Forse penserete a una varietà di prosciutto, del resto, se esiste quello di Parma e quello San Daniele, sarà mica un prosciutto prodotto nella campana Portici?
Niente di tutto ciò, niente a che fare col cibo.
Il prosciutto di Portici è uno degli oggetti più strani giunti fino a noi dall’antichità, uno dei più antichi esempi di meridiana portatile, realizzata proprio a forma di prosciutto.
Fu estratto dalle ceneri della celebre Villa dei Papiri di Ercolano, una delle città romane distrutte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e portato alla luce l’11 giugno 1755 (e oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Già all’epoca gli archeologi si resero conto che si trattava di un orologio solare molto piccolo da stare nel palmo di una mano (il corrispettivo di un nostro orologio da taschino).
In epoca greca e romana le meridiane fisse erano molto diffuse, ma di quelle portatili solo circa 25 sono giunte fino a noi e sebbene di quella ritrovata a Ercolano non si conosce la data precisa, è sicuramente una delle due più antiche rimaste, se non la più antica in assoluto.
Grazie alle moderne tecnologie e soprattutto alla stampa 3d, uno studioso ne ha riprodotto una copia in plastica (rispetto all’originale che è in bronzo placcato d’argento) e ha iniziato a studiarne il funzionamento.
L’orologio ha su un lato una griglia leggermente distorta che serve da quadrante; le righe verticali indicano i mesi dell’anno, quelle orizzontali le ore dopo l’alba o prima del tramonto.
Dell’originale non è stato rinvenuto lo gnomone – ovvero la “lancetta” che proiettando l’ombra serve a indicare l’ora – ma un resoconto del Settecento lo descrive fatta a forma di coda di maiale e lo studioso ne ha aggiunto uno al suo modello e ha poi cominciato a mettere alla prova l’orologio all’aperto.
Come funziona?
Bisogna posizionarlo in modo che il sole batta da sinistra sullo gnomone, proiettando l’ombra sul quadrante. La punta dell’ombra deve toccare la linea verticale (il mese corrente); da lì, si conta quante righe orizzontali ci siano tra quella più in alto e quella più vicina all’ombra: il numero indicherà le ore che sono passate dall’alba o che mancano al tramonto.
In teoria l’orologio è progettato per indicare le mezze ore e perfino i quarti d’ora: ma tende a oscillare con il vento, ed è “così piccolo e così difficile da tener fermo che una tale accuratezza si rivela più ideale che pratica” riferisce lo studioso.
Ricordiamo che non si tratta di un “orologio universale” e la lettura è valida soltanto nella località per la quale è stato calcolato.
Ma perché se è stato trovato ad Ercolano, si chiama Prosciutto di Portici?
Perché all’epoca Ercolano era una frazione del comune vicino.
E perché la forma di prosciutto?
La villa era probabilmente di proprietà di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare. Lucio era un grande seguace di Epicuro e l’identificazione tra epicurei e maiali era una sorta di topos della letteratura classica e già in ambito greco Epicuro era stato definito il più porco e il più cane dei fisici.
Secondo un’altra ipotesi (un po’ meno accreditata, in realtà) il proprietario di un oggetto così raffinato quale il nostro prosciutto di Portici, conosceva quasi per certo le opere di Polibio, che poco più di un secolo prima aveva descritto le pernae (i prosciutti) che arrivavano in grande quantità in tutto l’impero e forse l’artigiano che l’ha realizzato, nel I secolo a.C., aveva ben presente queste prelibatezze salate tanto apprezzate.