Narrativa recensioni

Il ribelle – Emma Pomilio

Trama
Anno 753 a.C. Un nobile ufficiale etrusco, Larth, per difendere il suo onore commette un orribile crimine ed è costretto a fuggire. Giunto al guado sul Tevere si imbatte nella banda di briganti di Romolo e Remo. Ne entra a far parte trovando così una nuova identità e una nuova patria per cui combattere. Da ricco abituato al lusso si ritrova a vivere tra gente rozza e violenta, a partecipare a lotte e razzie mettendo a frutto la sua esperienza di soldato e il suo coraggio. Entrato rapidamente nelle grazie di Romolo, quando si scoprirà che quest’ultimo è di stirpe reale, sarà proprio il nobile etrusco che con un formidabile drappello di cavalleria lo aiuterà a sconfiggere i suoi rivali e a conquistare il diritto a essere re e a impadronirsi della terra su cui sorgerà Roma.

Recensione a cura di Maria Marques

Un duplice assassinio alle spalle, mani che grondano sangue e una fuga, precipitosa, abbandonando tutto e tutti.

Una vita da ricostruire, celandosi e nascondendosi perché dichiaratamente colpevole, specialmente dal re di Tarquinia cui ha ucciso la nipote, sua moglie e adultera. Questo è Larth, ma anche il nome cela l’inganno, perché e fittizio. Un nome qualunque scelto per sfuggire alla giustizia reale, che non perdona e che chiede vendetta. Sangue per sangue.

Solo, in preda alle preoccupazioni per la madre e le sorelle che ha abbandonato nella fuga da Tarquinia, l’etrusco, giunge al guado sul fiume Tevere intenzionato a proseguire verso le terre fertili della Campania, sostando prima al santuario di Giove Laziare, chiedendo al dio un segno sul suo futuro.

Tradito da chi avrebbe dovuto guidarlo al santuario, Larth riuscirà a sfuggire all’agguato di alcuni briganti e, durante una notte passata nel bosco, un sogno giungerà a turbare la sua mente:

si era visto insieme ai briganti, come uno di loro, mentre li guidava all’assalto di un gruppo di pastori che difendevano le loro greggi. Non solo, i briganti sotto la sua guida mettevano in fuga i pastori e razziavano il bestiame

Dissipate le nebbie mattutine, Larth scoprirà che comunque gli dei sono arrivati sino a lui.

Il santuario di Fauno lo accoglierà e, attraverso le parole dell’anziana sacerdotessa che lo custodisce, Larth comprenderà che nella sfortuna c’è sempre uno spiraglio di luce: nulla è perduto per un uomo che abbia intelligenza, capacità organizzative e sappia maneggiare le armi. A volte gli dei donano delle seconde possibilità e Larth si troverà a riflettere se iniziare una nuova vita, dimenticando l’omicidio, di essere stato il comandante della cavalleria di Tarquinia e, ricominciando dal nulla, creare qualcosa in quella terra rude e selvaggia, trasformando se stesso in un pastore e all’occorrenza in un brigante, sgretolando le ultime certezze di una vita passata tra le ricchezze in una civiltà elegante e raffinata quale quell’Etrusca. Indossati abiti anonimi, nascoste l’educazione e i modi eleganti, Larth si trasformerà, così, nel ribelle del titolo. Dall’incontro con Romolo e Remo, inizierà a prendere forma la leggenda che cela la nascita di Roma e i protagonisti progressivamente emergeranno tra le pagine del romanzo: Faustolo, Acca Larentia, Numitore, Amulio.

Larth, abituato ad addestrare giovani cavalieri e a valutarne le capacità, concentrerà le sue attenzioni su Romolo e saprà riconoscere in quel giovane pastore, poco avvezzo ai rituali del bagno e piuttosto rozzo, delle qualità di cui il gemello è carente:

Quel giovane leggeva nel cuore degli uomini, era coraggioso, sapeva come e quando parlare, sapeva essere giusto, pazientare a lungo e colpire al momento opportuno.

E, mentre la fama dei gemelli cresce, attirando altri giovani dai villaggi limitrofi, la distanza fra loro si trasforma in un baratro. Agli occhi di tutto il gruppo dei loro seguaci, diventa palese che soltanto uno dei due fratelli, potrà regnare sulla città che dovrà essere “inaugurata” secondo i complessi rituali etruschi e Larth sosterrà in tutti i modi Romolo aiutandolo ad arrivare dove il suo destino si compirà: tracciare con l’aratro il solco che segnerà il confine di quella che sarà Roma, perché Remo: “era un empio che non rispettava le leggi dell’ospitalità…”.

In una società nascente, Larth riuscirà a costruirsi una nuova posizione? Riuscirà a rimettere in gioco se stesso, mentre intorno a lui il sogno di una città prende lentamente forma, trasformandosi nell’embrione di quella che un giorno sarà la Roma che conosciamo?

Difficile narrare della fondazione di Roma dove tutti gli avvenimenti e i personaggi sono noti e la leggenda, nasconde verità e fantasia. Il luogo dove sorse la città che divenne poi Roma, era già abitato dalla metà del IX secolo a.C. e questi insediamenti, attraverso le pagine del romanzo, emergono in tutta la loro vitalità e peculiarità. La scelta originale dell’autrice, di far narrare la leggenda, non come ci si aspetterebbe, attraverso gli occhi e i sentimenti di uno dei protagonisti, i famosi gemelli, ma attraverso l’introduzione di un personaggio di fantasia, un etrusco, permette al lettore una visione diversa degli avvenimenti. È il desiderio di un ragazzo, spesso succube del fratello gemello, che s’incontra e si concretizza grazie all’esperienza e alla capacità di un esule, che saprà trasformarsi in ribelle, a dare origine all’embrione da cui nascerà Roma. Ed è questo particolare punto vista che regge tutta la narrazione, che permetterà al lettore di stravolgere la lettura della leggenda, perché tutte le vicende, i personaggi, i sentimenti, saranno filtrati attraverso Larth.

Gli stessi protagonisti perdono l’aspetto eroico per divenire quello che erano nella realtà, pastori violenti, rozzi e l’autrice enfatizza la diversità culturale che li separa da Larth, sebbene questi cerchi il più possibile di uniformarsi a loro e al loro modo di comportarsi. L’esule è il rappresentante di una civiltà raffinata, che emerge nel suo modo di agire, nell’eleganza dei gioielli che indosserà per festeggiare, incuriosendo alcuni, facendo sorridere altri e mettendo in allerta le spie di Tarquinia.

L’autrice, Emma Pomilio, narra la sua leggenda di Romolo e Remo, utilizzando uno stile lineare e semplice, scegliendo di porre in risalto alcuni personaggi del mito, e altri, lasciandoli volutamente nell’ombra. Valore aggiunto al romanzo è sicuramente la difficoltà di scrivere un libro sulle origini della Città Eterna, che, di fatto, in queste pagine non esiste: Roma non c’è ancora.

Non ci sono palazzi di mattoni, ci sono paludi malsane, colli su cui sorgono villaggi di capanne di frasche che un giorno, aggregandosi, daranno origine a Roma e c’è un guado, un crocevia di persone, lingue e idee. Mentre per il lettore Roma è un’entità ben delineata, una città di marmo, il cui nome si associa alle legioni, al diritto, agli imperatori, in queste pagine, la città prende forma, attraverso l’idea di un nobile etrusco, su come utilizzare al meglio le capacità e la forza di alcuni giovani pastori, stanchi delle vessazioni da parte dei loro confinanti.

Larth porterà a termine il suo sogno, scegliendo per affinità e favore divino, Romolo e dando così l’avvio alla leggenda, dimostrando ancora una volta che, come dice lui stesso:

Tenete a mente la cosa più importante, chi desidera fortemente qualcosa, la ottiene.

Copertina flessibile: 420 pagine
ISBN-13: 978-8804712688
Editore: Mondadori (3 settembre 2019)
Link di acquisto cartaceo: Il ribelle
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