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Leggendo il romanzo: “Agnese, una Visconti” di Adriana Assini, edito dalla casa editrice Scrittura&Scritture, non si può esimersi dal porre l’attenzione sul “drago”, il signore di Milano.. già proprio lui Bernabò Visconti nato a Milano nel 1323 da Stefano Visconti e Valentina Doria.
“Non di solo sfarzo, però, viveva il signore di Milano, quel Bernabò Visconti che governava con pugno di ferro uno degli stati più estesi della nazione latina… Autorevole e autoritario, ghibellino impenitente, il dominus Mediolani aveva fama di tiranno divorato dall’ombra”
Se fosse qui oggi, e potesse scrivere la sua storia, guardando l’Italia oggi unita, ne rimarrebbe assai stupito, lui che governò lo stato esteso di Milano che comprendeva Bergamo, Brescia, Crema e Cremona.
“A dispetto degli acciacchi e del suo mezzo secolo suonato, il Signore di Milano conservava la grinta del conquistatore, l’eleganza di un sultano levatino, l’eloquenza di un ambasciatore veneziano”
Il suo matrimonio, combinato, con Beatrice Regina della Scala,a lei noi Milanesi dobbiamo il nome del nostro teatro, una donna e una compagna leale, un’ottima consigliera che lo aiuterà nella gestione del ducato, con il suo carattere calmo e deciso rispetto a quello focoso e iracondo del consorte.
“Guardò quel diavolo di suo marito che dormiva della grossa, ignaro dei piccoli incanti che alleggerivano il cuore delle donne, e pensò alla cecità che colpiva la stirpe di Adamo quando in ballo c’erano i sentimenti e non le guerre.. Lui le donzelle, quelle in carne, se le prendeva tutte, con un premio o con la forza…”
La Scaligera regalò molti figli al Visconti, insieme presero dimora in San Giovanni in Conca e curiosamente sappiamo che il palazzo prese il nome di Ca’ di Can, Casa dei Cani, per via della passione di Bernabò per la caccia e quindi anche per i cani, arrivò a possederne fino a un numero che pare esorbitante, ben cinquemila.
“.. fiera in gabbia, uccello senz’ali, chiamò a sè uno degli scrivani e gli dettò in un orecchio un’ordinanza urgente, con la quale imponeva ai sudditi di adottare il lutto per un anno intero. Le punizioni per i trasgressori sarebbero state, al solito, severe”
Torniamo al nomignolo e al motivo per cui venne così definita la residenza: i cani non vivevano tutti a Palazzo, chiaramente, ma erano affidati ai sudditi, i quali venivano severamente puniti in caso venissero maltrattati o malnutriti.
Oltre alla caccia aveva, il nostro signore di Milano, altre passioni: una di queste per le donne; ebbe quindi diverse amanti, le quali gli diedero diversi figli, una di queste, la sua preferita: Donnina de’ Porri.
Nel corso del suo Ducato, il signore di Milano si occupò di fortificare il territorio, ricordiamo il castello di Pagazzano e quello di Trezzo sull’Adda, castello sentinella, accanto al quale fece costruire un ponte per il trasporto delle merci, un vero capolavoro alto 25 metri con 72 metri di arcata.
La figura del Drago non potè certo essere al riparo da congiure e tradimenti, così il crudele Bernabò, che fu senza dubbio abile, geniale e uomo di cultura, non scampò a una fine indecorosa che non avrebbe certo potuto immaginare e finì i suoi giorni imprigionato e ingannato da un parente piuttosto prossimo, dove? proprio nel castello di Trezzo sull’Adda.
E da qui, dal Castello di Trezzo partiamo anche noi a caccia di misteri e leggende legate a questo personaggio definito da molti “il Diavolo”.
I nemici e i prigionieri di guerra subivano un trattamento di crudeltà inaudita, nel castello c’erano due pozzi profondi che terminavano nel fiume Adda, in uno di questi Bernabò fece costruire un marchingegno che era un insieme di lame che coprivano tutta la parete, in questo modo chiunque vi fosse gettato sarebbe giunto nell’Adda tagliato e trafitto; si dice che anche molte sue amanti subirono questa atroce morte.La leggenda vuole che il fiume si tinse di rosso per la quantità di sangue che vi fu versato.
Nei sotterranei del castello, creati da grotte naturali, umide e fetide, veniva praticata una tortura terribile; la grotta adibita a questa pratica era soprannominata “stanza della goccia”, il malcapitato veniva legato e posizionato in prossimità di un punto esatto in cui, con frequenza regolare, cadevano gocce naturali sul suo capo, giorno dopo giorno il cranio del prigioniero veniva inesorabilmente scavato portandolo prima a follia e poi a morte certa.
Non possiamo, giunti a questo punto, non parlare di uno strano fenomeno, che è sempre frutto di leggenda; in alcuni periodi dell’anno, ancora oggi, appaiano macchie rosse sulle pareti a testimonianza e a ricordo del sangue versato in queste segrete
Ci sono poi alcuni aneddoti che sono rimasti nei memoriali, avete presente il detto “mangiare la foglia”? pare, appunto, che due legati papali accolti dal Visconti, in merito a una controversia, sul ponte a Melegnano con un piccolo esercito, furono sottoposti a una domanda:- scegliete pur voi, o mangiare o bere-, i due, pensando che bere volesse presagire essere gettati nel fiume preferirono mangiare la missiva.
Si ricorda e narra, inoltre, che alla morte della Scaligera, il Visconti intimò a tutti i sudditi di portare il lutto per un intero anno.
E’ stato un bellissimo viaggio, questo di “Agnese, una Visconti”, ultimo romanzo di Adriana Assini, che mi ha permesso di approfondire questo curioso, e meritevole di memoria, personaggio storico… ah…Agnese è una delle sue figlie, la prediletta forse, che per certi versi, i migliori, prese molto dal Drago.
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One Reply to “I Visconti: Bernabò Visconti, vita e leggende”
L’articolo è molto interessante, fra i Visconti, questo personaggio lo conoscevo pochissimo. Sono rimasta molto impressionata dalle leggende sulla crudeltà di Bernabò! Purtroppo si evince che un fondo di verità deve pur esserci. Grazie.
L’articolo è molto interessante, fra i Visconti, questo personaggio lo conoscevo pochissimo. Sono rimasta molto impressionata dalle leggende sulla crudeltà di Bernabò! Purtroppo si evince che un fondo di verità deve pur esserci. Grazie.