Narrativa recensioni

La principessa di Lampedusa – Ruggero Cappuccio

Recensione a cura di Maria Rita Truglio

In quel 9 Maggio 1943, l’aria immobile di Palermo viene sferzata da una carrozza il cui ingresso in via Lampedusa rompe il silenzio di quelle settimane strazianti. Il palazzo resisteva, come tutti gli esseri viventi in quei giorni, ancorato alle fondamenta che di cedere, ancora, non ne volevano sapere. Una donna si affaccia alla vista di una città semi distrutta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, una città che conta i suoi morti attraverso nuvole di fumo nero. Il suo rifugio di Capo d’Orlando le sembra lontano anni luce, lì dove uno spiraglio di sicurezza non è bastato a tenerla lontana dalla sua casa, dai suoi ricordi, dalla sua vita. Lo sguardo fiero di giovane sognatrice, dietro la veletta del cappello, non è stato intaccato dai suoi 73 anni e alla vista di casa le si accende. Uno sguardo veloce per contare i danni esterni e accorgersi che lo stemma di famiglia è intatto: un ovale con dentro un leopardo che i contadini della zona chiamavano “u gattupardo”, di cui il figlio Giuseppe seppe bene cosa fare. 

Lei, Beatrice Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò (a cui, dopo il matrimonio con Giulio, si aggiunse Tomasi di Lampedusa) vuole riprendere possesso della sua memoria; scrive e riscrive su fogli che nasconde dentro un pozzo e suggerisce anche al figlio di farlo. 

Se i rumori, come dice mio figlio, annunciano la fine di un tempo, è giusto che io finisca con l’unico tempo che mi riguarda.

Proprio col suo ritorno a Palermo si aprono le pagine di questo nuovo romanzo di Ruggero Cappuccio che scandaglia vita, amori e tragedie di questa donna vissuta ai tempi d’oro della nobiltà. Nobiltà che ormai nemmeno l’apparenza può più salvare.

Tentando di mettere a posto il salvabile del suo palazzo anche per poter salvare se stessa, intesse un legame molto forte con Eugenia, giovane ragazza, vicina di casa, appartenente ai Bonanno. In essa proietta la figura della figlia Stefania, morta da bambina, e probabilmente anche la lei ragazza.

Vittima dei progetti del padre che la vuole sposata a un estraneo, Eugenia si rifugia dalla principessa di Lampedusa per trovare conforto. E man mano che la lettura prosegue si vede avverare la profezia del principe di Salina su sciacalli e iene che qui portano la forma dell’avvocato Bonanno e Guerrera, pronti ad accaparrarsi tutto ciò che resta della città.

Ammetto di non aver potuto fare a meno di collegare questo scritto al Gattopardo nonostante la differenza temporale di ambientazione, probabilmente influenzata dal grado di parentela tra la protagonista e l’autore di quest’ultimo e dall’atmosfera che Ruggero Cappuccio ci restituisce.

Quel <<perchè tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi>> lo ha anticipato Beatrice stessa come sentore di quello che sarebbe avvenuto negli anni a venire e che avrebbe spinto il figlio Giuseppe a scriverne.

Forse solo il tempo può sapere che cos’è il tempo. Ma con lui non possiamo parlare. Da parte mia, le posso dire che il tempo è come la Storia: sono soltanto bugie sulle quali due o più persone si mettono d’accordo.

In questa atmosfera gattopardiana aleggia sempre il fantasma di Giuseppe; la madre gli spiana la strada che lo porterà a essere ciò che noi, adesso, conosciamo. Del romanzo che Beatrice scrive in questo libro furono ritrovate soltanto due pagine: testimoni dicono parlasse della fine di un’epoca, del tramonto dell’aristocrazia. Vi ricorda qualcosa? A mio parere l’autore non ha lasciato nulla al caso, nemmeno una parola. In questa ricostruzione di vite in cui la parte storica lascia spazio a ciò che potrebbe essere stato, il futuro è più nitido che mai e suo figlio ne ha catturato l’essenza.  Vi consiglio di leggere la Nota dell’autore prima di passare alla lettura del romanzo. Poche righe ma essenziali.

Questa donna caparbia, coraggiosa, audace che fu Beatrice ha il potere di ammaliare come un ballo sotto le bombe a dimostrazione che nonostante tutto c’è ancora vita.

I buchi nei soffitti ci sono ancora. Ma io li ho fatti illuminare. Quando una tragedia ti accompagna non devi mai cercare di nasconderla, devi darle valore.

La storia fa il suo corso in modo del tutto lineare in un ricambio di vite che sembrano essere destinate a grandi cose, eredità tramandata senza che serva legame di sangue alcuno. Non è essenziale.


Pro
Storia dinamica, personaggi di contorno che rimango impressi, lettura totalmente immersiva

Contro
Le descrizioni dettagliate anche di un singolo pensiero potrebbero non essere ben digerite da chi ama l’essenziale.

Link cartaceo: La principessa di Lampedusa
Link ebook: La principessa di Lampedusa

Trama
Eros, passione, misteri e segreti di famiglia fiammeggiano nella personalità di Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, principessa di Lampedusa, che nel maggio del 1943 attraversa una Palermo deserta, tra le rovine provocate dai bombardamenti alleati. Beatrice riprende possesso del palazzo di famiglia: tra soffitti sfondati e librerie crollate, si riaccende il ricordo dei giorni in cui la città era meta di viaggiatori stranieri, un passato di grazia e splendore, sogni, fantasie e amori forse ancora possibili. Fuori dalle mura del palazzo, il presente si sgretola, l’Italia e l’Europa sono teatro di una guerra spaventosa, gli Alleati stanno per sbarcare in Sicilia. Il mondo sembra alla fine, ma Beatrice non si tira indietro: protegge, esorta, si espone. E il futuro? Il futuro ha gli occhi malinconici di suo figlio Giuseppe e la splendida vitalità di Eugenia, giovane appassionata di stelle e pianeti che osserva Beatrice dalla finestra di fronte. La ragazza è affascinata dalla libertà naturale e ostinata con cui la principessa si comporta; libertà che la sua famiglia invece le nega, avendola prima costretta a interrompere gli studi di Fisica e ora cercando di imporle un matrimonio combinato. Per la ragazza e per il figlio, la principessa ha in serbo progetti ambiziosi che sfidano il tempo. E mentre tesse le sue trame d’amore, con l’aiuto della gente del quartiere organizza un ricevimento al quale saranno invitati i più grandi nomi del bel mondo palermitano, dai Lanza di Trabia ai Florio, dai Valguarnera ai Moncada. Un invito spregiudicato per un ultimo ballo sotto le bombe. Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, madre dell’autore del Gattopardo, e autrice a sua volta di un’opera di cui non si sono salvate che poche pagine, diventa protagonista di questo romanzo grazie a Ruggero Cappuccio, il solo scrittore che poteva – per cultura, sensibilità, storia personale – ridarle vita.

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