei giorni andando in giro per Jerusalem, curiosando ai mercati e nelle botteghe di libri. Ci era stato pagato lo stipendium e lo scribacchino delle paghe ci aveva anticipato che a breve avremmo avuto cinqucenti sesterzi a testa di premio. Avevamo denari da spendere e ci permettemmo quanto di meglio offrivano le bettole del posto.

L’autore costruisce la sua storia mischiando personaggi storici (sempre in disparte rispetto al racconto) ai protagonisti. Ho ammirato la profonda conoscenza del mondo romano, probabilmente indispensabile per affrontare certi romanzi, ma non sempre riscontrabile a un  livello così alto. Al riguardo sono delle vere perle, a fine libro, i glossari dei termini,dei luoghi, delle unità di misura, che affiancano  il lungo elenco dei personaggi.   

Un romanzo che mi sento di consigliare a chiunque abbia voglia di cimentarsi con un avvincente romanzo di avventura, con la consapevolezza però di essere in presenza di un autore che conosce molto, molto, bene il mondo che racconta e che non si vergona di erudire il fortunato lettore.

Editore: Independently published (25 ottobre 2019)
Pagine: 336
ISBN-13: ‎ 979-8721010576
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Trama

Della missione che impegna l’agrimensore Quintilio all’interno della Siria nessuno deve sapere nulla, nemmeno nei ranghi dell’esercito, né in oriente né a Roma.
È un incarico delicato che deve essere portato a termine a qualunque prezzo, questi sono gli ordini del Comando, forse vengono da Marco Antonio in persona.
Molti sono i dubbi di Quintilio sulla missione, e perfino l’aiutante di cui si fida ciecamente, l’astuto liberto Hicesius, appassionato falsificatore di documenti, tentenna per le difficoltà che impreviste emergono ad ogni passo.
Il centurione che li comanda, un grezzo uomo d’armi, invece non ha dubbi: «La missione è più importante di noi stessi! Se io non ce la farò ad andare avanti, tu dovrai continuare senza di me. E se sarà necessario andrai avanti senza nessuno di questi che ora sono con noi! Hai capito? Quelli sono gli ordini!»

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