Narrativa recensioni

Il tesoro dei Catari – Graziano Consiglieri

Recensione a cura di Roberto Orsi

Avevo visto troppe cose sbagliate per poter anche solo pensare di appartenere a una fede.

Quando si parla di Catari e tutto ciò che è stato considerato una eresia medievale la mia attenzione si accende in modo particolare. Se consideriamo, inoltre, che la storia dei Catari ha avuto come fulcro centrale quella zona del sud della Francia fino all’Occitania, su quella costa che idealmente prosegue dalla Liguria e dal nostro confine nazionale, la vicinanza a queste vicende si fa ancora più forte.

Una piccola parentesi iniziale sulle terre che ospitano questo romanzo. L’autore riversa tutto il suo amore per questo territorio: si sente vibrante tra le parole che lo descrivono, adagiato su una striscia di terra incuneata tra mare e monti, forse ostile allo straniero, radicato alle proprie origini e alla propria dignità; tenace e battagliero ma profondamente adattabile di fronte alle difficoltà, una terra che ha saputo rendersi autonoma e sfruttare al meglio le opportunità che le sono state concesse.
Il romanzo di Graziano Consiglieri, genovese trapiantato a Ventimiglia, è un insieme di storie e relazioni lungo la scia del tempo. Presente e passato (e forse futuro?) che si uniscono, si annullano e si ripetono, coinvolgendo i tanti personaggi legati da un unico filo conduttore. Il tesoro dei Catari di cui tanto si è scritto e forse favoleggiato. Quell’eredità ottenuta all’indomani della stagione delle crociate in terra santa, foriere di bottini preziosi dal punto di vista economico e religioso.
Un tesoro che è stato oggetto di un mare infinito di congetture, supposizioni dettate dalle più disparate interpretazioni storiografiche dei documenti in nostro possesso. Storie molto spesso manipolate e riviste sulla base dell’opportunità politica del regnante di turno, o di quella Chiesa cattolica che non esitò a combattere e debellare coloro che erano considerati eretici e infedeli. Un alone di mistero circonda la comunità catara che subì le persecuzioni di Santa Romana Chiesa a partire dal XIII Secolo (per un approfondimento sulla dottrina dei catari, vedere qui). Con la Crociata Albigese papa Innocenzo III nel 1208 condannò le eresie della Linguadoca, passando a fil di spada un intero popolo, con la chiara intenzione di sprofondarlo nell’oblio. I principali assedi che si ricordano sono quelli di Bezièrs (è passata alla storia la terribile frase dell’Abate Arnaud Amaury “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”), Carcassone e Montsegur.
Ed è proprio dall’assedio di Carcassone che prende avvio il romanzo di Graziano Consiglieri. A René, cugino del visconte Raimondo Ruggero di Trencavel, è affidata una missione fondamentale per la salvezza della memoria. Deve scappare da Carcassone, recuperare un manufatto molto importante per la religione catara e portarlo in salvo in Liguria dove verrà avvicinato da una persona per la consegna del prezioso oggetto.

Dietro di lui Carcassona bruciava e una lunga scia di sangue si allungava sulla storia dell’Occitania e sulla sua stessa vita.

Da questo momento parte una vicenda che attraversa il tempo nei secoli. Le tracce del tesoro dei Catari si perdono tra le pagine di lettere e documenti ufficiali che rimangono sepolti nelle pieghe dell’indefinito, sotto un alone di mistero e di inganno.
L’autore attraversa otto secoli fino al 2004, l’era più “contemporanea” di cui potrete trovare nel libro. Martina, una giovane ragazza di Camporosso piccolo comune schiacciato tra il mare e i monti alle spalle di Ventimiglia, incappa in un segreto famigliare dagli echi medievali.
Nel mezzo, tantissimi riferimenti a vicende del passato: dalla battaglia di Poitiers del 1356 durante la Guerra dei cent’anni, al massacro dei Valdesi in Calabria del 1561, dalla spedizione dei mille del 1860 alla Seconda guerra mondiale con le ricerche esoteriche del tedesco Otto Rahn.
Consiglieri snocciola tutti questi avvenimenti e li incastra perfettamente nel suo gioco di enigmi, ricerca e mistero mantenendo un unico sottile fil rouge che l’occhio del lettore attento non deve mai perdere di vista.

Il passato è pieno di morte e morto deve rimanere. Non abbiamo perso la speranza. Abbiamo ancora forze, anche se poche, e vogliamo usarle per cercare un’altra casa, un altro avvenire.

Il tempo dei catari è davvero finito con le persecuzioni Cristiane? Qual è il tesoro che hanno conservato e, secondo alcuni, messo in salvo e occultato per questi otto secoli?
L’azione dell’individuo dettata dalla ricerca del bene personale e dalla realizzazione del proprio io, lascia spazio a quella che è la ragione di stato, quel benessere collettivo di un gruppo di persone che si identificano negli stessi ideali e principi di vita. La ricerca della perfezione del singolo nella comunione con tutti. La ricerca del Bene in quel dualismo totalitario che lo contrappone al Male, in un mondo materiale corrotto dal Demonio da cui ci si deve allontanare per assurgere alla completezza dello spirito. La trasmigrazione dell’anima fino alla purificazione totale per finalmente elevarsi al cospetto di Dio. Sono tanti gli accenti posti sulla dottrina dei Catari da parte dell’autore, il che denota una grande conoscenza della materia e un profondo studio alla base del romanzo.

Siamo in mano agli eventi, al destino, e la nostra vita è cercare di compiere questo percorso che ci è stato imposto. Ci illudiamo di avere una possibilità di scelta ma, in realtà, il cammino che percorriamo è solo quello che ci porta a mettere in pratica un destino più grande di noi.

Lo schema è quello classico del thriller storico con i due protagonisti dell’epoca moderna Martina e Federico, che nella loro ricerca della verità vengono a contatto con gruppi di uomini che perseguono diversi obiettivi, tra chi vuole celare al mondo il segreto e chi lo vuole portare alla luce nel nome della giustizia e della rivendicazione.

La vendetta non è una qualità morale. È un albero che cresce da solo, senza pioggia, senza fertilizzanti, senza amore di giardiniere. Da solo cerca il giorno in cui sboccerà il suo fiore di sangue. È un fiore che non chiede né polline, né rugiada. È un fiore che non porta frutto, ma morte

I salti temporali sono molti e frequenti, con capitoli brevi che rendono la lettura veloce, dinamica ma richiedono un’attenzione particolare ai tanti nomi e alla loro collocazione storica. Un metodo di scrittura che rende accattivante un racconto in cui i tasselli vanno al loro posto con il proseguire delle pagine, il puzzle si forma nella testa del lettore raggiungendo la visione d’insieme solo nelle battute finali.
Il primo capitolo di una trilogia sicuramente affascinante che riporta alle luci della ribalta un popolo che ha segnato la storia delle eresie e delle atrocità dell’Inquisizione.

Il mondo non potrebbe sopravvivere se ognuno, ogni singola persona che lo compone ricordasse tutto il dolore che ha dovuto sopportare o che ha voluto procurare agli altri, tutto il male che ha fatto e ha subito. Tutto il mondo vuole, deve dimenticare, tutti tranne uno. Uno deve ricordare, perché dimenticare significherebbe permettere che possa succedere ancora.

Trama
C’è un angolo di terra di Liguria che non è più Liguria e non è ancora Francia. Un lembo di territorio, tanto, troppo lontano da Genova per dirsi suo figlio, non ancora oltre il confine per sentirsi straniero in patria. Una terra di frontiera, dominata da una bellezza mozzafiato ma spesso aspra ed a tratti inospitale, come la gente che da secoli la abita, diffidente verso gli estranei e le novità, avvezza alla fatica, temprata dalla resistenza a quegli elementi ostili, quali una terra scoscesa fatta a scalini ed un mare spesso calmo ma talora spietato, che nei secoli ne hanno fatto, a fasi alterne, la fortuna o la sciagura. A non grande distanza c’è una terra negata, una fascia di territori che si estendono dalla Catalogna e dai Pirenei fino a lambire l’Italia, arrivando alle montagne cuneesi.

Copertina flessibile: 320 pagine
Editore: Araba Fenice (5 maggio 2016)
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8866173444
ISBN-13: 978-8866173441
Link di acquisto cartaceo: Il tesoro dei Catari

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