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Le interviste di TSD: Claudio Rossi

A cura di Maria Marques

Grazie mille per aver accettato questa nuova intervista sulle nostre pagine. Per Claudio Rossi quale passione nasce per prima: la scrittura o la storia romana?

Forse sono passioni nate insieme e che sono state alimentate giorno dopo giorno. Per anni ho effettuato rilievi di aree pianeggianti imbattendomi in continuazione in opere romane eseguite per rendere abitabile e produttivo il territorio: regimazioni idriche, centuriazioni, strade, bonifiche, resti di città e ville rustiche. Scrivendo relazioni su quelle opere e sulle modificazioni che avevano prodotto nel paesaggio era difficile sfuggire al fascino delle grandi conoscenze tecniche di cui disponevano i romani. Non appena mi è stato possibile ho riversato ciò che avevo appreso sul campo in romanzi che avevano per protagonisti proprio questi ingegneri del passato.  

Come nascono i tuoi romanzi? Da dove trai l’ispirazione?

I romanzi hanno di solito più di una fonte di ispirazione, voglio qui citarne tre: la prima è sicuramente la scoperta che il paesaggio che vediamo oggi nelle aree pianeggianti italiane e in parte dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo è in buona parte artificiale ed è dovuto a coloro che per primi si posero il problema di valorizzare il territorio. In concreto una fonte eccellente sono le foto aeree, settore in cui ho lavorato alcuni anni. La seconda fonte è la ricerca bibliografica: anche grazie al web è possibile accedere, con poca fatica, a un patrimonio immenso di opere letterarie digitalizzate.  Naturalmente le fonti più interessanti sono i testi dell’epoca in greco e in latino, di cui esistono eccellenti traduzioni, specialmente in volumi del ‘700 e dell’800. Vorrei citare, per fare un esempio, i testi di Erone su cui mi sono basato per ricostruire una dioptra che a volte compare nei romanzi. La terza fonte di ispirazione sono i musei, in cui si trovano strumenti che risalgono alla tecnologia dell’epoca insieme a oggetti che provengono dalla vita comune e che sono altrettanto necessari, a uno scrittore, per descrivere un contesto realistico.   

Quanto tempo dedichi alla ricerca del tessuto storico presente nei tuoi romanzi?

Non è definibile il lasso di tempo necessario per la ricerca storica. A volte le notizie utili compaiono all’improvviso, come servite su un piatto d’argento, altre volte il mosaico che cerco di ricostruire non è completo e sono costretto a fermare la stesura del romanzo. In ogni caso non mi è mai capitato che la maturazione del quadro storico e ambientale necessario per avviare un testo trovi una buona coerenza in meno di un anno o due.

Un lettore che si accosta per la prima volta ai tuoi romanzi, rimane piacevolmente sorpreso di non trovarsi immerso fra grandi generali, battaglie epiche, ma in una dimensione molto umana, fatta di gente comune che spesso gli avvenimenti storici li vive come echi lontani. Perché hai scelto questa dimensione?

Preferisco scrivere di cose di cui ho qualche conoscenza diretta, credo che descrivere contesti di cui non si sa nulla comporti l’impossibilità di dare una rappresentazione realistica. Inoltre non mi è mai capitato di vivere vicino a un grande generale o in una battaglia epica, mentre invece conosco molto bene tutta la gamma di situazioni in cui si può trovare chi lavora in aree disabitate, boscate o desertiche, e ha la necessità di effettuare un rilievo topografico o geologico. È dovuto alla mia esperienza personale di anni trascorsi in aree disagiate in varie parti del mondo con strumentazione primitiva, quando non erano ancora stati inventati i GPS. A questo punto è stato automatico per me descrivere come vivesse e lavorasse, e cosa potesse pensare un agrimensore d’epoca romana.  

Hai creato tre serie di romanzi con tre protagonisti molto differenti tra loro per educazione, cultura e attività. Non ti chiedo chi sia il tuo preferito, ma come sono emersi dalla carta: Quintilio, Marco e Svetonio? Ti sei ispirato a qualche personaggio realmente vissuto? E se sì dove ? In una iscrizione, una statua?

Credo che sia inevitabile che uno scrittore travasi una parte di se stesso nei protagonisti che popolano le sue storie. La figura e le ambientazioni presenti nella serie di Quintilio e del segretario Hicesius fanno parte di un mondo che ha punti in comune con chi esegue attività tecniche in paesi in via di sviluppo con mezzi rudimentali, fidandosi della capacità di risolvere il problema quando si presenterà. La serie del medico Svetonio ha trovato solide fonti di ispirazione nei papiri dell’Egitto romano in cui personaggi simili facevano parte della classe dominante del I e II secolo. La trilogia dell’architetto Marco è legata alla conoscenza del coautore di alcuni luoghi dell’antica Gallia Belgica, mentre il mio contributo è prevalente in ciò che riguarda il ciclo del vetro e il suo arrivo in Europa, e nelle avventure ambientata nei dintorni di Besancon, capitale della Franca Contea (FR). La stragrande maggioranza dei personaggi che ho descritto nei miei romanzi ricalca, accentuandone pregi e difetti, persone che ho realmente conosciuto a volte in circostanze fuori dall’ordinario, come durante lavori pericolosi in foresta o nel deserto, o in mare o ai fuochi dei bivacchi. A volte mi servo di vecchie fotografie e di altrettanto vecchi rapporti di lavoro per fare mente locale e rendere più viva la descrizione di un personaggio.     

I tuoi romanzi sono caratterizzati anche da una ricostruzione minuziosa dei paesaggi e dei luoghi dove i tuoi protagonisti si trovano ad agire. Queste tue descrizioni nascono da sopralluoghi effettuati personalmente?

In buona parte le descrizioni nascono da sopraluoghi effettuati appositamente, come è avvenuto per la parte europea della serie dell’architetto Marco, che anche per questo motivo ha avuto una gestazione molto lunga. Per i luoghi inaccessibili o in cui non è possibile andare di persona (come nel caso della Siria o dell’Armenia) mi avvalgo di foto aeree che, specie se stereoscopiche e ad alta definizione, danno un’idea del territorio molto vicina a una visita diretta. A volte, come è accaduto per l’Armenia, posso valermi dell’esperienza di persone che hanno fatto anni di trekking toccando con mano situazioni non troppo diverse da quelle che c’erano 2.000 anni fa.

Nel tuo ultimo romanzo, Un inverno in Armenia, Quintilio e Hicesius, si trovano a condividere il loro viaggio con due donne molto particolari. E’ stato complicato o divertente dare vita e voce a due personaggi così particolari?

Si tratta in effetti di due donne davvero particolari, e descrivere il loro comportamento in situazioni anomale come quelle del romanzo è stata un’esperienza divertente. Naturalmente non avrei mai potuto inventare due caratteri così originali se non mi fossi basato, in gran parte, sul comportamento e le reazioni di due mie conoscenze che brillano per singolarità, pur senza essere né sanguinarie né avvelenatrici. Naturalmente mi guardo bene dal fare i loro nomi!

Tre linee guida che uno scrittore di romanzi storici non dovrebbe mai dimenticare?

Il primo requisito, a mio avviso il più importante, è costituito dall’“avere qualcosa da raccontare”: un’avventura,  una storia o un sentimento che riesca ad attrarre l’attenzione, la curiosità, l’interesse dei lettori. Un secondo requisito sta nell’impegno e nell’abilità di “raccontare bene”, riuscire a presentare personaggi, relazioni, eventi, fatti e contesti, con un  buon grado di concretezza e senza divagazioni superflue. Il terzo requisito è il realismo della narrazione, che può essere sostenuto da un’accurata attenzione e ricerca di esempi che non mancano nel mondo attuale (anche di persone e situazioni apparentemente assurde e inverosimili).  Descrivere cose reali oltre ad essere più facile dà anche risultati più credibili.

Claudio Rossi scrittore… ma sei anche un lettore? E se sì, che cosa prediligi leggere, rimani sempre nell’ambito storico oppure spazi in altri generi?

Naturalmente leggo qualche romanzo ambientato nel mondo romano, ma anche romanzi storici ambientati nell’Italia del ‘200, di cui purtroppo ho conoscenze limitate. La parte del leone nelle mie letture la fanno i saggi: leggo molte traduzioni di papiri dell’Egitto tolemaico o romano (splendide quelle degli scopritori di Tebtynis Bernard Grenfell e Arthur Hunt). L’attualità delle situazioni descritte nei papiri (prestiti, eredità, matrimoni, contratti, compravendite, mutui), a volte mi sconcerta e ne pubblico di tanto in tanto qualche brano sulla pagina Facebook. Leggo anche pubblicazioni di grandi musei, come ad esempio del MET.

Domanda di rito: stai lavorando alla stesura di qualche nuovo romanzo?

Ho più di un romanzo in lavorazione. Alcuni sono fermi ‘nel cassetto’ da anni, altri hanno trovato una struttura coerente e, capitolo dopo capitolo, li sto completando. Spero di riuscire a terminare nei prossimi mesi il dodicesimo romanzo della serie di Quintilio. Ho poi in lavorazione uno spin-off della serie dell’architetto Marco, e ho terminato da poco un’avventura che rivede insieme gli archeologi George Grayson e Giovanna Corsini (sarà presto pubblicata). Altre idee che sembravano ben avviate sono state fermate per incompletezza del quadro storico o per la presenza di incongruenze, ma di tanto in tanto trovo qualche nuovo tassello. Non mi pongo limiti di tempo, pubblico quando il risultato mi piace e ha un riscontro favorevole da editor e beta readers.

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