Eresie ed inquisizione Viaggio nella storia

TS e Dintorni filosofici: Giordano Bruno e il Dio Natura

Articolo a cura di Armando Comi

“Atteone significa l’intelletto intento alla caccia della divina sapienza”.
Giordano Bruno, Degli eroici furori, parte 1, dialogo 4.

Siamo in pieno umanesimo, momento culturale che vide intellettuali, artisti, maghi scienziati tutti tesi verso la ricerca del vero. La Verità che gli umanisti ricercavano non era solo quella geometrico-matematica delle leggi della natura, ma anche, e soprattutto, quella dell’essenza dell’uomo. Tale ricerca non poteva che far maturare negli animi una forte esigenza di libertà e di autonomia intellettuale. Tuttavia nel febbraio del 1600, in piazza Campo dei Fiori a Roma, questa libertà e questa autonomia che avevano reso grande il Cinquecento italiano bruciarono su un rogo.
Stiamo parlando del rogo di Giordano Bruno, mago e filosofo cinquecentesco che visse una vita di eccessi e spinse il pensiero umano verso territori che dovevano restare inesplorati.

Chi accese il rogo di Giordano Bruno?
Per rispondere a questa domanda occorre riassumere rapidamente il contesto nel quale maturò la decisione della condanna a morte. Siamo in piena Controriforma, le tesi di Lutero hanno creato una spaccatura insanabile tra i cristiani. La Chiesa di Roma deve arginare il pericolo rappresentato dalle eresie protestanti che si stanno diffondendo rapidamente in tutta Europa.
Siamo inoltre in un contesto agitato da una nuova “eresia” scientifica, ovvero il copernicanesimo. La tesi secondo cui la terra compie una rivoluzione intorno al sole ha messo in crisi secoli di aristotelismo, e toccare Aristotele nelle università Europee del Cinquecento equivaleva a contestare la Bibbia. Nasce allora uno strumento repressivo con il quale si intende filtrare i contenuti dei testi pubblicabili, stiamo parlando dell’Indice dei libri proibiti, che accanto all’Inquisizione diventa l’arma spirituale della Chiesa cattolica.
I nemici di Giordano Bruno sono dunque gli ecclesiastici e gli aristotelici.

Da dove vengono le idee di Giordano Bruno?
La scuola filosofica nella quale si formò Giordano Bruno fu una fucina di idee assai poco ortodosse, idee che presero la forma dell’eresia di Bruno appunto, ma anche di Tommaso Campanella, che con la sua Città del Sole arrivò a suggestionare i monarchi di Francia, mentre il regno di Spagna lo condannò a decenni di carcere e torture. Siamo a Napoli, città fiorente di studi filosofico-scientifici, filone di ricerca incarnato da un proto scienziato come Bernardino Telesio. Si tratta di un approccio allo studio della natura sempre più distante da Aristotele. Per Aristotele, ma soprattutto per i suoi studiosi, il mondo era chiuso e aveva la terra al suo centro. Bruno contesterà tutto ciò.
Bruno sarà copernicano, sosterrà dunque la tesi della centralità del sole. Ma non sarà questo a condurlo sul rogo.
A condurre Bruno sul rogo sarà la sua idea di infinito.

Qual è l’eresia di Giordano Bruno?
Per Bruno l’universo è infinito ed è composto da infiniti mondi.
La sua tesi non è laboratoriale, per questo non è scientifica. La sua è una intuizione puramente filosofica. Vediamo come procede.
A governare l’universo vi è un Dio. Un Dio non antropomorfizzato, bensì inteso solo come principio fisico. Tuttavia quello ipotizzato da Bruno è un principio intelligente che l’eretico chiamerà Mente superiore a ogni cosa. Dio è una specie di legge naturale, che sta al di sopra di ogni cosa proprio perché deve regolare tutto. Ma se Dio è legge del tutto, ovvero di ciò che è stato, di che è e di ciò che sarà, ne deriva che questo Dio è infinito, poiché deve poter orchestrare ogni aspetto del reale, anche quelli che ancora non sono realizzati ma che si realizzeranno. Proprio per questo non può avere un limite.
Dunque Dio è infinito. Ed ecco l’intuizione di Giordano Bruno: se Dio è infinito e causa ogni cosa, allora anche gli effetti che potrà provocare saranno infiniti.
Proviamo a semplificare con un esempio:
Se abbiamo in mano un blocco di argilla rosso, tutti gli oggetti che realizzerò con quell’argilla saranno necessariamente rossi.
Il Dio di Bruno è come quel blocco di argilla rosso. Da un Dio infinito deriveranno necessariamente mondi infiniti.
Giordano Bruno è dunque il teorico dell’universo infinito.

Ma non è tutto. Infatti il Dio di Giordano Bruno non è un artigiano che si limita a produrre gli oggetti. Si tratta invece di un artigiano che si impasta ai suoi stessi oggetti e rimane dentro essi. Per Bruno materia e spirito coincidono. In una pietra, in una formica o in un uomo vi è Dio. Dio è la Mente che sta sopra ogni cosa ma è a contempo una Mente che è in ogni cosa. La Natura è Dio. Ne deriva come conseguenza logica che la Natura è infinita. Ogni oggetto che ci circonda è solo un aspetto di Dio. Il tavolo su cui sto scrivendo, il lettore di questo articolo, il gatto che si stiracchia sul divano sono tutti aspetti di Dio. Siamo dentro un grandioso panteismo.
Le conseguenze di questa intuizione filosofica sono immani. Se infatti in ogni cosa c’è Dio, ogni volta che io, da uomo, maltratto il prossimo, sia esso bambino, un animale o una costa marina, io sto maltrattando Dio. Uccidere un ragno è la vera bestemmia, abbattere un albero è la vera eresia, torturare un mio simile è il vero male, perché ognuno di questi gesti è fatto contro Dio.
Se comprendo che nel filo d’erba che calpesto vi è Dio, comprendo anche qualcos’altro, ovvero che dentro il filo d’erba ho la possibilità di vedere l’infinito. Devo solo saperlo guardare. Nel filo d’erba c’è quello stesso infinito che c’è in me uomo.

Per Giordano Bruno questo è l’unico vero Dio, ovvero la Natura di cui noi stessi facciamo parte. È un Dio difficile da comprendere, perché le sue leggi non sono scritte in un testo sacro e non hanno i loro sacerdoti. Per questo il Dio di Bruno è un Dio a cui possono credere solo i sapienti. Per i non saggi, per chi non conosce la filosofia, esistono le religioni, con i loro testi sacri, i loro tabù, i loro divieti, i loro sacerdoti. Ma Dio non è niente di tutto ciò, Dio è l’autunno che muore per lasciare posto all’inverno e rinascere in primavera. Capire perché tutto sia in movimento è la vera teologia, il vero studio di Dio. Per conoscere Dio dobbiamo conoscere la Natura, di cui noi stessi facciamo parte. Ma non dobbiamo conoscerla per dominarla, bensì per comprendere quando c’è di essa in noi uomini.
Per Giordano Bruno non ci sono gli uomini da una parte e la natura dall’altra, per Giordano Bruno c’è un tutto nel quale le differenze si annullano proprio perché vi è una sola Mente che fa sì che l’uomo e la formica possano convivere in quanto organi dello stesso organismo, un mondo nel quale tutto è in perfetta armonia e dove la violenza umana anche contro una sua singola parte è una violenza fatta a noi stessi.
Questa filosofia, va da sé, annulla ogni pretesa che l’uomo sia l’unica creatura prediletta. L’uomo è solo una creatura tra le tante, tutte perfette a modo loro. Peraltro, dato che i mondi sono infiniti, non è neppure detto che la Terra sia l’unico pianeta abitato.
L’unica vera differenza tra l’uomo e gli animali, per Giordano Bruno, non è l’intelletto, ma la mano. Con la mano l’uomo può creare, esattamente come creò Dio. Per Bruno l’uomo divino non è il faraone o il papa, per Bruno l’uomo divino è l’artigiano, colui che può trasformare il mondo rispettandone le leggi. L’intelligenza guida la mano, la mano realizza l’intelletto.
Bruno, negli Eroici furori, spiega il rapporto uomo-natura con il mito di Atteone. Atteone esce per andare a caccia ed è pronto, con arco e frecce, a uccidere. Ma si imbatte in Diana, che lo trasforma in cervo.
Il valore simbolico è evidente. Atteone, il cacciatore, è il filosofo, che va ad esplorare la natura, e quando la scopre diventa parte di essa, un cervo appunto. Il cacciatore si trasforma nella sua stessa preda, e proprio per questo smette di cacciare, perché diventa esattamente l’animale che lui stesso avrebbe voluto uccidere.
Atteone è diventato natura e per questo non vorrà più nuocerle.
Questa è la grande eresia di Giordano Bruno. In primo luogo non esiste nessun uomo che possa dettare legge a un altro uomo. In secondo luogo vi sono mondi sconosciuti dove Cristo o Maometto non sono mai arrivati e libri come la Bibbia e il Corano sono completamente ignorati.
Ipotizzare l’infinità dei mondi e l‘identità Dio-Natura è un’idea talmente estrema che l’unico modo per confutarla fu sbarazzandosene, ovvero condannando a morte il filosofo.
Giordano Bruno non si pentirà di queste sue tesi, andrà al rogo pur di restare fedele al proprio pensiero.
La sua statua, voluta dall’élite anticlericale e massonica dell’Italia post-unitaria, volta simbolicamente le spalle al Vaticano, come a ribadire i leggendari insulti che Bruno, mentre camminava per andare verso il fuoco, lanciava contro il Dio cristiano.
Quella statua peraltro, quasi come una beffa del destino, venne salvata da Benito Mussolini che impedì che papa Pio XI la rimuovesse. Il dittatore che salva il martire del libero pensiero.

Ecco un brano tratto dagli Eroici furori, dove Tansillo (TANS.) parla con Cicada (CIC.). Tansillo espone il pensiero di Giordano Bruno:

Alle selve i mastini e i veltri slaccia
Il giovan Atteon, quand’il destino
Gli drizz’il dubio ed incauto camino,
Di boscareccie fiere appo la traccia.
Ecco tra l’acqui il più bel busto e faccia,
Che veder poss’il mortal e divino,
In ostro ed alabastro ed oro fino
Vedde; e ‘l gran cacciator dovenne caccia.
Il cervio ch’a’ più folti
Luoghi drizzav’i passi più leggieri,
Ratto vorâro i suoi gran cani e molti.
I’ allargo i miei pensieri
Ad alta preda, ed essi a me rivolti
Morte mi dàn con morsi crudi e fieri.

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