Curiosità Viaggio nella storia

Crimini d’autore. Furti e danni a opere d’arte nella Storia

Articolo a cura di Luigia Amico

21 maggio 1972, nella Basilica di San Pietro, intorno alle 11.30, un uomo vestito con un impermeabile e una camicia rossa, scavalcò la balaustra di sicurezza che separava “La Pietà” dai numerosi visitatori e, armato di martello da geologo, iniziò a colpire senza esitazione alcuna il volto, le braccia e il capo della Madonna, risparmiando solo la figura del Cristo. Un’unica frase gridata riecheggiò tra lo stupore e lo sgomento della folla presente: “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!”.

Danni alle sculture

László Tóth e La Pietà

Letto così potrebbe sembrare l’incipit di un romanzo thriller, ma la realtà dei fatti va ben oltre la fantasia. L’uomo ad essersi macchiato di tale atto vandalico è László Tóth, geologo australiano di origini ungheresi; non si hanno molte notizie sulla sua vita prima del misfatto, sappiamo che giunse a Roma nell’estate del 1971 presentandosi a San Pietro, nella città del Vaticano e chiedendo udienza al Papa Paolo VI dichiarando di essere Gesù Cristo in persona. Schedato come “persona indesiderabile”, secondo alcune fonti fu rimpatriato in Australia, mentre secondo altre rimase in Italia per almeno altri dieci mesi, sta di fatto che la follia di un uomo ha rischiato di veder distrutta una delle opere d’arte più importanti e conosciute presenti sul territorio italiano. “La Pietà” è la scultura in marmo più famosa dell’artista Michelangelo  Buonarroti, considerata un capolavoro è stata realizzata tra il 1497 ed il 1499 ed è tutt’oggi conservata nella Basilica di San Pietro in Vaticano. I danni arrecati alla scultura furono molteplici e i lavori di restauro iniziarono nell’immediato cercando di riutilizzare dove possibile i frammenti originali. Da quell’infausto giorno si è deciso di proteggere e preservare la statua collocandola dietro una parete di cristallo antiproiettile.  È chiaro che Tóth soffrisse di disturbi cognitivi e in seguito fu internato per due anni in manicomio per poi essere rimpatriato in Australia.

La statua di Paolina Borghese

Purtroppo non solo “La Pietà” del Buonarroti è stata vittima di azioni vandaliche, sono molte le opere d’arte ad aver subito danneggiamenti più o meno gravi, vuoi per distrazione, vuoi per superficialità o anche per semplice idiozia. La moda dei selfie ormai dilaga tra giovani e non e cosa c’è di meglio di un autoscatto con alle spalle un quadro o una scultura, peccato che la disattenzione e la noncuranza del fotografo in questione rischi il più delle volte di mettere in serio pericolo l’integrità dell’opera stessa. Eclatante a tal proposito è stato il caso di un turista austriaco in visita, nel luglio scorso, al museo Gypsotheca Canova a Possagno; lo sprovveduto ha pensato bene di immortalare la sua vacanza italiana sdraiandosi letteralmente ai piedi della statua in gesso di “Paolina Borghese”, realizzata dallo scultore Antonio Canova tra il 1804 ed il 1808. Lo sconsiderato gesto è costato alla statua ben tre dita mutilate e una denuncia all’incosciente visitatore fuggito, e poi rintracciato, dopo aver intuito l’entità del grave sfregio.

I dipinti

Le Rêve

Non solo statue e sculture, ma anche i dipinti non sono indenni dall’essere vittime di deturpamenti, come è accaduto ad un capolavoro dell’artista Rembrandt; il dipinto ad aver subito “violenza” è la rappresentazione di “Danae”, un olio su tela realizzato nel 1636, acquistato in seguito da Caterina la Grande e conservato nel Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo. Un cittadino sovietico ha pensato bene di gettare sul quadro dell’acido solforico e di provocare un taglio di alcuni centimetri con un coltello; la motivazione di tale gesto è tanto assurda quanto spiazzante: l’uomo era contrario ai nudi d’arte.

Come per Tóth, gli furono diagnosticati seri disturbi psichici e fu ricoverato per otto anni in manicomio, invece per il recupero del dipinto ce ne vollero ben dodici di anni! Viene spontaneo chiedersi cosa scatti nella mente di un uomo per portarlo a tali gesti sconsiderati, escludendo i problemi psicologici; sono tanti gli esempi di sfregi perpetrati ai danni del nostro patrimonio artistico, dalla turista inglese che decide di staccare dei tasselli di un mosaico all’interno degli Scavi di Pompei (voleva un souvenir…), al magnate proprietario di un opera di Picasso, “Le Rêve”, che con una gomitata accidentale ha provocato alla tela una profonda lacerazione poi restaurata.  

I furti

L’urlo di Edvard Munch

Un’altra minaccia, non meno problematica, aleggia intorno al mondo dell’arte: stiamo parlando dei furti. Purtroppo quella del mercato nero è una realtà in costante aumento, ladri seriali o persone senza scrupolo, in passato come nel presente, ambiscono a mettere le mani su opere e manufatti per mero scopo di lucro o per convinzioni personali alquanto discutibili. Molti i quadri sottratti e mai più ritrovati, ma fortunatamente altrettanti non sono andati perduti; è il caso del celebre dipinto di un grande artista molto conosciuto: la prima versione de “L’Urlo” di Edvard Munch. Nel febbraio del 1994, nella Galleria nazionale di Oslo, alcuni ladri misero a segno un furto che molto fece parlare; entrando da una finestra, non curanti dell’allarme in funzione, trafugarono l’opera e si presero la briga di lasciare un biglietto: “Grazie mille per la scarsa sicurezza!”, oltre al danno anche la beffa! Il dipinto fu ritrovato nel maggio dello stesso anno e furono quattro le persone tratte in arresto.   

Non una ma ben due volte, invece, una natura morta di Vincent Van Gogh è passata tra le mani dei ladri, la tela su cui il famoso pittore impresse papaveri gialli e rossi, fu rubata una prima volta nel 1978 e ritrovata dopo dieci anni, nell’agosto del 2010 fu sottratta una seconda volta e, con i suoi cinquanta milioni di euro di valore, ancora non si conosce che fine abbia fatto. Doveva avere buon occhio chi invece si impossessò di una saliera realizzata in oro, ebano e smalto tra il 1540 ed il 1543 dallo scultore fiorentino Benvenuto Cellini, uno dei più importanti esponenti del manierismo; Robert Mang, agevolato da alcuni ponteggi presenti al momento del furto al Kunsthistorisches Museum di Vienna, ruppe la teca di vetro in cui si trovava il prezioso oggetto e fece perdere le sue tracce, fortunatamente la saliera fu rinvenuta tre anni dopo in un bosco alle porte di Vienna.  

Vincenzo Pietro Peruggia

Vorrei concludere con uno dei furti più famosi forse mai avvenuti, credo siano davvero in pochi a non conoscere “La Gioconda”, celeberrimo quadro del grande artista e genio Leonardo da Vinci. Nel 1911 Vincenzo Pietro Peruggia, alla chiusura del Museo del Louvre, portò via con sé l’inestimabile opera nascondendola semplicemente sotto il cappotto e la tenne sotto il pavimento della sua stanza da letto per tre mesi rischiando oltretutto di danneggiarla. Nel 1913 provò a rivenderla ad un antiquario di Firenze e questo gli causò l’arresto ed una condanna a qualche mese di carcere. La giustificazione a tale gesto è da riscontrarsi nel suo senso patriottico, Peruggia sosteneva che spettasse all’Italia dover custodire la “Monna Lisa” poiché dipinta dall’italiano Leonardo.  

Fonti

https://www.harpersbazaar.com/it/lifestyle/arte/a35128637/opere-d-arte-danneggiate/ù

https://it.rbth.com/cultura/80791-vandali-al-museo

https://it.wikipedia.org/wiki/L%C3%A1szl%C3%B3_T%C3%B3th

https://it.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_Peruggia

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