Araldica Viaggio nella storia

Le rubriche del lunedì: Araldica – i simboli della città di Roma

lo stemma di roma

Lo stemma della città di Roma è costituto da uno scudo gotico di color porpora sui cui possiamo vedere in alto a sinistra una croce greca e le lettere S.P.Q.R. poste in diagonale.

La croce e le lettere del motto sono riportate in color oro. Lo stemma è sormontato da una corona di otto fioroni d’oro, di cui solo cinque risultano visibili.

Nel corso del tempo, per la peculiarità della Storia di Roma, collegata allo Stato Pontificio e ai tanti papi che si sono succeduti, gli stemmi riportavano le insegne delle famiglie dei pontefici. Le testimonianze dell’uso di questo stemma risalgono addirittura al XIII secolo, in piena epoca medievale. Nel corso dei secoli l’immagine subì modifiche tra le più varie fino a raggiungere quella definitiva e adottata dal Comune di Roma nel 1884 sotto l’egida del sindaco Leopoldo Torlonia.

La scelta dei colori dello stemma affonda le sue motivazioni tra storia e leggenda. Da una parte si sostiene il fatto che richiamino i colori dell’impero romano e della chiesta cattolica. Secondo la leggenda, però, essi deriverebbero da uno scudo di bronzo arrossato, l’ancile, caduto dal cielo durante il regno di Numa Pompilio. Durante una processione per ingraziarsi il favore degli dei e porre fine a una terribile pestilenza che stava martoriando il popolo di Roma, uno scudo di bronzo cadde dal cielo: gli Aruspici lo identificarono come lo scudo di Marte e profetizzarono che Roma non avrebbe perso il governo del mondo conosciuto fino a che questo scudo fosse stato protetto all’interno delle mura.

Per evitare che potesse cadere in mani nemiche, Numa Pompilio chiese allo scultore Mamulio di creare undici copie identiche di questo scudo, dette Ancili, che vennero consegnate ai Salii, sacerdoti del dio della Guerra.

L’oro e il rosso dello scudo richiamano anche la ricchezza del grande Impero Romano.

Le lettere SPQR sono l’acrostico di SENATUS POPULUSQUE ROMANUS e rievocano la classe aristocratica e quella popolare dal cui dinamico equilibrio derivarono le istituzioni repubblicane; la crocetta d’oro simboleggia la civiltà cristiana che ha fatto di Roma il suo centro fondamentale, nonché la sede del Vescovo di Roma.

la bandiera della città

La bandiera di Roma è composta da due bande verticali di uguali dimensioni, una di colore rosso e l’altra di colore giallo. Al centro lo stemma di cui abbiamo parlato al paragrafo precedente. L’interpretazione dei colori non è univoca e varia a seconda delle fonti da cui si attinge. Nel tempo sono state date motivazioni e simbologie diverse, e non si è mai giunti a un significato ufficiale stabilito dalle autorità cittadine o dallo Stato Italiano.

Tra le varie interpretazioni alcuni sostengono che il rosso sia il simbolo del sangue dei martiri cristiani che sacrificarono le loro vite a Roma, il giallo ricorderebbe la potenza e la grandezza dell’impero.

In altri contesti il rosso è stato indicato come simbolo di passione e amore per la città di Roma mentre il giallo sarebbe riconducibile alla luce e alla forte spiritualità innata in questa città.

Lo stemma e il gonfalone della città metropolitana di Roma

Quanto descritto in precedenza non deve essere confuso con stemma e gonfalone della città metropolitana di Roma, quindi della Provincia.

Lo stemma, oggetto di ampie discussioni in seno al Consiglio e dispute tra Amministrazione provinciale e Consulta araldica sul finire del XIX secolo, fu concesso definitivamente da Re Umberto I con lettera patente il 28 maggio 1899.

Lo stemma è descritto come segue: “partito di rosso e di azzurro, all’aquila di argento, coronata col volo abbassato. Lo scudo sarà sormontato da un cerchio sostenente dodici torri merlate, legate intorno a metà dell’altezza, da un cordone di muro, il tutto d’oro”.

Fin dall’antichità, l’aquila era stata concessa come emblema distintivo del Prefetto Suburbicario di Roma, pertanto è di antichissima tradizione.

Durante il periodo fascista l’aquila fu sormontata nel capo dello stemma dal fascio littorio.

Non essendosi trovata traccia della concessione del Gonfalone, si deliberò di fare apposita istanza per lo stesso, che fu infine concesso con Decreto del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi il 6 giugno 1951. Il gonfalone è così descritto: “drappo partito di azzurro e di rosso, frangiato d’oro, caricato dello stemma della Provincia. L’asta verticale sarà dorata. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma della Provincia e sul gambo inciso il nome”.

E gli altri simboli della città?

Come dimenticare gli altri simboli che, nell’immaginario collettivo, riconducono la mente alla città di Roma?

L’aquila

Si tratta del simbolo per antonomasia dell’Impero. L’animale arroccato in cima allo stendardo del legionario con le ali spiegate che rappresentavano l’arco dell’Impero Romano.

L’aquila rappresentava l’icona di Giove, padre di tutti gli dei, e protettore dello stato.  Nella riforma militare di Gaio Mario venne assegnata a ogni legione. In battaglia e durante le marce era tenuta in consegna dall’aquilifer (aquilifero) e strenuamente difesa. La sua perdita era motivo di disonore e poteva causare lo scioglimento dell’unità.

In età bizantina si passò all’aquila bicefala per simboleggiare le due metà dell’impero riunite.

La Lupa

Parlando di Roma non è possibile evitare un breve excursus sulla leggenda della Lupa capitolina. La storia della Lupa di Roma si lega indissolubilmente alle vicende dei due gemelli Romolo e Remo. Gli antichi romani veneravano la Lupa come simbolo che ha letteralmente nutrito Roma fino a farla diventare grande.

Secondo la leggenda i due bambini erano i nipoti di Numitore, re di Albalonga in lotta con il fratello Amulio per il trono. Amulio gettò nel Tevere i due bambini che furono salvati e accuditi dalla lupa stessa finchè non furono ritrovati e cresciuti dal mandriano Faustolo. I due ragazzi tornarono nella città di origine e aiutarono Numitore a riprendersi il trono e fondare la città di Roma.

Nei Musei Capitolini è possibile ammirare la scultura di bronzo della Lupa a dimensioni quasi naturali. Tradizionalmente è considerata di fattura etrusca e che sia stata conservata a Roma in tutti questi secoli, ma recenti studi pare abbiano confutato questa datazione.

La data di realizzazione della statua è molto controversa. Infatti per secoli la statua fu collocata in epoca etrusca, fra il V e il III secolo avanti Cristo. Secondo questa datazione, quindi, la statua fu opera di maestri dell’epoca, ipotesi confermata dall’analisi di altri reperti storici classificabili in quei secoli. Su un elemento, però, tutti gli esperti concordano: le statue dei gemelli erano posteriori e assemblate alla Lupa solo in un secondo momento. Questa ipotesi temporale è stata quella ufficiale per diversi secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri. Negli anni più recenti, infatti, analisi al carbonio hanno dimostrato che la realizzazione della statua risale a periodi più vicini. La nuova datazione pone la Lupa in epoca medievale, probabilmente realizzata su un calco effettuato seguendo l’ispirazione di antiche opere etrusche. Le tecniche utilizzate di fusione del bronzo, infatti, sarebbero troppo complesse per risalire direttamente all’epoca etrusca ma sarebbero tipiche del XIII secolo.

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