Curiosità La storia in cucina Viaggio nella storia

I baci più dolci della Storia

Dammi mille baci, poi cento, poi ancora mille, poi di nuovo cento, poi senza smettere, altri mille, poi cento.
E quando poi saranno mille e mille, ne imbroglieremo il conto in modo da non sapere quanti sono, e perché non getti il malocchio l’invidioso sapendo che tanti sono i nostri baci“.  
Gaio Valerio Catullo 84 – 54 a.C.

Lo so cosa state pensando: “com’è banale Thriller storici e dintorni, a San Valentino ci porta la più trita e ritrita delle citazioni sui baci, puah”.
Calmi, noi siamo Storia, non Romance rosa, e partiamo dai versi di Catullo per parlarvi, però, di un’altra Storia non priva di intrighi, di passione e di… beghe.
Volete conoscerla? Perché se i baci non vi piacciono, possiamo anche offrirvi cazzotti, sapete? Ecco forse se nel giorno di San Valentino vi avessimo detto “dammi mille cazzotti, poi cento, poi ancora mille… ecc.” ci saremmo risparmiati la vostra iniziale indignazione. E allora seguiteci perché abbiamo un cazzotto anche per voi.

Torniamo un attimo alla citazione iniziale: quale più calzante di questa viene alla mente se si pensa al bacio e quante volte abbiamo letto questa frase nei bigliettini nascosti dentro l’incarto di un Bacio Perugina? Potremmo dire mille e poi cento e poi ancora mille; certo, la quantità dipende da quanto siamo longevi. Ma sicuramente non possiamo andare più indietro del 1922, data in cui Luisa Spagnoli (sì, proprio colei che forse conoscerete per la casa di moda – tuttora esistente – che porta il suo nome e di cui scrive anche Daniela Musini nel suo libro “Le magnifiche”, di cui potete leggere la recensione TSD qui) inventa il cioccolatino che diventerà poi il Bacio. Ma la strada è lunga per arrivare al Bacio e noi di TSD vi avevamo promesso intrighi e passioni e… cazzotti. E noi non raccontiamo mica frottole!

Un passo indietro: nel 1907 nella piccola e accogliente città di Perugia, Annibale Spagnoli sposò Luisa Sargentini e insieme acquistarono una drogheria e iniziarono a produrre confetti. Successivamente, assieme a Leone Ascoli e Francesco Buitoni, fondarono l’azienda Perugina nel centro storico di Perugia, formata da soli 15 dipendenti. Con l’avvento della Prima guerra mondiale, a gestire la fabbrica rimase solamente la signora Spagnoli assieme a due dei suoi tre figli. Durante questo periodo l’attività si espanse, aumentarono il numero di dipendenti e si iniziò a produrre anche cioccolato.
Dal 1922 Luisa iniziò a trascorrere la maggior parte del suo tempo all’interno dell’azienda, portando numerosi miglioramenti ed innovazioni per l’intera attività commerciale. In questi anni cominciò anche una storia d’amore (inizialmente segreta) tra lei e Giovanni Buitoni, 14 anni più giovane di lei e figlio del suo socio Francesco.

Fu proprio nel 1922 che Luisa Spagnoli, per riutilizzare la granella di nocciola, residuo di tante lavorazioni che si facevano nella sua fabbrica, la rimpasta, ci aggiunge una nocciola intera, e ricopre tutto con uno strato di cioccolato fondente e… le dà il nome di cazzotto! Eh sì, perché quel cioccolatino era di forma irregolare, simile a un pugno e la nocciola che sporgeva era proprio come la nocca sporgente di un pugno. Sì, decisamente il nuovo cioccolatino si chiamerà cazzotto! Ma poteva davvero funzionare? Immaginatevi la scena: siamo negli anni ’20, uomini con i capelli impomatati, bombetta e scarpe bicolori che entrano in una cioccolateria dai banchi in legno e le alzatine di cristallo, e chiedono, magari a una commessa carina a cui fare gli occhi dolci “Un cazzotto, per favore”. Oppure questi stessi tornare a casa dalla moglie, o della promessa sposa ed esclamare “Tesoro, ti ho portato dei cazzotti”.
No, non poteva funzionare. A dirlo fu Giovanni Buitoni, amante della signora Spagnoli.
Sì, sicuramente il cioccolatino avrebbe avuto più acquirenti ed estimatori se si fosse chiamato Bacio: “Signorina, vorrei un bacio” oppure “Cara, posso omaggiarti di un bacio?”.  Più poetico, più musicale…

A vestire il Bacio e a creargli un packaging accattivante fu chiamato, nel 1924, l’allora art director della Perugina: Federico Seneca. Fu lui a dargli l’incarto argentato che tuttora conosciamo (ma senza stelline, quelle arriveranno solo negli anni ’40) e per la scatola? Bacio dentro, bacio fuori: l’ispirazione gli venne dal notissimo quadro di Francesco Hayez: “Il bacio”, appunto.

I cartigli

E la coppia di amanti che si bacia la troviamo anche stampata nei primi cartigli, quei famosi bigliettini che, tra il cioccolatino e l’incarto argento, celano frasi d’amore, citazioni come quella, appunto, di Catullo.
E sull’idea dei cartigli, la Storia si mescola alla leggenda.
Del resto, La Storia ha sempre una vena di passione qualche intrigo e un po’ di pepe…
Sappiamo che Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni fossero amanti e voci indiscrete affermano che Luisa Spagnoli avesse l’abitudine di scrivere dei pensieri d’amore al suo Giovanni avvolgendoli intorno ai cioccolatini che quegli poi doveva controllare. E da qui l’idea di Giovanni del cartiglio nel Bacio. Secondo pensieri meno maliziosi, invece, l’idea del cartiglio Giovanni Buitoni la importò dall’America; i puritanissimi, poi, attribuiscono l’idea allo stesso Federico Seneca.

Come fu e come non fu, sta di fatto che, scartando una di queste praline, il consumatore si sarebbe trovato tra le mani un cartiglio con… una frase d’amore? Una citazione romantica? Niente affatto! Erano frasi provocatorie come “Meglio un bacio oggi che una gallina domani” oppure “Se puoi baciar la padrona, non baciare la serva” o, peggio ancora, “Un bacio senza barba è una zuppa senza sale”. Immaginate la reazione di chi si trovò davanti una frase del genere firmata Seneca (perché furono Buitoni e Federico Seneca i primi firmatari dei cartigli) e non capiva come – o quando – il grande filosofo latino avesse scritto frasi del genere, non intuendo affatto l’equivoco che, volutamente, avevano creato.

In poco tempo i cartigli diventano oggetto di culto e di collezionismo al punto che venne addirittura bandito uno dei primi concorsi a premi in Italia: la frase del bigliettino venne divisa in due stornelli successivi, in cui il primo rimandava al secondo. Lo scopo era quello di comporre quella intera, ingegnandosi per trovarla e scambiandoli tra gli appassionati.

Ma la strada del Bacio Perugina è stata punteggiata anche da liti giudiziarie, mica tutta rose e fiori
Eh sì perché l Baci Perugina avevano, e hanno, un concorrente tra i dolci romantici: i baci di Alassio nati dall’intuizione e dalla mano di Rinaldo Balzola.

Bacio Perugina VS Baci di Alassio

Negli anni ’40, la Perugina fece causa al Caffè Pasticceria Balzola in quanto la dicitura Baci di Alassio poteva offuscare il nome Baci Perugina. Citati in giudizio, il tribunale di Perugia dovette prosciogliere Balzola Rinaldo, in quanto il brevettto dei Baci di Alassio era antecedente a quello dei Baci Perugina.
I baci di Alassio, infatti, esistevano da molti anni prima che Luisa Spagnoli inventasse la sua pralina. È del 1919 il brevetto conferito a Rinaldo Balzola (divenuto pasticcere personale di S.M. Vittorio Emanuele III, Re d’Italia dal 1932 al 1938) ai suoi pasticcini costituiti da due da due semisfere fragranti a base di cacao e nocciole, unite rigorosamente a mano l’una all’altra attraverso una vellutata ganache al cioccolato (ma non li chiamate la versione ligure dei piemontesi “baci di dama”, si somigliano ma questi hanno altra storia).

Come nacquero? Ai primi del ‘900 Alassio cominciava ad affermarsi come meta turistica attirando visitatori non solo dalle regioni limitrofe, ma anche dall’Inghilterra e dalla Germania. In questo scenario, nuovo per la cittadina ligure, Rinaldo Balzola, pensò di inventare un dolce che potesse trasformarsi in un souvenir gastronomico da portare ad amici e parenti al ritorno dalle vacanze al mare. Così, utilizzando le materie prime che aveva a disposizione, creò il Bacio di Alassio. Ancora oggi difficilmente i turisti lasciano Alassio senza essersi procurati questo dolce ricordo!

E se la Perugina ebbe Federico Seneca come art director, i Balzola ebbero un ben più illustre copywriter: nientepopodimeno che il grande poeta italiano Gabriele D’Annunzio che li definì “i dolci della galanteria”. Il Vate era un grande frequentatore della pasticceria Balzola e lo si vedeva spesso seduto nella loro saletta da the. La sua fama di squattrinato e scialacquatore, però, lo precedeva. Si racconta infatti che un pomeriggio, dopo aver degustato le delizie della Casa, arrivato alla cassa si presentò senza soldi. Per cercare di ovviare allo spiacevole inconveniente si rivolse a Pasquale Balzola dicendo: “i suoi baci sono i dolci della galanteria”, vendendo così questa frase a saldo della consumazione!

Oh beh, sì, magari il nostro Vate fu un po’ opportunista e tanto scaltro, ma si sa, alla gola non si comanda… o forse quello è il cuor?
Oh insomma, non c’è mica nulla di male se con un bacio accontentiamo gola e cuore… l’importante è che ci sia sempre Storia!

Curiosità

Il Bacio perugina divenne in poco tempo così celebre al punto che nel 1929 viene creato il primo francobollo del Regno d’Italia con la pubblicità dei cioccolatini


Ricordate tutti la celebre frase “Un bacio è un apostrofo rosa tra le parole t’amo” di Rostand nel Cyrano de Bergerac?
Bene: a dargli questa forma compiuta (e intramontabile) fu proprio Federico Seneca dall’originale francese che è l’intraducibile “un point rose qu’on met sur l’i du verbe aimer


Nel 1939, il Bacio perugina sbarca addirittura in Arabia e i cartigli vngono tradotti in arabo


I Baci di Alassio, già forniti alla Casa Reale, sono approdati anche al Quirinale


Fonti

https://www.thismarketerslife.it/stories/dal-cazzottoal-bacio-la-vera-storia-del-famoso-bacio-perugina/

https://www.baciperugina.com/it/mondo/storia-baci-perugina#la-storia-di-baci-perugina

https://www.zenaatoua.com/baci-di-alassio-dal-1919-la-dolcezza-a-nome-balzola/

https://www.piemontetopnews.it/baci-di-alassio-una-storia-avvincente-con-un-incipit-torinese/

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