Narrativa recensioni Saggistica

Vangelo di Giuda – Roberto Pazzi

Trama
A Capri, nell’attesa della fine, l’imperatore Tiberio ascolta le parole di una enigmatica apparizione notturna: la donna recita i versi di una misteriosa opera su Gesù di Nazareth, mentre dalla Palestina, sullo sfondo di un impero in disfacimento, giungono inquietanti conferme della verità profetica del poema. Si consuma così il vero tradimento di Giuda: non quello di aver consegnato il Cristo alla morte, ma di averne imprigionato il messaggio nella scrittura, destinata a diventare strumento di dominio nelle mani di una casta di esegeti, che avrebbero attribuito alla sua parola il significato a loro più conveniente per esercitare la supremazia sugli uomini.

Roberto Orsi intervista Maria Marques a proposito del libro

Roberto Orsi: Il libro racconta gli ultimi anni di vita dell’Imperatore Tiberio, durante il suo “esilio” sull’isola di Capri, lontano dalla capitale, dai suoi sotterfugi e dalle macchinazioni per il potere. Ti ha convinto questa visione di Tiberio?

Maria Marques: Quando si pensa a Tiberio si fa subito riferimento ai racconti di Svetonio e Tacito che ne dipingono un quadro poco edificativo. La storiografia moderna sta rivalutando il suo operato e di conseguenza anche la sua personalità appare sotto una luce diversa. In questo romanzo, l’autore Roberto Pazzi, è riuscito a dipingere un personaggio affascinante. Sì, ho scritto proprio affascinante, complesso ma affascinante. Non so se anche tu sia d’accordo con me, ma quest’uomo conscio di essere al termine della sua esistenza, circondato da persone che sanno soltanto compiacerlo o temerlo (e a ragione), ma di cui sa scrutare abilmente gli animi e smascherarli attraverso il sarcasmo, quest’uomo che si affida apparentemente ciecamente a un astrologo per osservare gli astri alla ricerca di risposte certe e sicure, è evidentemente alla ricerca di qualcosa, qualcosa di più di quello che ha avuto sino ad ora. Ovviamente non parlo di beni materiali, perché di quelli ne ha in sovrabbondanza, anche se ho avuto l’impressione che sia un poco parco nell’elargirli, non è parso anche a te?
Ebbene quest’uomo che si nutre di rancori nei confronti della memoria del patrigno e della madre colpevoli di averlo costretto al ruolo che ricopre, obbligandolo a divorziare dalla amatissima prima moglie, a tornare a Roma dall’esilio volontario a Rodi, è annoiato e cerca, anche attraverso eccessi poco condivisibili, di ottenere risposte, di scoprire la verità sul significato della esistenza, ricorrendo alla filosofia. Pur detestando il suo ruolo di imperatore, non esita a trascorrere la notte immergendosi nella corrispondenza burocratica che comunque, nonostante la presenza di Seiano, giunge sino a lui, segno che è più difficile raggiungere il potere che abbandonarlo. Anche se a Capri la luna splende sul mare e le onde si infrangono sugli scogli sotto la sua terrazza, Tiberio non sente più il canto delle sirene, ma continua a cercare qualcosa che dia un senso alla vita, vita cui è tenacemente attaccato. Mi ha convinto questo Tiberio in bilico tra la malvagità e dolcezza, tra curiosità e apatia, tra la soddisfazione e il rimpianto.

Roberto Orsi: la tua visione di Tiberio mi trova d’accordo. L’autore riesce a rendere perfettamente gli ultimi anni di vita di un Imperatore. Tutto ciò che ha vissuto e passato nella sua storia, si ripresenta come una pellicola che si riavvolge, immagini di qualcosa che non tornerà ma che ha lasciato un segno indelebile. Invecchiando si diventa più saggi e riflessivi? Può darsi, Tiberio ha proprio questa “trasformazione” e l’esilio a Capri ci restituisce un imperatore molto più umano e vicino a ciò che siamo.

Roberto Orsi: Tiberio fu imperatore proprio negli anni in cui in Palestina Gesù predicava al popolo e dava il via alla “rivoluzione” più importante della storia dell’umanità. In questo libro si affronta anche la nascita del Cristianesimo, in un modo particolare e diverso dal solito. Che ne pensi?

Maria Marques: Senza svelare nulla, perché il bello del libro è anche quel saper sorprendere il lettore, come è accaduto a noi, posso dire che le pagine relative alla nascita del cristianesimo mi hanno lasciato sorpresa, incredula ma anche divertita per quanto creato dalla fantasia dell’autore. Nonostante l’argomento sia degno della massima attenzione, mi piace vedere come venga “raccontato” dagli autori un momento così importante per l’umanità, segno che la curiosità è tanta e continua a generare ipotesi. L’evoluzione del racconto, la sua rivelazione sono decisamente sorprendenti…Una domanda però la pongo adesso io a te, se mi permetti. Creare l’attesa e poi sorprendere il lettore, come in questo caso, quanto conta in un romanzo che narra argomenti universalmente noti?

Roberto Orsi: ti posso rispondere per quanto riguarda il mio gusto personale. Lo trovo di fondamentale importanza, soprattutto oggigiorno con il numero spropositato di pubblicazioni. Essere originali con una versione diversa da ciò che conosciamo tramite il dogma, può stuzzicare la fantasia del lettore che sarà portato a leggere e documentarsi ancora su quel determinato argomento. In questo caso devo proprio dire che Roberto Pazzi ha raccontato una versione delle origini del Cristianesimo molto particolare, ma comunque verosimile a mio parere. Qui sta la forza del libro.

Roberto Orsi: Al centro del romanzo troviamo gli scritti del poeta e politico Gaio Cornelio Gallo, già deceduto all’epoca del racconto, che rivive nelle parole della figlia, giunta a Capri al cospetto di Tiberio. Lo avevi già affrontato in altre letture? Che cosa puoi dirci di lui?

Maria Marques: Mi piacerebbe sfoderare una cultura pazzesca dicendo che sì, mi ricordavo perfettamente di lui.In realtà non è così, quindi sono andata a curiosare chi fosse sul libro di letteratura latina del liceo.
Gaio Cornelio Gallo nacque intorno al 69 a.C., nella Gallia Narbonense, si trasferì poi a Roma dove si formò alla scuola dei cosiddetti “poeti nuovi” che si ispiravano alla poesia alessandrina. I loro versi esprimevano sentimenti privati, in forme molto raffinate, Catullo, per esempio ne fu esponente
Gaio Cornelio Gallo combatté al fianco di Ottaviano contro Antonio in Egitto e, nel 30, divenne il primo “praefectus Aegypti”.
Entrato in contrasto con l’imperatore cadde in disgrazia, fu spogliato dei suoi beni e mandato in esilio. Morì suicida nel 26 a.C.
Virgilio, amico di Gallo, gli dedicò la decima ecloga e lo celebrò nel finale delle Georgiche, prima di essere costretto a sostituirlo con una favola poiché colpito da “damnatio memoriae”in seguito alla caduta in disgrazia.
Gallo compose quattro libri di elegie intitolati Amores nei quali celebrò la donna da lui amata, la mima Citèride, sotto lo pseudonimo di Licoride, già amante di Bruto e Marco Antonio e che poi lo abbandonerà per seguire un ufficiale romano al di là delle Alpi, nella zona del Reno.
Della sua produzione artistica sono giunti sino a noi, pochissimi frammenti, tuttavia nel 1979 è stato però rinvenuto un papiro, detto appunto di Cornelio Gallo, che contiene nove versi che potrebbero appartenere alla sua opera.
Non ricordo sinceramente di averlo incontrato in altri romanzi.

Roberto Orsi: Uno dei concetti più importanti che ruotano intorno al romanzo è quello della “parola non scritta”. La parola detta a voce intesa come purezza, da non essere fissata su carta, per evitare che possa essere manipolata. Riprendo proprio dal testo:

Jeshua non voleva lasciare vangeli per possibili pontefici. Non voleva sopravvivere ai suoi anni, mummificato nelle statue e nelle reliquie di una religione allineata accanto alle altre, né essere l’oggetto di una emulazione idolatrica che lo rendesse nei templi il doppio celeste di alcuna creatura terrena. Il potere di una parola è nella coscienza di chi l’ascolta molto più che nel papiro che la preserva.

Maria Marques: Credo sia una diatriba annosa. Un punto di vista condivisibile da una parte, ma dall’altra senza la parola scritta, non avremmo oggi testimonianze certe di quanto avvenuto (ammesso che quanto è riportato su carta sia certo). Come la pensi su questo?
Credo che la maggior difficoltà da parte nostra, sia accettare un mondo in cui l’oralità era padrona e la scrittura e il saper leggere, destinato a pochi. Nel nostro mondo la parola scritta è diventata la base di tutto, lettere, messaggi, contratti. Vogliamo la parola scritta, la cerchiamo, ci regala certezza, taglia e squadra ogni pensiero. Oggi l’archeologia e la storia si avvalgono di molta “tecnologia”, perciò prima di definire un documento autentico, questo passa attraverso numerosi filtri che dovrebbero almeno cronologicamente attestarne la veridicità. Quanto al suo contenuto, la storia si complica. Se applichiamo questo mio banale ragionamento alla figura di Gesù, al fatto che i Vangeli canonici siano stati scritti successivamente alla sua predicazione, è ovvio che la possibilità che le sue parole siano state sovvertite, volontariamente o involontariamente, bisogna accettarlo. In questa ottica si può inserire la frase che hai estrapolato dal romanzo e trarne tutte le considerazioni che la sua lettura comporta. Personalmente ritengo che i documenti scritti siano fondamentali per la conoscenza, mi piacerebbe anche che alcuni testi perduti per sempre, fossero improvvisamente ritrovati. Per tornare al romanzo, ricordiamoci che stiamo parlando di un romanzo, questa contrapposizione tra oralità e scrittura è ben delineata da Cornelia Lucina e Tiberio. Lei è l’oralità fatta persona e portata alle estreme conseguenze, Tiberio è la scrittura…anche in questo caso portata alle estreme conseguenze, ed entrambi giungeranno allo stesso scopo, che ovviamente non posso svelare! Si può anche andare oltre, ovvero che la parola è emozione, penetra nella nostra mente, colpisce i nostri sensi in vario modo e soprattutto percepita in determinati contesti ha un impatto emotivo unico, la scrittura non sempre ci regala tutto questo. Per fare un esempio banale, direi che fra oralità e scrittura esiste la stessa differenza che corre tra ascoltare un disco di musica in casa e ascoltare dal vivo lo stesso brano, suonato da una orchestra.

Roberto Orsi: sono d’accordo. Non si tratta di una questione semplice. Chiaro che la parola scritta è fondamentale per fissare in modo indelebile ciò che avviene, ciò che si decide o si è pensato. Senza la scrittura non saremmo qui oggi, non ci sarebbe possibile parlare di storia. Il messaggio di Roberto Pazzi in questo libro, porta il concetto al suo estremo. La frase che ho voluto riportare sul pensiero di Jeshua però, mi trova concorde e mi piace questo modo di intendere la filosofia del Cristo. Io sono convinto dell’avvenuta esistenza di Gesù, un predicatore illuminato del tempo. E sono altrettanto convinto che il suo messaggio sia stato travisato in qualche modo attraverso la parola scritta nei vangeli canonici.

Roberto Orsi: Il libro è pieno di passaggi filosofici, di pensieri profondi da parte dei protagonisti, soprattutto da parte di Tiberio che, giunto alla fine del suo percorso terreno, si trova di fronte a qualcosa di sconvolgente, a insegnamenti rivoluzionari che provengono da una provincia medio-orientale in grande fermento. Vuoi dirci quali passaggi ti hanno colpita di più?

Maria Marques: Premetto che ci sono frasi splendide disseminate nel romanzo, una non posso citarla perché svelerebbe troppo, quindi indico altri due passaggi che mi hanno colpito Il primo è legato allo scorrere del tempo e della vita e alla memoria:

Come franavano le memorie una nell’altra a riportare in superficie le cose lontane, a nascondere di nuovo il presente. Chi era mai lui se non un punto d’incontro di memorie, un crocevia di età che entravano una nell’altra?

Tiberio, ma anche ciascuno di noi diventa un punto di incontro di memorie, ogni uomo come un libro da leggere per scoprire una storia, un mondo che si sovrappone forse al presente con un pizzico di malinconia e rimpianto per il tempo passato.
La seconda è più poetica:

Cornelia Lucina tu devi trovare una poesia di tuo padre che fermi una notte come questa, con le forme dell’alito passeggere della vita, l’amore, il piacere segreto, il respiro delle maree, i delfini che danzano nell’oscurità, le luci ambigue delle navi, le lucciole, il vento che maschera le voci. Perché Capri è la bellezza e lo struggente amore di lei, e io ci sono venuto a morire con la segreta speranza di rinviare la morte stregandola con queste meraviglie.

In queste frasi ho letto una sorta di testamento spirituale di Tiberio. C’è espresso tutto l’amore per la vita, la paura per la morte e il ponte tra questi due mondi, i delfini, traghettatori di anime . Un addio alla vita, ma anche amore per essa, il saper guardare la meraviglia della natura sempre a dispetto dello scorrere del tempo e stupirsene ancora una volta…sperando che anche la morte si distragga e per una volta goda della stupefacente bellezza della vita.

Roberto Orsi: A parte quanto abbiamo detto finora, che cosa ti ha colpito di questo libro? E se lo dovessi consigliare ai nostri lettori, cosa diresti?

Maria Marques: Per prima cosa mi ha colpito lo stile dell’autore, elegante, poetico con un lessico che talvolta mi ha costretto ad aprire il vocabolario a cercare il significato di alcuni termini e questa è una particolarità che amo moltissimo nei libri.
Se dovessi consigliarlo a qualcuno probabilmente direi:” Se vi piacciono i libri scritti in modo ricercato e vi piace riflettere sul significato delle parole, questo è il libro che fa per voi. Non c’è una frase o una descrizione che non sia densa di significato ed espressa in modo elegante. Se poi amate anche il periodo delle origini del cristianesimo ed i suoi primi rapporti con il mondo romano, vi suggerirei di leggerlo”.

Roberto Orsi: Avendo letto anche io da poco questo libro, ho la sensazione che forse dovrei rileggerlo una seconda volta per apprezzarne a pieno il messaggio e il contenuto. La pensi così anche tu?

Maria Marques: Concordo, in alcuni passaggi non è tutto semplice e lineare e ci sono personaggi sulla cui presenza nel libro mi sono interrogata, senza riuscire a darmi una risposta convincente…Concordo su una rilettura, anche se toglierebbe sicuramente la sorpresa donatami nella prima.

Copertina flessibile: 255 pagine
Editore: Bompiani (29 gennaio 2015)
Collana: I grandi tascabili
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8845278581
ISBN-13: 978-8845278587
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